LA RABBIA DI FORTINI Brano tratto dal romanzo Uso della vita. 1968 Romano Luperini
Fortini arrivò a Pisa con due ore di ritardo. Marcello e Ottavio ne capirono la ragione subito dopo, quando, in due auto, si diressero verso una trattoria di campagna: Fortini guidava con una cautela esasperante. Dovevano continuamente fermarsi ad attenderlo.
Sulla Seicento di Marcello erano saliti Ottavio, Sandra e Carla, tutti gli altri erano sul Maggiolino di Fortini. Sul sedile di dietro Ottavio e Sandra scherzavano e ridevano fra loro. Quando arrivarono in cima alla collina dove si trovava la trattoria, scesero e andarono incontro all’altra macchina che, al solito, era rimasta indietro. La strada, tutta in salita, era sterrata, stretta e tortuosa. Il Maggiolino era ancora tre tornanti più in basso. A ogni curva Fortini arrestava l’auto, probabilmente doveva inserire il freno a mano, e poi lentamente, faticosamente, affrontava il tornante.
Si misero a ridere fra loro per questo eccesso di prudenza.
Tanta cautela in un intellettuale che predicava la rivoluzione… Ma la voglia di ridere passò subito quando le portiere si spalancarono e si vide che Fortini era rosso e tremante di collera. C’era stata evidentemente una discussione molto accesa, e non era ancora finita.
Si sedettero al tavolo di un’osteria, sotto una pergola ancora spoglia attraversata dai raggi del sole al tramonto. Sulla tovaglia le mani non trovavano quiete. Adriano sosteneva che quel contrasto fra Pasolini e Fortini era una contraddizione fra letterati che non interessava al movimento. Nel merito ciascuno dei due aveva un po’ di ragione: Fortini nel difendere gli studenti dall’essere solo dei piccolo-borghesi, Pasolini nel sostenere che i poliziotti erano figli del popolo, anzi, aggiungeva, «proletari in divisa» da convincere e portare dalla parte giusta. Ma nella sostanza era una disputa fra intellettuali, proprio quando per gli intellettuali era giunto il momento di trasformarsi e di scomparire in quanto tali… Anche D’Annunzio, Malaparte erano solo vecchi nomi di un vecchio mondo… D’altronde nessuno di loro due, né Pasolini né Fortini, si sporcava le mani nella lotta, nessuno aveva mai distribuito un volantino alle fabbriche: «L’hai mai distribuito tu, Fortini, un volantino alla porta di una fabbrica al turno delle sei di mattina?
Libri, solo i libri, nelle case borghesi degli intellettuali i libri si ammucchiano, straripano dovunque, coprono la vista, impediscono di vedere la vita vera. Bisogna buttare via i libri, Fortini.» La morte dell’intellettuale, il suo suicidio in quanto intellettuale, e poi mettere tutto sé stesso nella militanza politica: questo era l’unico obiettivo possibile per un intellettuale rivoluzionario.
Fortini all’inizio aveva provato a rispondere ragionando: una cosa, diceva, era il ruolo dell’intellettuale, la mansione che l’intellettuale ricopriva nel meccanismo della società capitalista, e questo ruolo andava combattuto e abolito. Un’altra era la funzione dell’intellettuale, una funzione che c’era stata in ogni epoca e in sistemi sociali diversi: una funzione di ricerca, che dovrebbe obbedire cioè solo alle esigenze della ricerca e che perciò può entrare in contraddizione col ruolo, com’era successo migliaia di volte nella storia, a partire, per esempio, da Galileo Galilei, e questa funzione era ineliminabile e semmai, in una società liberata, doveva essere sviluppata e potenziata… Poi la sua voce era salita di tono, la collera lo stava nuovamente sopraffacendo. «Chiedere agli intellettuali di distribuire un volantino alle fabbriche è solo demagogia» gridò. «La tua logica è compromessa da una volontà di sopraffazione e di dominio, è colpevolizzante e ricattatoria. Hai un’ubriacatura da onnipotenza. Il “tutto sé stessi” non esiste, è solo una mistificazione, lo capisci?» Ora Fortini gli puntava il dito contro, il viso in fiamme. Poi tacque un momento, lasciò scivolare
sulla tovaglia la mano, e a voce più bassa aggiunse: «Un giorno mi diranno di te: l’hanno ammazzato. Allora sarà troppo tardi perché tu capisca che l’uncino» fece un segno con la mano di qualcosa che afferra e tira verso di sé, «il raffio di ferro che trascina la tua bocca e la mia è uno solo.» Brano tratto dal romanzo Uso della vita. 1968, Transeuropa edizioni, Massa, 2013. Romano Luperini (Lucca, 6 dicembre 1940) è un critico letterario, scrittore e politico italiano. Ha frequentato il liceo classico Galileo Galilei di Pisa e ha compiuto studi universitari umanistici. Nel 1969, con Luciano Della Mea, è stato tra i fondatori della "Lega dei comunisti pisani", un movimento nato attorno alla rivista Nuovo impegno; in seguito all'unificazione con altri gruppi, il movimento mutò il nome in Lega dei Comunisti, un'organizzazione che, assieme ad Avanguardia Operaia e alla componente del Partito di Unità Proletaria per il comunismo che faceva capo a Vittorio Foa, porterà alla formazione del partito diDemocrazia Proletaria nel 1977. È uno dei massimi esponenti della critica letteraria italiana. Insegna letteratura italiana moderna e contemporanea all'Università di Siena ed è professore aggiunto all'Università di Toronto (Canada). Oltre a dirigere riviste e collane di letteratura e di critica letteraria, è autore di un gran numero di saggi di critica letteraria. Si è occupato in prevalenza della stagione storico-letteraria compresa fra Naturalismo e Avanguardia, con una particolare attenzione per Giovanni Verga, ma anche di poesia del Novecento (Eugenio Montale eFranco Fortini), e delle questioni epistemologiche e retoriche legate al problema dell'allegoria. La sua scrittura si contraddistingue per l'estrema chiarezza e concisione formale, unita alla precisione degli sfondi storici e all'evidenza delle posizioni critiche. Da sempre impegnato per un miglior raccordo fra università e scuola, è coautore del libro di testo La scrittura e l'interpretazione. Storia e antologia della letteratura italiana nel quadro della civiltà europea, uscito per la prima volta nel 1996 e oggi in uso in circa un quarto delle classi di letteratura dei licei. È presente in diverse edizioni pensate per diversi tipi di ordinamento scolastico: l'edizione blu, la più ampia e dettagliata dal punto di vista storico, critico e antologico, è perlopiù indirizzata agli studenti universitari; l'edizione rossa, nata da un'accurata riduzione di quella blu, è stata studiata per i licei. Vi sono poi l'edizione arancione (che si concentra maggiormente sulla letteratura europea e sulla scrittura femminile), l'edizione gialla (modulare), l'edizione azzurra (per il biennio post-qualifica degli istituti professionali) e l'edizione verde. L'editore Palumbo ha inoltre pubblicato la "Nuova Edizione Rossa", caratterizzata da un ammodernamento dell'intero corso.
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