NON LASCIAR TRACCE Brano tratto dal romanzo Il soccombente Thomas Bernhard … Ho sempre pensato, un giorno mi recherò al funerale di Wertheimer, non sapevo quando, com'è ovvio, ma ero sicuro che prima o poi quel funerale ci sarebbe stato, anche se di questa mia idea non avevo mai parlato con nessuno, soprattutto non ne avevo mai parlato con lo stesso Wertheimer, mentre lui, Wertheimer, mi aveva detto spessissimo che un giorno lui si sarebbe recato al mio funerale, a questo pensai mentre ancora aspettavo la padrona della locanda. E in cuor mio ero sicuro che un giorno Wertheimer si sarebbe tolto la vita per tutti quei motivi che io avevo sempre presenti davanti a me. Com'è risultato con chiarezza, la morte di Glenn non è stata sufficiente a provocare il suo suicidio, è stato necessario che la sorella lo abbandonasse, se pure la morte di Glenn è stata l'inizio della sua fine, l'elemento scatenante è stato il matrimonio di sua sorella con lo svizzero. Wertheimer aveva cercato di salvarsi camminandosenza posa su e giù per Vienna, ma questo tentativo è fallito, salvarsi non era più possibile, fallito è il tentativo di salvarsi visitando i quartieri operai da lui tanto amati nel ventesimo e ventunesimo distretto, la Brigittenau soprattutto, soprattutto Kaisermühlen, il Prater con le sueoscenità, la Zirkusgasse, la Schüttelstrasse, la Radetzkystrasse, eccetera eccetera. Per mesi Wertheimer aveva camminato su e giù per Vienna, notte e giorno, fino a quando era crollato. Quel continuo camminare non serviva più a niente. Ma anche il casino di caccia a Traich, da lui inizialmente considerato un luogo nel quale avrebbe potuto salvare la propria esistenza, anche il casino di caccia si rivelò un inganno; come so, da principio egli si barricò nel casino di caccia per tre settimane, poi si recò dai boscaioli e li molestò con il suo problema. Ma il fatto è che le persone semplici non capiscono le persone complicate e con più spietatezza di chiunque altro le inducono a ritrarsi in se stesse, pensai. L'errore più grande che possiamo fare è credere che le cosiddette persone semplici siano in grado di salvarci. Ci rivolgiamo a loro in uno stato di angoscia estrema, li imploriamo letteralmente di salvarci, e quelli invece ci spingono ancora più a fondo nella disperazione. E come potrebbero, pensai, salvare un individuo stravagante dalla sua stravaganza. Dopo essere stato abbandonato dalla sorella, pensai, Wertheimer non aveva altra scelta se non quella di togliersi la vita. Voleva pubblicare un libro ma non c'è riuscito perché ha seguitato a modificare il suo manoscritto, lo ha modificato talmente spesso che alla fine di quel manoscritto non è rimasto più nulla, in realtà i cambiamenti del manoscritto altro non erano che la totale cancellazione del manoscritto stesso, di cui alla fine non è rimasto che il titolo, che era Il soccombente. Ormai non ho nient'altro che il titolo, diceva a me, e questo è un bene. Non so, aveva detto, se avrò la forza di scrivere un secondo libro, non credo, se fosse uscito Il soccombente, così diceva, pensai, sarei stato costretto a togliermi la vita. D'altronde Wertheimer era un uomo da schede, riempiva migliaia, decine di migliaia di schede, le quali si accumulavano nella casa del Kohlmarkt non meno che nel casino di caccia di Traich. Forse, pensai, sono proprio le schede ciò che più ti interessa e ti ha indotto a scendere ad Attnang Puchheim. O forse è stata solo una tattica dilatoria, perché Vienna ti fa orrore. Allineare migliaia delle sue schede una accanto all'altra, pensai, e pubblicarle sotto il titolo Il soccombente. Che assurdità. La mia valutazione era che tutte quelle schede a Traich e a Vienna Wertheimer le avesse distrutte. Non lasciar tracce è stata infatti una delle sue massime. Quando un amico muore, noi lo inchiodiamo alle sue stesse massime, dichiarazioni, lo uccidiamo insomma con le sue stesse armi. Da un lato egli continua a vivere in ciò che nel corso della sua vita ha detto a noi (e agli altri), d'altro lato con quelle stesse cose noi lo uccidiamo. Non ce nessuno più spietato di noi (contro di lui!) nell'usare le sue dichiarazioni e i suoi appunti, pensai, e quando non disponiamo più dei suoi appunti perché lui assai saggiamente li ha distrutti, allora per annientarlo ricorriamo alle sue dichiarazioni, pensai. Noi sfruttiamo l'eredità di cui siamo venuti in possesso per annientare ancora di più colui che ce l'ha lasciata, per uccidere i morti ancora di più, e se di qualcuno non è rimasta un'eredità che si presti ad annientarlo, allora semplicemente noi ci inventiamo delle dichiarazioni da usare contro di lui, e così via, pensai. Gli eredi sono crudeli, i superstiti non hanno il minimo riguardo, pensai. Andiamo in cerca di testimonianze che possano danneggiarlo avvantaggiando noi, pensai. Arraffiamo tutto quello che può essere usato contro di lui per migliorare la nostra posizione, pensai, la verità è questa. … (…) Brano tratto dal romanzo Il soccombente, Adelphi editrice, Milano, 2003. Traduzione di Renata Colorni. Thomas Bernhard (Heerlen, 9 febbraio 1931 – Gmunden, 12 febbraio 1989) è stato uno scrittore, romanziere e drammaturgo austriaco, oltre che poeta e giornalista. È tra i massimi autori della letteratura del '900 non solo di lingua tedesca.
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