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Sagarana SCRIVERE O FAR SALTARE UNA DIGA


Prefazione a “The Derrick Jensen Reader (2012)”


Derrick Jensen


SCRIVERE O FAR SALTARE UNA DIGA



 

La cultura dominante – la civiltà occidentale- è animata da un istinto di morte, desiderio di controllo, brama di violare, di distruggere la vita. A meno che si ponga fine a tale civiltà, essa ucciderà  ogni essere vivente sul pianeta, ogni essere vivente che è in grado di distruggere.
 
Quattordici anni fa ho scritto quello che è diventato il passo più citato, estrapolato dal mio lavoro, “ Ogni mattina quando mi sveglio mi chiedo se scrivere o far saltare una diga. Non sono del tutto convinto di aver preso la decisione giusta. Scrivo libri e sono un attivista. Allo stesso tempo mi rendo conto che non è né la mancanza di parole né la mancanza di attivismo ad uccidere i salmoni qui nel Nord-ovest. E’ la presenza delle dighe”.
Da quando ho fatto queste affermazioni la situazione è gravemente peggiorata sia per i salmoni che per quasi tutti gli esseri viventi sul la terra. Ora tutti conosciamo le cifre, o almeno dovremmo saperle. Ogni giorno estinte duecento specie, estirpato il  90 per cento dei pesci oceanici di grande taglia, distrutto il 98 per cento delle foreste native, il 99 per cento delle praterie e così via. Ogni indicatore biologico sta andando nella direzione sbagliata. Le comunità native – quelle umane e quelle non umane- stanno subendo un assalto senza precedenti. Proprio nella zona in cui abito  si è verificato il collasso delle popolazioni di rane, lo stesso vale per le popolazioni di salamandre, farfalle, tipule, libellule, lumaconi, uccelli piccoli. Sono collassate le popolazioni di corvi.  Le popolazioni di pipistrelli. Le popolazioni di  farfalle Pyrrharctia isabella. Le popolazioni di falene. Le popolazioni di bombi e di api. E queste sono solo alcune delle assenze che ho notato. Le popolazioni di salmoni naturalmente hanno continuato a collassare. A questo punto le do per estinte entro quindici anni. Se riusciremo a far cadere la civiltà in quindici o venti anni, credo che col tempo, il salmone come specie si riprenderà. Se dovessimo invece ritardare di molto non credo che ce la faranno a sopravvivere.
 
 
Troppi di noi hanno dimenticato, o forse mai saputo, che le parole possono essere armi da utilizzare al servizio delle nostre comunità. Un numero veramente eccessivo di noi ha dimenticato, o forse mai saputo, che le parole devono essere usate al servizio delle nostre comunità. Per troppo tempo troppi critici e troppi insegnanti ci hanno ripetuto che la letteratura deve essere apolitica (come se ciò potesse essere possibile), e che perfino la saggistica deve essere “neutrale” o “oggettiva” (come se anche questo fosse possibile). Se volete mandare un messaggio, non hanno smesso di ripeterci, utilizzate la Western Union. Ho parlato una volta con uno scrittore che si occupa di natura che si rifiutava di mettere la firma per una campagna di protezione di una specie su cui aveva scritto, giustificandosi con queste parole, “ Cavolo! Sono uno scrittore! Devo mantenere la mia neutralità.”
Stiamo assistendo allo sterminio del mondo e tale posizione non trova scusanti:  è immorale. Per non dire noiosa. E dimostra inoltra una certa ignoranza della storia della letteratura e di cosa significhi essere un vero scrittore. Questa gente non ha mai sentito parlare di Steinbeck, Dickens, Crane, Hugo? Charlotte Perkins Gilman? Rachel Carson?, Frederick Douglass? Harriet Beecher Stowe? Alexandra Kollontai? George Eliot? Katherine Burdekin? Zora Neale Hurston? Andrea Dworkin? B. Traven? Upton Sinclair? Qualche paginetta di Tolstoy?
Qualche anno fa ho letto un libro che per me rappresenta il culmine dello svuotamento operato dal movimento attuale verso una letteratura apolitica. Si tratta del libro Lo scafandro e la farfalla, le memorie dell’autore,  vittima di un ictus, che rimane paralizzato e può comunicare soltanto sbattendo uno dei suoi cigli. Scrive il libro di memorie con questo metodo. Ho letto il libro perché aveva ricevuto delle ottime recensioni   che lo definivano un trionfo della letteratura ed un’ importante opera nel panorama letterario contemporaneo. Io comunque ho detestato da subito  quel libro, soprattutto perché prima dell’ictus il protagonista era uno stronzo narcisista, pieno di autocommiserazione, misogino e avverso alla natura e dopo l’ictus, ebbene, è rimasto uno stronzo narcisista, auto-commiserevole, misogino e avverso alla natura. Ma il fallimento di quel libro non è ciò che mi spinge a farne menzione in questa prefazione.  Mentre lo leggevo, sentivo qualcosa che continuava a rodermi il cervello e alla fine mi sono reso conto di cosa fosse. Il libro ha essenzialmente la stessa trama del romanzo di Dalton Trumbo Johnny Got His Gun  (in italiano, E Johnny prese il fucile)che ha come protagonista un soldato della prima guerra mondiale. Johnny si risveglia in ospedale e pian piano si rende conto che era stato colpito d una bomba e ha perso la vista, l’udito, le braccia, le gambe e la faccia. L’unico modo in cui può comunicare è battendo la testa contro il cuscino. Ma in quel romanzo, scritto circa ottanta anni fa, il personaggio non è uno stronzo narcisista, pieno di auto-commiserazione, è un personaggio che diventa un a specie di messia antimilitarista. Questo libro mi commuove fino alle lacrime ogni volta che lo leggo ed è uno dei più potenti romanzi contro la guerra che sia mai stato scritto.
A mio parere,  la traiettoria che si può tratteggiare  da Johnny Got His Gun a Lo scafandro e la farfalla rispecchia la degradazione che si è verificata in troppa della letteratura moderna.
Io mi rifiuto di partecipare a tale degradazione. Come scrittori e lettori siamo in netto ritardo a intraprendere il ripristino e il mantenimento  di una letteratura improntata a giustizia, resistenza e rivoluzione.
 
 
Recentemente ho ricevuto un biglietto dallo scrittore John Keeble che venti anni fa è stato mio insegnante alla Eastern Washington University. Mi diceva che seguiva il mio lavoro e che sapeva  che“  in certi circoli sei famoso, cosa che mi riempie di orgoglio e allo stesso tempo mi sconcerta un po’ perché so che per te niente ha tanta importanza quanto le questioni a cui ti dedichi.”
John Keeble ha ragione e d esprime incisivamente quanto mi sento diviso tra quello sono riuscito a realizzare e quanto non sono riuscito a realizzare con il mio lavoro.
 
Non sarei la persona che sono e non scriverei ciò che scrivo se non avessi imparato da alcuni degli “anziani” niente affatto convinti che la lettera debba o possa essere apolitica. Come mi disse una volta uno scrittore, “ Ci teniamo tutti per mano attraverso il tempo, aiutandoci a vicenda a formare una catena di resistenza senza interruzioni. “ O un altro che insisteva, “La verità è la cosa più importante. E’ più importante che i soldi. E’ più importante che essere famosi. E’ più importante della carriera. E’ più importante dei preconcetti. Segui la verità – segui le parole e le idee – dovunque esse ti portino.” E ancora un altro mi diceva, “ Quando menti ai lettori – sia che si tratti di solo di una parola scorretta o di una cosa più grande come un’idea sbagliata, e a prescindere dal fatto che la menzogna sia esplicita o implicita- stai rapinando i lettori, li stai derubando del loro tempo, dei loro cuori e delle loro menti.” E ancora un altro diceva, “Per quanto ci provi con tutte le tue forze, non puoi separare l’arte dalla politica. La cosiddetta arte apolitica sostiene lo status quo.”
La cosa più importante che mi sia mai stata riferita e che ho sentito ripetere più volte da persone che stimo, è questa, “ Le parole sono importanti. L’arte è importante. La letteratura è importante. Le parole, l’arte e la letteratura possono cambiare la vita e possono cambiare la storia. Verificate che le vostre parole, la vostra arte e la vostra letteratura servano a muovere le persone individualmente e collettivamente nella direzione giusta, nella direzione della giustizia e della sostenibilità. E’ possibile creare una letteratura immorale. E’ una cosa che vediamo spesso. Una letteratura che appoggia il capitalismo è immorale. Una letteratura che non resiste l’oppressione è immorale. Non siete obbligati a seguire quelle tradizioni. Potete contribuire a creare una letteratura etica e resistente, tutte le nuove generazioni devono creare questa letteratura con l’aiuto di quelle che ci hanno preceduto, tenendoci per mano con loro per sostegno, proprio come le generazioni future dovranno tenere le nostre.”
Mi è stato insegnato che l’arte può essere etica e per esserla deve essere una disciplina da combattimento.
 
 
Siamo troppi pochi a ricordare che le parole possono essere armi,  e siamo ancora in meno a ricordare che come le armi le parole non possono combattere da sole. Le parole ci possono aiutare a resistere, ma da sole non ce la fanno a far cadere i dittatori, non ce la fanno a fermare il capitalismo, non bloccano la repressione, non pongono fine all’estinzione delle specie, non fermano il surriscaldamento globale, non rimuovono le dighe. In un certo momento tocca a qualcuno fare queste cose. A un certo punto qualcuno dovrà fisicamente distruggere le infrastrutture che consentono ai dittatori di stare al potere, al capitalismo di metastatizzarsi, all’oppressione di continuare, alle estinzione delle specie e al surriscaldamento globale di accelerare, alle dighe di uccidere i fiumi.
Sarebbe da sciocchi credere che le parole da sole avrebbero potuto fermare Hitler. Le parole da sole non ce l’avrebbero fatta a fermare il serial killer Ted Bundy. E le parole da sole non riusciranno a fermare la cultura dominante dal distruggere la terra.
Quello è un  lavoro che spetta a tutti noi.
 
 
 
Spesso mi ritorna in mente una domanda che mi è stata posta da un amico e mentore: Quali sono i problemi più gravi e urgenti che puoi aiutare a risolvere utilizzando i talenti che ti sono unici in tutto l’universo?”
Ed è precisamente su questa questione che sono riuscito ad avere successo e allo stesso tempo fallire alla grande.
Per molti versi la mia vita di scrittore può essere considerata un successo ben oltre qualsiasi mio sogno giovanile ad occhi aperti. Ho scritto venti libri. Sembra che piacciano alla gente e che molti apprezzino le mie presentazioni ed i miei  interventi, ed entrambe queste cose mi onorano oltre ogni misura. Nonostante la verità di quel vecchio cliché sulla scrittura che afferma ch e scrivere è un modo terribile per guadagnarsi da vivere ma un modo meraviglioso di vivere la propria vita, per almeno gli ultimi anni sono stato in grado di guadagnarmi da vivere attraverso la scrittura (confermando però ancora una volta il cliché, nel senso che pur guadagnandomi da vivere  la mia retribuzione non supera quella del primo lavoro di un neo-laureato dall’università Colorado School of Mines - la mia alma mater, da cui mi sono laureato trenta anni fa). Ma quello che più importa è che non sono stato costretto a tradire la mia musa e ho almeno cercato di dire la verità come me la presentava. E qualche volta sono riuscito ad articolare alcune delle cose che nell’intimo del mio cuore so essere vere ma che non ero riuscito a mettere in parole. Così facendo spero di aver contribuito ad aiutare altri che sanno nell’intimo del loro cuore la verità di una cosa ma che non erano riusciti a trovare le proprie parole per esprimerle. E in tutto questo so che sto vivendo la vita per cui sono nato, che sto facendo le cose per cui sono venuto alla luce. Ma cosa più importante  è che il mio lavoro ha contribuito a una letteratura etica e resistente e alla formazione di una cultura di resistenza e di un movimento militante per fermare questa cultura omicida, per prevenire lo sterminio planetario.
E tutto questo è il lato positivo.
Ma rimane il fatto che se giudico il mio lavoro, e a questo punto anche quello di altri, dal punto di vista dello standard più importante, cioè la salute del pianeta, che è infatti l’unico metro che abbia importanza, il mio lavoro (e quello degli altri) è stato un fallimento totale. E’ imbarazzante dover spiegare perché questo sia l’unico metro ad essere importante, ma a questo punto l’imbarazzo è solo l’ultimo dei nostri problemi. La salute del pianeta è l’unico metro che abbia veramente importanza perché senza un pianeta vivo tutte le altre cose cessano di essere importanti, in quanto non esistendo il pianeta non esistono queste altre cose. E questo anche perché l’estirpazione di 200 specie al giorno è profondamente immorale. Confronto a questo, il numero di libri sull’argomento non ha alcuna importanza. Il fatto che siano scritti più o meno bene non ha importanza. Che uno sia in grado di mantenersi attraverso la scrittura non ha importanza. Che uno sia in grado di vivere la vita per la quale era nato non ha importanza. La vita in sé è più importante delle cose create da noi umani.
La salute degli oceani, delle foreste, dei fiumi, dei salmoni, degli storioni, degli uccelli migratori è più importante di ciascuno di  noi a livello individuale ed è più importante dei nostri successi. La loro salute è la misura del nostro successo.
 
 
Scrivere libri è generalmente considerata un’arte solitaria. E per molti versi è vero, almeno nel mio caso. Trascorro ore, talvolta anche giorni interi tranquillamente da solo con le domande, i fili logici, i temi, le parole, le idee e le emozioni e le immagini che mi svolazzano accanto, a volte riescono a concretizzarsi, a volte proprio non quagliano. Passo ore da solo e contento chiedendomi cosa precisamente sto cercando di comunicare, chiedendo alla mia musa cosa vuole che io dica e chiedendole aiuto per dirlo, passo ore chiedendo agli alberi e ai fiumi, alle pietre e alle stelle cosa vogliono che io dica e implorando il loro aiuto per dirlo. Chiedo anche che mi vengano inviati sogni.
Ma in altri modi la scrittura non è affatto un’arte solitaria. Innanzitutto è una collaborazione tra scrittore e lettore ( e le parole), in quanto tutti portano le proprie offerte alla comunicazione. E poi c’è la questione di tenersi per mano, attraverso le generazioni in maniera trasversale con le altre specie. Quando scrivo non sono l’unico a scrivere, con la mia scrittura si esprimono quelli che ci hanno preceduto, i salmoni, e le falene e i pipistrelli e anche la musa.
 
I mutamenti sociali non fingono di essere solitari. Le rivoluzioni e le altre forme di cambiamento sociale richiedono organizzazione, solidarietà, cooperazione. Ancora una volta tale cooperazione si estende nel tempo e tra le specie, mentre ci teniamo per mano con Boadica, le streghe, Tecumseh, Nat Turner, John Brown, Harriet Tubman, Lozen, Wesley Everest, Kartar Singh Sarabha Grewal, Maude Gonne, Eugene Debs, Erich Muhsam, Sophie Scholl, Hannah Senesh, Ken Saro-Wiwa, il Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger, gli orsi polari, i lupi, gli scimpanzé, i salmoni e i tonni.
In tutta la mia opera la mia mano è tesa verso gli altri. Prendetela, se volete. Prendete le mani di tutti gli altri. Afferrate la forza che vi riesce di prendere da ciascuno di noi e fatevi carico delle cose che abbiamo lasciato incompiute.
Ma fate in modo di prendere tutte queste mani in una sola delle vostre. Dovrete tenere libera l’altra mano per fare un pugno o per prendere un’arma, sia che si tratti di una penna, un pennello, una pistola, un sabot o qualsiasi altra arma di cui avrete bisogno per utilizzare i doni a vostro servizio del vostro territorio, al servizio della lotta per impedire a questa cultura di distruggere la vita su questa terra.
L’ora dell’attesa è passata da molto tempo. E’ ora di agire. Vi sosteniamo e contiamo su di voi. Il pianeta ha bisogno di voi. Non sono le parole le uniche ad avere importanza,  importano anche le azioni e anche ogni singola persona.






Traduzione di Pina Piccolo.




Derrick Jensen
Autore di oltre 20 libri in cui combina elementi di ecologia, filosofia, antropologia e letteratura, il filosofo, insegnante e attivista ambientale statunitense Derrick Jensen (1960) è stato insignito di numerosi premi e onorificenze tra cui l’Eric Hoffer Book Award, il USA Today Critic’s Choice Award e il Press Action’s. Tra i suoi libri di saggistica più importanti che hanno venduto centinaia di migliaia di copie e hanno grande seguito tra i giovani delle fasce più progressiste A Language Older than Words (2000), Endgame (2006), Dreams (2011) e i romanzi Songs of the Dead (2009), Lives Less Valuable (2010), The Knitting Circle Rapist Annihilation Squad (2012).




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