UNO STALLONE, CANDIDO E BELLO Brano tratto dal romanzo La sala degli scrittori suicidi Evgheněa Fakinu (…) «Cominciamo dal principio. Gli oggetti sono disposti in ordine cronologico». Si spostò a un’estremità della scaffalatura dove si trovavano alcune grosse pietre. «Dunque… Conosci Pericles Yannopoulos?» le chiese.
«Non me lo ricordo molto bene» balbettò Blues, imbarazzata dalla propria ignoranza. «Non importa. È sconosciuto ai più. Vediamo… Yannopoulos era innamorato della Grecia. Ne adorava le bellezze naturali, il cielo, le montagne, il mare e le isole. Sognava un Rinascimento ellenico nel campo delle lettere, dell’arte, in ogni aspetto della vita in generale… Inoltre era ossessionato dall’idea della vecchiaia, non voleva tirare avanti a ogni costo come fanno tutti…» disse con apparente calma Odisseas, senza rivelare che anche lui la pensava nello stesso modo. «Dicono» proseguì, «che ripeteva spesso questa frase: “Il cavallo! Il cavallo! È lui la morte! Monta a cavallo e volerai in un’altra vita…” Insomma, le pietre che vedi sono le pietre che si era appese come zavorra alle gambe. Si pose sul capo una ghirlanda di fiori, si legò ai piedi le pesanti pietre, montò in sella al suo cavallo, era infatti un superbo cavaliere, e si lanciò nel mare di Skaramagkas, una cittadina costiera poco fuori Atene…» «Cosa c’è scritto su questo cartellino?» chiese Blues spostando la telecamera dalle pietre al volto privo di espressione di Odisseas. «Ho copiato ciò che lui stesso scrisse prima di suicidarsi, e che realizzò sino all’ultimo dettaglio.» Odisseas prese tra le mani il pezzetto di carta e lesse con voce bella e chiara, scandendo le parole, senza mostrare in alcun modo il subbuglio interiore: «“Prendi uno stallone, candido e bello, senza sella, finimenti e altre sciocchezze. Montalo afferrandoti alla sua criniera con una mano, mentre terrai alta nell’altra una pistola. Legati due pesi ai piedi, per spronarlo con forza e per immergerti insieme a lui nel mare con tutto il tuo impeto. Quando capirai di non poter procedere oltre, girati, e sparati alla tempia. Non preoccuparti per il cavallo, che ti scaricherà. Riuscirà a raggiungere la riva a nuoto. E colui che lo montava si perderà invece nelle profondità del meraviglioso mare, senza più ricomparire”.» Odisseas ripose con grande attenzione al suo posto il cartellino con le parole di Pericles Yannopoulos. Sembrava che stesse deponendo un mazzo di fiori sulla tomba del suicida. «Una bella morte, un po’ come un’eutanasia. E molto adatta a Yannopoulos…» disse lentamente. «I giornali dell’epoca scrissero che il giorno del funerale giunsero al cimitero di Elefsina due donne della buona società per cospargere di fiori tutto il suo corpo, che era stato restituito dal mare. Non solo, le due donne chiesero anche di poterlo ributtare tra le onde perché, come dissero, era stato quello il suo ultimo desiderio.» «Insomma, aveva immaginato, preparato, messo in scena, non so neppure come dirlo, tutto lo svolgimento del suo suicidio…» sussurrò Blues. «Voglio riferirti altre due sue frasi che mi sembrano supreme: “Nella vita tutto è amore, ebbrezza, bacio… E nulla, nessun libro, nessuna idea, nulla che non sia stato generato dall’amore, dall’ebbrezza o dal bacio vale un soldo bucato…”.» Blues abbassò di nuovo la telecamera e lo osservò con attenzione. Cosa voleva dirle esattamente? Quale sottinteso celavano le parole del suicida che lui le riferiva? Odisseas fece un gesto, quasi per sottrarsi ai suoi occhi scrutatori. «Andiamo avanti» disse. «Questa è la pallottola della rivoltella di Kariotakis. Si tolse la vita nell’estate del 1928, sotto a un eucalipto sulla spiaggia di Preveza. La notte precedente aveva tentato, senza riuscirvi, di annegarsi in mare. Soffriva di sifilide ed era terrorizzato dall’idea di impazzire, un’eventualità frequente per chi raggiungeva il terzo stadio della malattia. Lui, poi, faceva anche uso di sostanze stupefacenti…» Odisseas tacque qualche istante, poi riprese a parlare: «A causa della sifilide non poteva avere relazioni sessuali con le donne che amava. Si era legato sentimentalmente, come saprai, a Maria Polidouri. Un amore difficile, anche perché lui era convinto di non meritare di essere amato…» «Cosa c’è scritto sul cartellino?» chiese Blues.
«Ecco, è la sua lettera d’addio » disse Odisseas cominciando a leggere. «“Pago per coloro che, come me, non trovarono alcun ideale nella vita, furono preda del dubbio e vissero la loro esistenza come un gioco senza senso… Li vedo sopraggiungere in numeri sempre crescenti al trascorrere dei secoli. Mi unirò a loro…”» (…) Brano tratto da La sala degli scrittori suicidi, La Linea edizioni, Bologna, 2012. Traduzione di Marcella Uberti-Bona. Evgheněa Fakinu č nata ad Alessandria d’Egitto nel 1945, ma si č trasferita ad Atene in giovane etŕ. Dopo aver lavorato come grafico per varie riviste, per alcuni anni si č dedicata alla scrittura e all’illustrazione di libri per bambini, fino a quando nel 1982 č uscito il suo primo romanzo. Da allora si č affermata come una delle massime figure del panorama letterario greco: molti dei suoi romanzi sono stati tradotti all’estero (in inglese, tedesco, russo, francese, ungherese, danese, olandese e serbo). In Italia sono stati pubblicati “Cento strade e una notte”, “Stregata dalle stelle” e “Il settimo vestito”.
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