L’UOMO DEL KANSAS Brano tratto dal romanzo Dopo molte estati muore il cigno Aldous Huxley (…) Dopo aver deviato fino a quel punto nel pessimismo, Propter si lasciò sospingere, in virtù di una protratta assenza di vigilanza, in un’ancor più inutile preoccupazione per le concrete e specifiche miserie di quella giornata. Ripensò al colloquio del mattino con Hansen, l’amministratore delle tenute di Stoyte nella valle. Il trattamento che Hansen riservava agli stagionali che venivano a raccogliere la frutta era persino peggiore della media. Aveva approfittato del loro numero e del loro disperato bisogno per tenere bassa la paga. Nei frutteti da lui gestiti, bimbi in tenera età erano costretti a lavorare sotto il sole per tutto il giorno, alla tariffa di due o tre centesimi all’ora. E dopo le fatiche della giornata, le case alle quali facevano ritorno erano una schiera di porcilaie verminose, nella terra desolata accanto al letto di un fiume. Per l’affitto di quelle stalle, Hansen faceva pagare dieci dollari al mese. Dieci dollari al mese per il privilegio di congelarsi o di soffocare; di dormire in una promiscuità indecente; di venire divorati da cimici e pidocchi; di beccarsi un’infiammazione agli occhi o un parassita intestinale, o la dissenteria amebica. Eppure Hansen era un uomo gentile e perbene. Uno che si scandalizza e si indigna nel veder malmenare un cane; uno che accorre in aiuto di una donna maltrattata o di un bimbo in lacrime. Quando Propter gli aveva fatto notare la cosa, Hansen si era fatto di porpora per la collera. – Che c’entra, è diverso.
Propter aveva cercato di capire perché fosse diverso.
Faceva il suo dovere, era stata la risposta.
Ma come poteva essere un suo dovere trattare dei bambini come schiavi e inoculare loro il parassita intestinale? Era suo dovere nei confronti della tenuta. Non faceva nulla per il proprio interesse. Perché il fatto di comportarsi male per conto di un altro avrebbe dovuto essere meno grave rispetto al fatto di farlo per il proprio tornaconto? Il risultato era lo stesso. Non è che le vittime soffrissero di meno se uno lo faceva in nome di un presunto dovere piuttosto che per i propri interessi. Stavolta la collera di Hansen era esplosa in aperto insulto. La sua era la rabbia, aveva percepito Propter, dell’uomo benintenzionato ma ottuso, costretto a interrogarsi suo malgrado su ciò che ha commesso fino a ora, dandolo per scontato. Non ha alcuna voglia di porsi tali domande, poiché sa che questo lo metterebbe in condizione di continuare ad agire nello stesso modo ma con la consapevolezza cinica di far male; oppure, nel caso in cui rifiutasse il cinismo, lo costringerebbe a cambiare completamente il proprio modello di vita per armonizzare il proprio desiderio di comportarsi in modo giusto con la verità dei fatti rivelata nel corso di quell’esame di coscienza. Per la maggior parte delle persone, il cambiamento radicale è anche più odioso del cinismo. L’unica via possibile tra i due corni del dilemma è persistere ad ogni costo nell’ignoranza, che permette di continuare a fare del male nella rassicurante convinzione che agendo a quel modo si stia solo compiendo il proprio dovere – il proprio dovere nei confronti della compagnia, degli azionisti, della famiglia, la città, lo stato, la patria, la Chiesa. Perché naturalmente il caso del povero Hansen era tutt’altro che unico: anche se in scala ridotta e quindi con meno potere di far male, si comportava alla stregua di tutti quei burocrati, politici e prelati, che nel corso della loro esistenza vanno spargendo miseria e distruzione in nome dei loro ideali e obbedendo ai propri imperativi categorici. Beh, non era andata granché bene con Hansen, concluse tristemente Propter. Avrebbe dovuto riprovare con Jo Stoyte. In passato Jo si era sempre rifiutato di ascoltarlo, accampando come scusa il fatto che la proprietà era gestita da Hansen. Quell’alibi era talmente comodo, che sapeva già quanto sarebbe stato difficile distruggerlo. Da Hansen e Jo Stoyte il suo pensiero andò alla famiglia di stagionali da poco giunta dal Kansas, alla quale aveva offerto una delle sue capanne. I tre bambini denutriti, con i denti già marci in bocca; la donna, emaciata da Dio sa quali complicazioni di malattie, ormai sprofondata nell’apatia e debolezza; il marito di volta in volta rancoroso o vittimista, violento o depresso. Lo aveva accompagnato a raccogliere delle verdure nell’orto e gli aveva regalato un coniglio per la cena della famiglia. Mentre sedeva a spellare il coniglio, lo aveva ascoltatomentre si sfogava in discorsi incoerenti di sdegno e lamentazioni.Lamentazione e sdegno contro il mercato del grano,che era crollato ogniqualvolta le cose gli stavano andandobene. Contro le banche, da cui aveva preso a prestito denaro che non aveva potuto restituire. Contro le siccità e i venti, che avevano trasformato la sua fattoria in centosessanta acri di polvere e desolazione. Contro la fortuna, che gli era sempre stata avversa. Contro la gente, che lo aveva trattato male sempre, ovunque, durante tutta la sua vita. Che storia tristemente familiare! Con infinite variazioni, l’aveva già sentita ripetere mille volte. Ogni tanto erano mezzadri provenienti dal Sud, spossessati dai proprietari nel tentativo disperato di far fruttare le terre. Oppure, come quest’uomo, erano stati padroni della propria terra, e a spossessarli non erano stati i creditori, ma le forze della natura – forze che loro stessi avevano reso distruttive strappando via l’erba percoltivare esclusivamente grano. Talvolta invece erano braccianti, derubati del loro lavoro dai trattori. Tutti costoro erano accorsi in California come verso una terra promessa; la California li aveva già ridotti a servitù della gleba errante, e ora li trasformava velocemente in Intoccabili. Solo un santo, rifletté Propter, solo un santo poteva essere senza danno un peone e un paria, poiché solo un santo era in grado di accettare tale condizione con gioia e di buon grado, come una propria scelta. La povertà e la sofferenza nobilitano soltanto quando sono volontarie. Mentre la povertà e la sofferenza non volute rendono gli uomini peggiori. È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un uomo involontariamente povero entri nel regno dei cieli. Per esempio, come aveva reagito alla povertà e sofferenza non volute quel povero diavolo del Kansas? Da quel che Propter poteva giudicare, compensava le proprie disgrazie con la brutalità esercitata nei confronti dei più deboli. Il modo in cui urlava ai bambini… era un sintomo anche troppo familiare. Finito di scuoiare e sventrare il coniglio, Propter aveva interrotto il monologo del compagno. – Sa qual è la frase più stupida della Bibbia? – gli aveva chiesto a bruciapelo. Sorpreso e un po’ scandalizzato, l’uomo del Kansas aveva scosso il capo. – È questa – aveva detto Propter, alzandosi e porgendogli la carcassa del coniglio. — «Mi odiavano senza motivo». Sotto l’albero di eucalipto, Propter sospirò stancamente. Il fatto di dimostrare a persone sfortunate che, almeno in parte, erano responsabili delle loro disgrazie, di spiegare loro che l’ignoranza e la stupidità vengono punite dalla natura delle cose altrettanto severamente della cattiveria deliberata, non era un compito piacevole. Spiacevole, ma sempre necessario però, secondo lui. Poiché quale speranza, si chiedeva, quale minimo barlume di speranza poteva esserci per un uomo realmente convinto di essere «odiato senza ragione» e di non aver avuto parte nelle proprie disgrazie? Ovviamente nessuno. Vediamo chiaramente che i disastri e l’odio non sono mai senza causa; sappiamo pure che almeno alcune di queste cause sono controllabili da coloro che subiscono i disastri o sono oggetto di odio. In qualche misura ne sono direttamente o indirettamente responsabili. Direttamente, per aver commesso azioni stupide o malvagie. Indirettamente, per aver omesso di essere intelligenti o compassionevoli. E quando compiono tale omissione, lo fanno di solito perché scelgono di conformarsi senza riflettere agli standard locali, e allo stile di vita corrente. Il pensiero di Propter tornò al povero tizio del Kansas. Presuntuoso, sicuramente sgradevole con i vicini, incompetente come agricoltore; ma non era tutto qui. Il suo errore più grave era stato quello di accettare il mondo in cui si trovava considerandolo normale, razionale e giusto. Come tutti gli altri, aveva permesso ai pubblicitari di moltiplicare i suoi bisogni; aveva imparato a equiparare la felicità al possesso, e la prosperità al fatto di poter spendere soldi in un negozio. Come tutti gli altri, aveva abbandonato totalmente l’idea di un’agricoltura di sussistenza, per pensare unicamente in termini di raccolto da vendere; e aveva continuato a pensarla in questi termini persino quando il raccolto non fruttava più alcun denaro. E allora, come tutti gli altri, si era indebitato con le banche. Alla fine, come tutti gli altri, aveva imparato che ciò che gli esperti ripetevano da una generazione era perfettamente vero: in un paese semiarido è l’erba a mantenere il terreno; togli l’erba, e il terreno sparisce. E difatti era sparito. L’uomo del Kansas era ormai un peone e un paria; e questa esperienza stava facendo di lui un uomo peggiore. (…) Brano tratto dal romanzo Dopo molte estati muore il cigno, Cavalo di Ferro editore, Roma, 2010. Traduzione di Catherine McGilvray. Aldous Leonard Huxley (Godalming, 26 luglio 1894 – Los Angeles, 22 novembre 1963) è stato uno scrittore britannico. Famoso per i suoi romanzi di fantascienza, come “Il mondo nuovo” (This brave New World) ha inoltre pubblicato saggi, racconti brevi, poesie e racconti di viaggio. Oltre alla laurea in letteratura, conseguì a Oxford nel 1917, quella in Scienze Biologiche. Huxley era un umanista e pacifista, ma è stato anche interessato a temispirituali come la parapsicologia e il misticismo filosofico. Era noto anche per sostenere e fare uso di allucinogeni. È uno dei più eminenti membri della famosa famiglia Huxley. A partire dalla fine della sua vita Huxley è stato considerato, in alcuni circoli accademici, un leader del pensiero moderno e un intellettuale del più alto rango.
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