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Sagarana DÌ LORO...


Ernest Pépin


DÌ LORO...



Passa un uccello
lampo di piume
nel messaggio della sera
VA
            VOLA

                        E DÌ LORO

Dì loro che vieni da un paese
nato in una stretta di mano
un paese semplice come buongiorno
dove le notti cantano
per scacciare la paura dei domani
dì loro
che siamo un boccone
fatto di sette isole
come i sette colori della settimana
ma che non viene mai
la domenica di noi stessi
VA
            VOLA

                        E DI’ LORO

Dì loro che le maree
sono la chiave dei nostri ricordi
che a volte il passato soffia
per ravvivare il nostro fuoco
perché un popolo se dimentica
ignora poi il colore dei giorni
va come un cieco nel buio presente
dì loro che andiamo da un’isola all’altra
sul ponte del sole
ma che non ci sarà mai troppa luce
per schiarire
i nostri morti
dì loro parole che vanno di creolo in creolo
sulle spalle del mare
ma non ci sarà mai abbastanza sale
per bruciare la nostra lingua
VA
            VOLA

                        E DI’ LORO

Dì loro che a forza di amare gli uomini
abbiamo imparato ad amare l’arcobaleno
e soprattutto di’ loro
che ci basta un paese da amare
che ci basta avere racconti da dare
per non tremare più di notte
che ci basta un uccello a cantare
per aprirci ali libere umane
VA
            VOLA

                        E DI’ LORO…

 
___________________________
 
 
In lingua originale:
 
 
DIS LEUR...
 
Un oiseau passe
éclair de plumes
dans le courrier du crépuscule
VA     
            VOLE

                        ET DIS LEUR

Dis leur que tu viens d’un pays
formé dans une poignée de main
un pays simple comme bonjour
où les nuits chantent

pour conjurer la peur des lendemains

dis leur
que nous sommes une bouchée
répartie sur sept îles

comme les sept couleurs de la semaine

mais que jamais ne vient
le dimanche de nous mêmes
VA
            VOLE

                        ET DIS LEUR

Dis leur que les marées

ouvrent la serrure de nos mémoires

que parfois le passé souffle
pur attiser nos flammes
car un peuple qui oublie

ne connaît plus la couleur des jours

il va comme un aveugle dans la nuit du présent

dis leur que nous passons d’île en île

sur le pont du soleil

mais qu’il n’y aura jamais assez de lumière

pour éclairer
nos morts

dis leur que nos mots vont de créole en créole

sur les épaules de la mer

mais qu’il n’y aura jamais assez de sel

pur brûler notre langue
VA
            VOLE

                        ET DIS LEUR

Dis leur qu’à force d’aimer les hommes

nous avons appris à aimer l’arc-en-ciel

et surtout dis leur

qu’il nous suffit d’avoir un pays à aimer

qu’il nous suffit d’avoir des contes à raconter

pour ne pas avoir peur de la nuit

qu’il nous suffit d’avoir un chant d’oiseau

pour ouvrir nos ailes d’hommes libres

VA
VOLE
                        ET DIS LEUR...
 
 







Poesia tratta da “Il paese nudo” (Kolibris, 2013) a cura di Stefano Serri, prefazione di Giuseppe Sofo.


Nota di Stefano Serri;
Per avvicinare il lettore italiano alla poesia di Ernest Pépin, ho scelto Babil du songer (1997), quarto volume in versi e centro ideale (non solo in senso cronologico) del percorso dell’autore caraibico. Un crocevia linguistico, con numerosi vocaboli o interi testi in creolo, e tematico. In una natura esuberante, si celebrano la guerra amorosa tra i sessi, la lontananza dalla patria, la voce creola e i suoi silenzi: argomenti che il pubblico italiano aveva finora incontrato solo nel romanzo L’uomo con il bastone (Ed.ni del Lavoro, 1996). Babil du songer bilancia il tono oratoriale e declamatorio (sviluppato nei testi più recenti) con la sensualità immediata delle liriche d’amore. È un vero e proprio Eptameron: sette libri-capitoli connotati per temi, lingua e forma. Si parte da Charade de l’absence, caratterizzata da brevi note di un diario della nostalgia (non a caso il sottotitolo apposto dall’autore è Dit de Montréal) fino a Rapsodie-Rap, rondò finale dove predominano tentativi poematici di più ampio respiro, con dediche e invettive. Sacrificato per intero il quinto libro (composto di brevi poemi in prosa) ho tradotto integralmente il terzo, Placenta, dominato dal tema del paese e da testi senza titolo: in questa sezione il lettore vedrà come il poeta non procede per mero accumulo di testi, ma crei una trama progressiva attraverso parole chiave e la ripresa di interi versi. In La voix égale (Cantique des Cantiques) la musica e l’immagine si sposano felici nelle dichiarazioni mai anemiche che Pépin rivolge alla donna. Ho orientato la scelta dei testi da questo corpus verso un’opera quanto più armoniosa e coerente, privilegiando quelli dove l’esotismo creolo (nella natura, nei riti o negli appellativi) è meno forte, evitando di renderlo barriera o cornice al lettore.




Ernest Pépin

Ernest Pépin è nato nel 1950 a Lamentin (Guadalupa). Insegnante di letteratura, critico letterario, ha pubblicato numerosi volumi di prosa e poesia. Tra i romanzi: L'Homme au Bâton (Paris, Gallimard, 1992, Prix des Caraïbes; trad.ne it. L'uomo col bastone, Roma, Ed.ni del Lavoro, 1996); Tambour-Babel (Paris, Gallimard, 1996, Prix RFO du Livre); Le Tango de la haine (Paris, Gallimard, 1999); Toxic Island (Fort-de-France, Desnel, 2010) e Le Soleil pleurait (La Roque d'Anthéron, Vents d'Ailleurs, 2011). Tra i volumi di poesia: Au verso du silence. (Paris, L'Harmattan, 1984); Salve et Salive (Silex, Paris, 1986); Boucan de Mots Libres / Remolino de palabras libres (La Habana, Casa de las Américas, 1991, Prix Casa de las Américas); Babil du songer (Kourou, Ibis Rouge, 1997); Dit de la roche gravée (Montréal, Mémoire d'encrier, 2008); Le bel incendie (Paris, Bruno Doucey, 2012). Tra le opere per l’infanzia: Coulée d'or (Paris, Gallimard, 1995); L'écran rouge (Paris, Gallimard, 1998, Prix Casa de las Américas) e Lettre ouverte à la jeunesse (Pointe-à-Pitre, Éditions Jasor, 2001).





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