RIBELLI, ALL’APPELLO! Chris Hedges
Non ci sono ormai più ostacoli capaci di fermare la discesa degli Stati Uniti nel capitalismo totalitario. La politica e le elezioni sono un inganno. I media si sono abbrutiti esono stati privati delle zanne dai proprietari ormai parte delle società multinazionali. La classe operaia è impoverita ed adesso la stanno scagliando negli abissi della disperazione. Il sistema legale è stato corrotto perché serva gli interessi delle multinazionali. Le istituzioni popolari dai sindacati ai partiti politici sono stati o distrutti o infiacchiti dal potere corporativo. E qualsiasi forma di protesta, a prescindere dalla tepidità, viene bloccata da un apparato di sicurezza interna che sta iniziando a rivaleggiare con la Stasi, la polizia segreta della Germania orientale. Il montare della rabbia e dell’odio, che scorre nel sangue del body politic rendono inevitabile la violenza e la controviolenza. Tenetevi forte. L’impero americano è finito. E la discesa sarà terrificante.
La lista di coloro che sono stati presi di mira come nemici interni comprende le persone di colore, gli immigrati, i gay, gli intellettuali, le femministe, gli ebrei, i musulmani, gli esponenti sindacali e chi viene definito “liberal”. Saranno condannati come anti-americani e saranno incolpati del nostro declino. Il collasso economico, che rimane misterioso ed enigmatico per la maggioranza degli americani, sarà accollato dai demagoghi e dai seminatori di odio ai capri espiatori sopra citati. E gli atti di violenza casuali che già cominciano a scoppiare ai margini della società americana serviranno a giustificare le drastiche misure di controllo interno che spegneranno le ultime vestigia della nostra democrazia. Le forze corporative che hanno distrutto il nostro paese useranno i sistemi informatici che hanno sotto il proprio controllo per mascherare la propria colpevolezza. Il vecchio gioco di dare la colpa ai deboli e agli emarginati, un classico dei regimi dispotici, conferirà potere alle cupe sottocorrenti di sadismo e violenza che caratterizzano la società americana e distoglieranno l’attenzione dai vampiri corporativi che hanno succhiato il sangue del paese.
“Saremo più poveri” così mi ha detto David Cay Johnston, che è stato il reporter su questioni tributarie per il New York Times per 13 anni e ha scritto di come lo stato corporativo ha manomesso il sistema per danneggiarci. Egli è l’autore di “Free Lunch: How the Wealthiest Americans Enrich Themselves at Government Expense and Stick You With the Bill”, (Un pranzo scroccato: come gli americani più ricchi si arricchiscono a spese del governo e il conto lo fanno pagare a te) un libro sui sussidi nascosti, i mercati manomessi e il socialismo corporativo. “la sanità mangerà una fetta sempre più grossa delle nostre entrate. Avremo sempre di meno per tutte le altre cose. Prima o poi ci capiteranno dei grossi disastri dovuti ai nostri mancati investimenti. Le dighe e i ponti crolleranno. Così succederà anche agli edifici. Ci sono condutture d’acqua di 8-15 metri in diametro, quindi potete immaginarvi che vedremo dei grossi disastri nelle infrastrutture. Le nostre risorse intellettuali sono già in declino. Stiamo fallendo nella missione di educare i nostri giovani e nell’instillargli rigore. Continueremo a versare fiumi di dollari nelle spese militari. Credo che sia possibile, non dico probabile, che avremo una rivoluzione, ci sarà una guerra civile che segnerà la fine degli Stati Uniti d’America.”
“La fine di questo paese è da attribuire alla destra e al nostro fallimento nel provvedere alla gente il necessario per vivere” dice Johnston. “Le rivoluzioni scoppiano quando i giovani considerano il presente ancor peggiore dell’incognita del futuro. Ancora non ci siamo, ma non ci vorrà molto per arrivarci. I candidati elettorali che denigrano il governo, che dicono che ci sono traditori nel Congresso, che dicono che non abbiamo bisogno dell’IRS, l’agenzia delle entrate, in un contesto in cui non e’ mai esistito al mondo un governo che non avesse un’agenzia per riscuotere le tasse, sono queste le persone che spargono i semi della distruzione del nostro paese. Molte persone di destra odiano gli Stati Uniti d’America. Se glielo chiedi, ti dicono che odiano le persone contro le quali si sono disposti in assetto di guerra. Ma criticare il governo è proprio l’idea caratterizzante degli Stati Uniti. Il governo lo rifacciamo perché serva i nostri interessi. Questo tipo di società non la vogliono. Rifiutano, come diceva Aristotele, l’idea che la democrazia significa governare ed essere governati a turno. Si vedono in un mondo in cui hanno ragione solo loro e basta così. Se non vogliamo seguire il modo in cui vogliono fare le cose loro allora dovranno assoggettarci. Questa non è l’idea su cui si fondano gli Stati Uniti”.
È difficile vedere come tutto ciò si possa prevenire. I motori della riforma sociale si sono spenti. Gli apologeti iberal che avrebbero dovuto lasciare il partito democratico molti anni fa, continuano a lanciare patetici appelli alle orecchie sorde dello stato corporativo e a Barack Obama mentre la classe operaia e la classe media vengono spietatamente deprivate di diritti, entrate e posti di lavoro. I liberals condannano ipocritamente le guerre imperiali e il saccheggiamento del Tesoro di stato da parte di Wall Street ma non i democratici che ne sono responsabili. E più a lungo la classe liberale esita e parla nel linguaggio poco coriaceo di politiche e programmi più si attira l’odio e diventa irrilevante. Nessuno ha screditato il liberalismo americano più che gli stessi liberal. E non ho alcuna speranza che si possano riformare. Siamo entrati in un’era in cui come scrisse William Butler Yeats, “ai migliori manca ogni convinzione e i peggiori traboccano di passioni intense”.
Continua Johnston, “ Se finiamo per avere violenza per le strade su larga scala, non rivolte casuali, ma insurrezioni vere e proprie e nella società le cose incominciano a non tenere più, vi sarà un colpo di stato di destra. Il colpo di stato economico c’è già stato. Non ci vorrà molto per andare più avanti su quella strada.”
E come si resiste? Se questa discesa è inevitabile, cosa di cui sono convinto, come facciamo a lottare contro di essa? Perché resistere in primo luogo? Perché non abbandonarci al cinismo e alla disperazione? Perché non scavarci una nicchia più comoda possibile all’interno dell’abbraccio corporativo e passare il tempo che ci resta saziando i nostri bisogni privati? Le elite di potere, compresa la maggior parte delle persone che si laureano dalle nostre università più prestigiose e le nostre classi di liberal e intellettuali si sono svendute per accedere a un certo grado di comfort personale. E perché non dovremmo farlo anche noi?
Il filosofo morale francese Albert Camus sosteneva che siamo separati l’uno dagli altri. Le nostre vite non hanno significato. Non possiamo influenzare il destino. Moriremo e la nostra esistenza individuale verrà distrutta. E nonostante questo Camus scrive che “ una delle uniche posizioni filosofiche coerenti è la rivolta. È uno scontro costante tra l’essere umano e la sua oscurità. Non è aspirazione, in quanto essa è priva di speranza. La rivolta è la certezza di un destino schiacciante, senza la rassegnazione che dovrebbe accompagnarla.”
“Un uomo vivo può essere ridotto in schiavitù e alla condizione storica di un oggetto”, avverte Camus, “ma se muore rifiutando di essere schiavizzato, riafferma l’esistenza di un altro tipo di natura umana che rifiuta di essere classificata come oggetto”.
Per Camus, il ribelle sta dalla parte degli oppressi – i disoccupati trascinati verso l’abisso della miseria dallo stato corporativo, i Palestinesi a Gaza, i civili nell’Iraq e nell’Afghanistan, i desaparecidos imprigionati nelle prigioni invisibili globali, i poveri nei ghetti e nelle comunità rurali depresse, gli immigrati e tutti coloro che sono detenuti nel nostro sistema penitenziario.
E stare dalla loro parte non significa collaborare con i partiti come il partito Democratico che non fa altro che declamare parole di giustizia mentre commette atti di oppressione. Significa una sfida aperta e diretta.
La struttura del potere e i suoi apologeti liberal rigettano disprezzano il ribelle come persona poco pratica e considerano controproducente il suo atteggiamenento di “outsider”. Condannano il ribelle perché esprime la sua rabbia contro l’ingiustizia mentre le elite e i loro apologeti fanno appelli alla calma e alla pazienza. Usano il linguaggio ipocrita della spiritualità, del compromesso della generosità e compassione per sostenere che l’unica alternativa è di accettare il sistema del potere e operare al suo interno. Il ribelle invece è vincolato da un impegno moraleche gli rende impossibile stare dalla parte delle elite al potere. Il ribelle si rifiuta di farsi comprare in cambio di sovvenzioni delle foundation, di inviti alla Casa Bianca, apparizioni in TV, contratti con case editrici, cattedre universitarie o vuota retorica. Per il ribelle non hanno importanza l’autopromozione o l’opinione pubblica. Il ribelle sa, come scriveva Sant’Agostino, che la speranza ha due belle figlie, la rabbia ed il coraggio – la rabbia contro il mondo così come è e il coraggio di affrontarlo perché così non rimanga. Il ribelle si rende conto che la virtù non viene premiata. L’atto di ribellione non ha bisogno di ulteriori giudizi, si definisce da solo.
“Non si diventa “dissidenti” solo perch’ un bel mattino ti svegli e decidi di intraprendere questa insolita carriera”, sosteneva Vaclav Havel mentre lottava contro il regime comunista in Cecoslovacchia. “ Ci vieni buttato dentro dal tuo senso di responsabilità personale, abbinato ad una serie molto complessa di circostanze esterne. Sei buttato fuori dalle strutture esistenti e piazzato in una posizione conflittuale contro di esse. Inizia con il tentativo di svolgere bene il tuo lavoro e finisce con il tuo essere etichettato come nemico della società... Il dissidente non opera affatto nel regno del potere genuino. Non cerca potere. Non ha desiderio di occupare poltrone né di ricevere voti. Non tenta di risultare affascinante per il pubblico. Non offre niente e non promette niente. L’unica cosa che potrebbe offrire è la propria pelle e la offre solo perché non ha altro modo di riaffermare la verità che difende. Le sue azioni semplicemente servono ad articolare la sua dignità di cittadino, a prescindere dal prezzo.”
Chi è al potere ha disarmato la classedei liberal. Non sostengono che il sistema attuale sia giusto o buono, perché questo non lo posssono fare, ma sono riusciti a convincere i liberal che non esiste alternativa. Ma noi non siamo schiavi. Possiamo scegliere. Rifiutiamo il ruolo di vittime o carnefici. Abbiamo la capacità morale di dire no, di rifiutare la cooperazione. Qualsiasi boicottaggio o manifestazione, qualsiasi occupazione o sit-in, qualsiasi sciopero, qualsiasi ostruzionismo o sabotaggio, qualsiasi rifiuto di pagare le tasse, qualsiasi sciopero della fame, qualsiasi movimento popolare e qualsiasi atto di disobbedienza civile accende l’anima del ribelle e smaschera la mano morta delle autorità. “Esiste la bellezza ed esistono pure gli umiliati”, così scriveva Camus. “A prescindere dalle difficoltà presentate dall’impresa, non vorrei mai dimostrarmi infedele ai secondi o alla prima.”
“Se tutto è una macchina, arriva un momento in cui il funzionamento della macchina diventa talmente odioso, che ti fa sentire cosí male al cuore che non puoi più prenderci parte, non ci puoi più stare dentro neppure passivamente, devi stendere tutto il tuo corpo sugli ingranaggi, sulle rotelle, sulle leve , su tutto l’apparato e devi farla smettere di funzionare”, disse Mario Savio nel 1964. “ E devi indicare alle persone che gestiscono la macchina, a quelli che ne sono proprietari che se non sarai libero ne impedirai completamente il funzionamento .”
La capacità di esercitare l’autonomia morale, la capacità di rifiutare di cooperare, ci offrono l’unica strada per arrivare alla libertà personale e a una vita che abbia significato. La ribellione è già in sé stessa una giustificazione. Quelli di noi che provengono dalla sinistra religiosa su Camus non trovano da ridire: ha ragione quando parla dell’assurdità dell’esistenza, del valore che si scopre nell’atto di ribellione piuttosto che in qualche bizzarro sogno sull’aldilà o una nelle fantasie da catechismo su Dio che premia i giusti e i buoni. “Oh, anima mia,” scriveva il poeta greco Pindaro, “non aspirare alla vita immortale,ma esaurisci i limiti del possibile.” Divergiamo con Camus solo nel fatto che abbiamo fede che la ribellione non sia alla fine senza significato. La ribellione ci consente di diventare esseri umani liberi e indipendenti, ma la ribellione anche a poco a poco scalfisce, anche se impercettibilmente, l’edificio dell’oppressore e alimenta le deboli fiamme della speranza e dell’amore. E nei momenti di profonda disperazione umana queste fiamme non sono mai insignificanti. Tengono viva la capacità di essere umani. Come sosteneva Camus, dobbiamo divenatre assolutamente liberi in maniera tale che “l’esistenza è un atto di ribellione.” Chi non si ribella nella nostra epoca di capitalismo totalitario e chi si convince che non esiste alternativa alla collaborazione sono complici della propria schiavizzazione. Commettono un suicidio spirituale e morale.
Pubblicato originalmente nel sito Truthdig, l’8 marzo 2010. Traduzione di Pina Piccolo. Chris Hedges è stato per quindici anni corrispondente di diverse testate, tra cui il “New York Times” e il “Dallas Morning News”. Insegna Giornalismo presso la New York University e ha ottenuto vari riconoscimenti. L'ultimo, nel 2002, è stato l'“Amnesty International Global Award for Human Rights”.
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