L’ONOREVOLE Brano tratto dal romanzo Un uomo del popolo Chinua Achebe
(…) Un detto famoso nel paese dopo l'Indipendenza diceva che non era importante "che cosa" conoscevi, ma chi conoscevi. E credetemi, non erano parole oziose. Per uno come me che proprio non ce la faceva a piegarsi e leccare le scarpe di qualche Grand'Uomo, c'erano grossi problemi. Infatti una ragione per cui ho accettato questo posto nella scuola privata d'un villaggio invece di un bel lavoro in città nell'amministrazione pubblica, con macchina, alloggio gratis, eccetera, è stata quella di riservarmi una certa autonomia. Quando perciò dissi al ministro che avevo fatto domanda di borsa di studio per un diploma post-laurea non mi era passato per la testa di mettere in preventivo il suo aiuto. Credo sia importante sottolineare questo punto. Avevo avuto borse di studio per la scuola superiore e per l'università senza l'aiuto di un qualsiasi padrino ma esclusivamente per merito mio. E in ogni caso quel diploma non era poi molto importante. Per quanto mi riguardava era più importante avere la possibilità di visitare l'Europa, il che era già di per sé un grosso fattore di istruzione. Il mio amico Andrew Kadibe, che aveva fatto lo stesso corso l'anno prima, sembrava esserne stato parecchio colpito. Non parlo delle ragazze bianche - si possono avere anche qui oggi - ma di certe altre piccolezze. Ricordo che una volta mi disse che la più grande gioia della sua visita all'Inghilterra fu quando, per la prima volta nei suoi ventisette anni di vita, un bianco - un tassista, credo - gli prese la valigia e lo chiamò «signore». Era tanto eccitato che gli mise poi in mano dieci scellini. Ci abbiamo fatto sopra tante risate tuttavia potevo crederci a stento.
Ma per quanto vivo fosse il mio desiderio di andare in Europa non avevo intenzione per questo di vendermi l'anima o di scongiurare qualcuno perché mi aiutasse. Fu il ministro stesso che tornò sull'argomento verso la fine del ricevimento, senza alcuna richiesta da parte mia. (A dire il vero cercai anche di non attirare la sua attenzione.) Ad ogni modo le proposte che mi fece non mi sembrarono offensive. Mi invitò a passare le vacanze da lui nella capitale, e mentre sarei stato là avrebbe chiesto al suo collega di gabinetto, il Ministro per l'Istruzione all'Estero, se si poteva fare qualcosa.
«Vieni appena finisci» disse «potrai stare nel reparto ospiti con tutto a tua disposizione - camera, salottino, bagno, gabinetto, tutto - e autonomo. Potrai starci per conto tuo e fare "qualunque" cosa voglia, è tutto per te.»
«Guarda che non intende quello - eh!» mi disse la John. «Posso dire di vedere che sei un bravo ragazzo. Non farti mica rovinare da lui. A me non mi prende per le sue faccende di bagno e camera, sa! Quell'uomo li ha un'anima da stare attenti. Se ti dice di star fermo, scappa.»
Risero tutti.
«Eleanor, perché mi vuoi rovinare me e il mio nome in pubblico per niente? Cosa t'ho fatto? Tutti qui possono dire che sono un buon cristiano. Non è vero, James?»
«Ah, è così, signore» rispose il giornalista allegramente.
Nonostante tutti questi scherzi l'invito del ministro era serio e intenzionale. Mi disse che era importante che ci andassi presto perché aveva in progetto un viaggio negli Stati Uniti entro due mesi.
«Vogliono darmi una laurea» annunciò orgogliosamente. «Dottore in Legge. Avv.»
«Magnifico» dissi. «Congratulazioni.»
«Grazie, fratello.»
«E così il ministro diventerà 'Onorevole Ministro Avvocato M. A. Nanga'» intonò il giornalista, precedendo di un attimo le mie riflessioni sull'argomento. Ci rallegrammo tutti con il ministro per quel titolo di sicura presa.
«Ma non si può mica dire che mi va proprio "pem" (Espressione di lingua locale, di significato intuitivo. n.d.t.)» disse il ministro con eccitazione infantile, e noi a dirgli che sì, gli andava proprio bene.
«Ma l'uomo che mi piace tanto il suo nome è l'Onorevole Alhaji Dottor Mongo Sego, M.P. (Abbreviazione inglese per "Member of Parliament", parlamentare. n.d.t.)» disse il ministro con desiderio.
«Buono anche quello» ammise l'incomparabile giornalista, «ma non sorpassa il suo, signore: 'Onorevole Signor Ministro Dottor M. A. Nanga, M.P., Avv.' Ecco qua. Niente lo sorpassa.»
«Che ne dice di 'Onorevole Ministro Dottoressa'?» buttai lì maliziosamente.
«Naa! Non va bene per la bocca» disse il ministro. «Non fa colpo.»
«Che cos'ha che non va?» chiese la John. «Perché ce l'ha una donna non va bene per la bocca. Vedo che in questo paese la parità la donna ce l'ha solo in tempo di elezioni.»
«Ma no, signora» disse il giornalista. «Ma non vede che in bocca sembra carta vetrata? 'Onorevole Ministro Dottoressa'. Non va mica bene.»
Prima di partire, il ministro si assicurò che avessi l'indirizzo di casa sua nella capitale. Mentre lo scrivevo sentivo posarsi su di me gli sguardi malevoli di Nwege. E la sua bocca aveva appena pronunciato le parole di commiato che si volse verso di me e mi chiese in tono beffardo se fossi ancora dell'opinione che non era necessario essere presentati al ministro.
«Io mi opponevo solo al fatto di mettersi in riga come degli scolari» dissi, un po' confuso. «In ogni caso non avevo bisogno di presentazioni. Ci conoscevamo già.»
«Può ringraziare la sua buona stella che non sia un malvagio» continuò lui come se non avessi detto niente; «altrimenti gli avrei detto...»
«Perché non gli corre dietro?» chiesi. «Non può essere molto lontano.» E con questo mi allontanai da quel vecchio pazzo ossequioso.
Ma quando ripensai agli eventi della giornata dovetti ammettere che Nwege non aveva tratto grandi vantaggi da tutto il suo penare. Non credo che il ministro gli abbia concesso un solo secondo per dire i suoi problemi. Ed è stato poco caritatevole da parte sua unirsi con tanto vigore alla risata del «buttatemi giù». Almeno per le apparenze avrebbe dovuto mantenersi serio. Era chiaro che il grande uomo non perdonava facilmente a chi prendeva il suo tempo per farsi i propri discorsi. Con ostentazione aveva ignorato Nwege per il resto della giornata. Pover'uomo! Con ogni probabilità era sfumata l'occasione di far parte di quel nuovo ente che si sarebbe occupato dei beni statali ormai caduti in rovina e con i quali sperava senza dubbio di rinnovare l'ancor più sconquassato materiale della sua scuola.
Quindi, sebbene fosse irragionevole da parte sua scaricare su di me la sua collera, aveva le sue ragioni per essere arrabbiato. (…) Brano tratto dal romanzo Un uomo del popolo, Editoriale Jaca Book, Milano, 1977. Traduzione Marco Grampa. Albert Chinualumogu Achebe, soprannominato Chinua (Ogidi, 16 novembre 1930 – Boston, 22 marzo 2013), č stato uno scrittore, saggista, critico letterario e poeta nigeriano. Viene considerato il padre della letteratura africana moderna in lingua inglese. Il suo capolavoro, Il crollo (Things Fall Apart, 1958) č una pietra miliare del genere; viene studiato nelle scuole di numerosi paesi africani ed č stato tradotto in oltre 50 lingue. Gran parte dell'opera di Achebe č incentrata sulla denuncia della catastrofe culturale portata in Nigeria prima dal colonialismo e poi dai regimi corrotti succedutisi dopo l'indipendenza.
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