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Sagarana LA RAGAZZA IN MACCHINA


Brano tratto dal romanzo Mare di Vetro


Alessandro Angeli


LA RAGAZZA IN MACCHINA



 

(…) Chi è sta mocciosa?”
Lupo non rispose, battendo piano i polpastrelli sul volante fissava la strada senza guardarla. L’asfalto tracciava linee imperfette nella sua mente, mischiando le immagini alle sue proiezioni. Le case tagliate dal vento cadevano giù e i suoi occhi si perdevano lì. Ogni tanto con un gesto rapido tirava giù la manica del giubbino e guardava altrove. Poi imperterrito tornava a osservare l’orologio. Continuava a fissarlo per alcuni istanti, anche dopo che l’oggetto aveva fatto il suo dovere. Seduto nei sedili posteriori cercavo di mantenere la calma. Di bloccare i pensieri e liberare la testa. Mi figuravo la scena, cercavo di prendere il tempo, di contare i minuti. Ripassavo a mente i pochi passaggi.
“Ma è studentessa?” disse all’improvviso Ranocchia. “Che minchia dobbiamo farci con una studentessa?” Poi cominciò a fischiettare più forte, per attrarre la nostra attenzione. Non riusciva a rimanere in silenzio più di un minuto. Le macchine ci passavano accanto ed io facevo di tutto per non guardarle. Mi aspettavo che da un momento all’altro venissero fuori puntandoci le armi contro. Dai negozi uscivano persone, donne soprattutto, la mattina erano loro a comandare.
 “Stu cazzu di autoradio mi sta abbottando i coglioni”, alla fine Ranocchia, dopo aver provato una decina di volte, riuscì a inserirlo nel modo giusto dentro la fessura, girò la manopola e venne fuori la musica. Poi parole e ancora altra musica. Era tutto inutile, eravamo troppo lontani.
“Ti si seccata la lingua Lupu? Perché cazzu non mi rispondi?”
“Se continui così fai incazzare a Tiu”, disse Lupo con un ghigno, poi si accese una sigaretta. Il corpo pesava e voleva buttarmi giù, nella testa passava solo aria. Un aereo volò oltre le nuvole, senza fare alcun rumore. Ranocchia aumentò il volume dello stereo. Dalla radio veniva una musica mielosa che non conoscevo. Poi scattò l’ora e i ragazzi uscirono da scuola. Dissi a Ranocchia di spegnere la radio, lui fece un po’ di storie, ma alla fine si convinse, mise in moto e seguimmo la ragazza a passo d’uomo. Cercai di non guardare le altre macchine, la gente che attraversava la strada. Pensai ai manichini dei negozi e dei supermercati. Appena fu sola sul marciapiede ci accostammo di colpo. Ranocchia finse di chiederle un informazione, tirò giù il finestrino, lei non ebbe nemmeno il tempo di vederci, che Lupo balzò fuori e l’agguantò. Me la trovai urlante al mio fianco. Lupo mi passò il nastro già tagliato, non sentivo nemmeno più le sue grida, guardavo solamente i suoi occhi. Erano belli. Dovevo aspettare che si calmasse. Provai a parlarle:
“Non ti facciamo niente …”
“Chi cazzo siete?”
“Nessuno”
“CHI CAZZO SIETE!!!!”
“Mettili il nastro Tiu, che cazzo aspetti! Mettili il nastro”
La ragazza cominciò a scalciare, a battere i pugni sui finestrini in preda al panico. Ranocchia mi passò due compresse di Roipnol e io glieli ficcai in bocca, con la mano le serrai la bocca.
“Stronzo” Mi urlò appena l’ebbe inghiottite. Lupo era ormai fuori città. Lungo la superstrada cambiammo macchina e autista, al volante passò Raggio, che conosceva il posto. Facemmo il cambio in brevissimo tempo come avevo sperato. La ragazza sonnecchiava. Ci eravamo informati, non tornava mai a casa prima delle tre, avevamo ancora due ore di tempo. Il nostro rifugio era a un’ora di strada. Raggio guidava senza parlare e tutti guardavamo davanti ai nostri occhi. Il traffico procedeva lentamente, nessun camion e poche macchine. Era l’ora di pranzo. Ogni tanto Lupo chiedeva da fumare. Allora cavavo il pacchetto morbido dal taschino della camicia e glielo porgevo. Poi giunti in una piazzola svoltammo fuori dal paese e proseguimmo per qualche minuto su una lunga strada sterrata. Il parabrezza si coprì di polvere e Lupo bestemmiò a denti stretti. Raggio ci fece segno di scendere, io e Lupo prendemmo la ragazza per le braccia, ma non ce la faceva ancora a camminare, perciò Lupo se la caricò sulle spalle e continuammo a piedi. Il rifugio era a cinquecento metri da lì. (…)






Un estratto del romanzo Mare di Vetro, che uscirà prossimamente per i tipi di Quarup.




Alessandro Angeli
Alessandro Angeli è nato a Roma nel 1972 e vive a Grosseto. Ha pubblicato Maginot, fotogenesi di un romanzo, (Edizioni Controluce 2008), La lingua dei fossi. Miseria e orgoglio di un fuorilegge (Besa 2010), I ragni in testa (Besa 2011), Ragazzo fiume(Effigi 2011), Songster, cosmografia di un vagabondo (Edizioni Controluce 2012).




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