PICCOLE BOMBE CULTURALI Racconti d’autore in territorio italiano Reginaldo Cerolini
Indice: I Dovuto Panegerico II Critica III Intervista I DOVUTO PANEGERICO Non sarà forse la fine del mondo questo 2012, anche se ancora per qualche giorno bisogna tenere le dita incrociate , ma quel che è accaduto in Italia a partire dall’anno scorso, può davvero essere considerato una piccola grande rivoluzione. Dal 22 maggio 2011, l’edizione culturale della domenica, de Il Sole 24 Ore, ha sciorinato in campo italico un arsenale internazionale di racconti, superando le iniziali venti proposte ipotizzate ed inserendo anche autori nostrani. Esiste un importante precedente di La Repubblica, la collana Short Stories iniziata nel 2008 e alla sua 5° edizione, ma si tratta di una collana che privilegia la tradizione del racconto inglese e americano, oltre al formato bilingue della sua edizione che, per quanto interessante appare troppo circoscritta. Quella del Domenicale è inveceun’inaspettata rivoluzione culturale la cui portata si potrà vedere solo nei prossimi anni, quando qualche scrittore si riferirà alla sua personale avventura nelle pagine della collana Racconti d’Autore del secondo decennio del duemila! L’Italia non gode, infatti, di una grande tradizione di Racconti, lo si evince dalla scarsa tradizione di legittimazione del genere, dalla sua scarna presenza storica, sia nella sporadicità con cui simili raccolte hanno raggiunto la nobiltà di un premio nazionale. Se non si escludono rare riviste che se ne occupano fra cui “Aeolo”, “Inchiostro” il genere è poco presente . Eppure la cultura italiana ha avuto grandi scrittori anche maestri del racconto nel passato quali Boccaccio, Franco Sacchetti, Antonio Francesco Doni, Gaspare Gozzi, per dirne alcuni, ma a quel tempo si chiamavano Novelle, prima di venire soppiantate dalla definizione anglofona di Short Stories e dalla scabra definizione italiana Racconti. Novelle ancora si chiamavano i componimenti brevi nell’Ottocento e nei primissimi del Novecento con i nomi di Edmondo De Amicis, Verga, Collodi, D’Annunzio, Pirandello, Ugo Tarchetti . La contrapposizione Novella vs Short Story-Racconti non è casuale, con una sua peculiarità che andrebbe indagata. In ogni modo, al di là delle distinzioni nominali, nel delicato clima italiano, il Racconto non ha mai riscontrato una vera considerazione e autonomia. Esistono ovviamente, nella storia della letteratura nazionale, grandi nomi che si sono affermati in questo artigianato, come Ada Negri (un po’ dimenticata a dire il vero), Maria Grazia Deledda, Alfredo Panzini, Cesare Pavese, Alberto Moravia, Piero Chiara, Italo Calvino, Dino Buzzati, Gianni Rodari, Achille Campanile, Ennio Flaiano, Antonio Tabucchi e il caso, più unico che raro, di Pier Vittorio Tondelli con il suo esordio nel 1980 in sei racconti corali Altri libertini, un inaspettato best seller italiano tradotto in più lingue. Non che la tradizione di scrittori italiani non abbia ammiccato a questo genere, ma è parso sempre per lo più un genere minore, di ripiego, distensione o addirittura timore dalla tradizionale prova narrativa del Romanzo. Per la verità proprio il Romanzo ha sofferto un po’ dei cosiddetti fenomeni della modernità e post-modernità, tra industrializzazione e feroci leggi editoriali di vendita - o di quella che Spinazzola definiva il fenomeno della letterarietà creando una commistione di generi e una caduta dei canoni, oltre a un generale impoverimento linguistico significativo – ma questa è un’altra storia. In suolo straniero e principalmente nel Nord America e Sud America le Short Stories vantano invece una tradizione possente di nomi quali Edgar Allan Poe, Machado de Assis, Truman Capote, Dorothy Parker, Clarice Lispector, Jorge Luís Borges , Ann Beatie, Raymond Carver, Alice Munro. Fra i nomi del passato e fra i più recenti che hanno segnato una tradizione internazionale, del genere, per dirne alcuni Honoré de Balzac, Eça de Queirós, Virginia Wolf, Katherine Mansfield, Isaac Asimov, Doris Lessing, Yasunari Kawabata, Yukio Mishima, Michail Bulgakov, Colette. Morale? La letteratura internazionale ha legittimato, almeno da un punto di vista editoriale, la nobiltà delle Short Stories in Italia, senza che questo scalfisse o scuotesse la tradizione del racconto nostrano, con buona pace di Calvino che, nell’introduzione a I Sentieri dei Nidi di Ragno (riedizione Einaudi del 1967), sosteneva avessimo qui nel Bel Paese la vocazione al racconto, ma forse lui intendeva la tradizione orale. Tornando dunque all’edizione domenicale de Il Sole 24 Ore, si è visto in modo molto originale affermare dei nomi classici della letteratura nella loro produzione, conosciuta e spesso sconosciuta di racconti insieme a nomi noti e meno noti della lingua dantesca. L’esito? Davanti a una sperimentazione di così ampia portata e immediato successo editoriale, ancora in corso, è difficile esprimere giudizi certi, ma il lascito è poderoso . Chissà, può darsi che una nuova fase della cultura letteraria dello stivale, lasci all’antica Novella, ribattezzata Racconto, la sua degna autonomia. II CRITICA Dando un’occhiata all’ “Enciclopedia aperta” di Racconti d’Autore si notano molte particolarità. Non si può fare l’apologia di un’opera senza far notare anche le evidenti mancanze. La prima mancanza è quello che definisco un’ idea diffusa di etnocentrismo occidentale laddove grosso modo le aree culturali trattate sono l’America, L’Europa, L’Africa delle colonie (e degli scrittori figli di colonialisti), più qualche classico russo. Non è che nella selezione non si guardi al mondo, ma lo si fa necessariamente con occhio canonizzato e il canone è Occidentale. Si nota poi, si tengano forte le femministe, una presenza di scrittrici donne non proprio scarse ma che non rende certamente piena giustizia al discorso femminile, e così certe mancanze paiono quasi irriverenti. Per quanto poi riguarda la presenza di autori italiani, è scarna e arbitraria, mancando nomi come Calvino, Pavese, Pasolini. Si respira in effetti un’aria di ‘lavori in corso’. Gli italiani, forse non previsti inizialmente, non cominciano che col comparire nel numero 28 con il primo inedito (italiano) Andrea Vitali. Lavoro si comprende nel comunicato news del Il Sole 24 Ore su commissione. Essendo una collana che vanta il titolo di Racconti d’Autore potrebbe lasciare un po’ basiti come prima scelta fra gli autori italiani, così come la presenza del pur talentuoso Davide Enia lascia letteralmente stupiti (chiedendoci se si tratti di una sorta di militanza quella impugnata dal quotidiano o di un atto di circostanza). Ci sono poi aggiustamenti come la degna presenza – ci mancherebbe!- di Buzzati, Cerami, Morante e il giusto tributo a La Capria al numero 49 . il problema vero è che il criterio di selezione, che oscilla tra scritti di metà Settecento fino ai primi anni del 2000 (come testimoniano i singolari racconti di Nadine Gordimer n. 25), non è ben chiaro. Si può far notare che la maggior parte degli autori presenti , quando non sono propriamente dei classici, vengono ‘classicizzati’ mediante il sistema un po’ ambiguo e oligarchico dei numerosi premi che quasi tutti gli autori contemporanei sembrano aver ricevuto lautamente. Quasi che oggi per essere scrittori (che importa se di racconti o romanzi) si debba avere la nobiltà dei premi letterari. Chissà. Detto questo per dovere d’osservazione, non rimane che applaudire con vivo fervore l’impresa certamente vasta e precorritrice de Il Sole 24 Ore. Utile è anche porre delle domande. Ha cortesemente concesso questo confronto Stefano Salis, Vice Capo Redattore della pagina culturale del Domenicale, al quale va tutta la nostra gratitudine per l’elegante disponibilità. III INTERVISTA R: Come è nata l’idea? S: L’idea è nata dalla redazione del Domenicale, da Armando Massarenti che è il responsabile, da una proposta che è arrivata al marketing de Il Sole 24 Ore e da una consulente letteraria. Insieme si è ragionato sulla possibilità di iniziare questa collana di racconti da legare alla domenica. Abbiamo provato, è nata così. R: Esistono fra i quotidiani dei precedenti ? S: No. Ci sono stati diversi quotidiani che avevano già tentato la strada del racconto, addirittura facendoli scrivere ad autori contemporanei, quindi non siamo stati i primi. C’era già stato questo tipo di esperienza. Noi abbiamo avuto un idea in più, ovvero quella di legare il racconto al supplemento domenicale, quindi caratterizzando con una forte motivazione letteraria l’offerta della domenica e per di più a un prezzo molto accessibile che era di 50 centesimi, oltre al prezzo del quotidiano di 1, 50 centesimi. Quindi con 2 euro uno acquistava il racconto e il quotidiano. R:Quale è stato l’obbiettivo? S: L’obbiettivo è stato quello di rafforzare l’offerta culturale del giornale, attraverso la grande letteratura, perché ovviamente abbiamo scelto classici come autori più significativi. Scelti molto in fretta perché la collana è andata bene sin dall’inizio, tant’è che va avanti fino adesso da più di un anno. R: Prima parlava dei classici, quale è stato il criterio di selezione? Era già stato stabilito prima o è stato un lavoro in fieri? S: In fieri, ovviamente. Siamo partiti con una griglia di autori e di racconti che ci interessavano, e poi valutando se la cosa andava bene abbiamo scelto mano a mano. Tenga presente che di ciascuno di questi titoli, noi non abbiamo pubblicato delle edizioni qualsiasi, abbiamo sempre chiesto delle edizioni più presenti nel commercio, anche se editorialmente un po’ morte perché erano fuori catalogo e con i libri fermi. Abbiamo pagato gli editori e i diritti di autore, traduzione. Si parla di piccole cifre. Non grosse cifre perché sostanzialmente agli editori questi titoli non sono fonti reali di guadagno. Abbiamo invece pagato abbastanza per il primo titolo, perché abbiamo scelto di puntare su un grosso nome della letteratura internazionale che era Philip Roth, ma a quel punto eravamo consapevoli che significava puntare su un nome commercialmente molto importante. R: C’è stato un vostro velato intento con questa collana di sotto intendere a Racconti d’Autore, i Classici della Letteratura del Racconto ? S: Certo. L’idea che abbiamo avuto era quella di rilanciare la forma Racconto attraverso classici del genere, attraverso una qualità letteraria molto alta che ci era assicurata dalla grande disponibilità di autori di questo calibro. Lo dico banalmente, ma se uno pubblica Čechov non è che ci sia tanto da sbagliare, sa che sta pubblicando un autore di qualità … . R: Un classico S: Non è che scopriamo nulla. Siccome la disponibilità è ampia e tutti i grandi scrittori hanno scritto dei racconti, abbiamo semplicemente selezionato quelli che ci piacevano di più. R: Al numero sette della vostra selezione compare la belga Amélie Nothomb. Questo mi ha stupito. Secondo lei, la si può già considerare un classico dei Racconti d’Autore ? S: No, dunque. L’idea era quella di puntare su dei classici in generale … però abbiamo fatto, soprattutto nei primi venti numeri una specie di sondaggio, siamo infatti partiti da Philip Roth, e abbiamo cercato di mischiare i meno classici ma anche la letteratura contemporanea di una certa qualità cercando di far vedere che questo tipo di genere letterario non è morto o defunto da un secolo, ma esiste ancora e viene praticato. Tant’è che nel proseguo della collana abbiamo pubblicato due autori viventi ai quali abbiamo chiesto di scrivere, anche perché era successo all’inizio che quasi per scelta non avessimo messo autori italiani, invece poi abbiamo messo anche gli autori italiani. Poi io ho valutato l’idea di commissionare nuovi racconti però, questa è un lavoro molto più delicato perché prevede una fase di editing e siamo rimasti fermi su questo. R: Infatti notavo nei primi venti numeri avevate, come si legge nelle alette, la partnership di Alitalia. Come mai poi si è conclusa? Era già previsto? S: No, ma sa … le spiego. Sono accordi commerciali che vengono presi. Uno dice per venti numeri, che non sono pochi, sono venti settimane … sono 4 mesi e mezzo. Allora uno dice, vediamo come va, poi il partner dice è andato bene ma non me la sento di continuare e invece il giornale ha visto che andava bene e ha continuato. Non è che noi …. Anche la collana, se avessimo visto che andava malissimo avremmo interrotto tutto. Dopo 20 numeri avremmo detto, basta questo esperimento non è riuscito invece, la collana è continuata e continua, credo perché funziona. Credo che la deadline di questa collana è dicembre 2012. Gli uffici del marketing tireranno le somme. Se si vede che il mercato può assorbire ancora una quantità considerevole o significativa di questi racconti allora si va avanti, oppure si cambia strategia. Però questa cosa qua la redazione la fa abbastanza poco. A noi non è che viene comunicato. Sappiamo che va bene, quindi la collana va avanti, ma non è che diciamo bene da gennaio facciamo la collana di guide turistiche … si valuta. R: Le chiedevo questo perché da esterno, non sapendo, ho pensato che aveste inizialmente potuto farlo per la partnership, poi vedendo che funzionava avete proseguito da soli. S: Si. Esattamente così. R: Dal numero 20 in poi la linea editoriale sembra mutare, comparendo le prime pubblicazioni inedite con Chever, e i primi autori italiani come Vitali. Che criterio avete adottato per queste scelte? S: … Vedendo come andava la collana, ogni tanto provavamo a rilanciare. Per esempio con Vitali, che è un autore che a noi piace molto eravamo tutti convinti di invitarlo, essendo un autore molto bravo nel genere - racconto, gli abbiamo chiesto di darci un inedito, quindi scritto per noi. Infatti in quell’occasione abbiamo fatto anche un po’ di pubblicità ulteriore, così come abbiamo fatto per Vincenzo Cerami che anche un nostro collaboratore, così come è successo o probabilmente succederà più avanti … verso Natale con una sorpresa. Però sono tutte cose nate dall’occasione … se viene l’occasione ci diciamo proviamo a fare questa cosa. Poi sa non è così scontato chiedere a un autore di scriverci un racconto e lui te lo consegna in fretta … perché i nostri tempi di lavorazione sono anche stretti. R: Esatto, riguarda quel discorso che faceva rispetto alle difficoltà dell’ editing? S: Si. R: Stupisce poi che fra le prime pubblicazioni compaia il talentuoso e giovane Enia, c’è stato tra voi un dibattito o delle difficoltà a inserirlo , sempre rispetto alla questione dei classici o non classici? S: no … guardi non è che noi ogni volta su ogni numero discutiamo. Ci siamo dati un indirizzo generale che era di pubblicare i racconti di qualità. All’interno di questi siamo andati sul sicuro con i classici. Fitzgerald va benissimo. Čechov come dicevo prima va benissimo. R: Henry James.
S: Appunto. In più abbiamo fatto alcuni esperimenti, che a volte sono dettati dalle circostanze e dal caso e abbiamo provato. Gli autori contemporanei. Leggevamo e se il racconto funzionava, si pubblicava. Per esempio nel caso di Davide Enia l’abbiamo pubblicato perché c’era l’anniversario della morte di Falcone e questo era legato alla mafia. Direi che siccome queste edizioni sono della domenica cerchiamo di essere legati minimamente all’attualità … non ce ne fregiamo (ride). R: (rido) … le faccio una domanda un po’ polemica. Non si può mancare di far notare come siano assenti grandi nomi che renderebbero dignità alla tradizione del racconto Italiano. Non so, ancora non è comparso Calvino e qualcuno anche internazionale, questo fatto risponde a motivi specifici? S: All’inizio avevamo deciso di non mettere autori italiani, poi nel caso specifico di Calvino come di altri (sorride) gli editori non ci hanno dato semplicemente l’autorizzazione a pubblicarli. R: Capisco, quindi motivazioni pratiche. S: Si perché, noi magari ti pubblichiamo 4 racconti di Calvino. L’editore Mondadori ti dice no, io li ho in libreria in formato oscar, perché devo dare opportunità a un mucchio di gente di comprarlo a 50 centesimi . Quindi, senza nessuna polemica … R: Certo è un dato di fatto. S. Siccome compriamo dagli editori questi titoli, prima chiediamo. R: Avete avuto un riscontro in termini di parere dal pubblico e della critica? S: Molto, molto, molto favorevole. Guardi molto di più di quello che noi ci aspettavamo. La collana è durata molto di più dei primi venti titoli iniziali previsti. Saremo al numero 60, 70 non so… R: Al numero 69, mi pare. S: Siamo molto più avanti di quello che avevamo previsto. Vuol dire che il pubblico ha gradito. La critica ha gradito perché è inoppugnabile che abbiamo proposto dei titoli di qualità, ma non è un nostro merito … voglio dire se io sono un editore di classici, cosa voglio contestare se pubblico dei classici. Sarebbe stato ridicolo che ci avessero contestato la pubblicazione di grandi racconti di questa taratura. R: Senta, le propongo una domanda a cui in parte ha già risposto. Compaiono i nomi di molte case editrici a cui avete dovuto chiedere i diritti di pubblicazione, come è avvenuto questo, e si tratta di transizioni economiche onerose? S. No … guardi perché conosco quanto costano i libri in varie fasi della loro vita. Allora un conto è comprare una serie di racconti di un autore come Philip Roth, che è un attore molto vivo commercialmente. Un conto comprare racconti di Fogazzaro che oltre che essere di pubblico dominio adesso, quindi potremmo semplicemente pubblicarli così come sono e basta, quindi gratis. Quando andiamo a comprare da un editore che può essere Mondadori, Rizzoli, Passini o chiunque esso sia, che di solito li ha dentro a volumi che si chiamano ‘Tutti i racconti’, ad estrapolarne pochi numeri, ce la si cava veramente con pochi euro, perché il titolo per loro è fermo, non ha nessun riscontro di vendita. Riproposto in questa forma invece, ha un minimo diciamo di interesse. Uno dice mi sono letto questo bel racconto di Maupassant adesso vado in libreria e mi prendo tutti i racconti di Maupassant. R: Diventa uno stimolo culturale, un impatto quanto meno no? S: Beh, sì. Noi non ci siamo ammantati di grandi operazioni editoriali. Abbiamo riproposto un genere, che è il racconto. Abbiamo dimostrato che questo genere funziona e che ha da dire nella letteratura contemporanea e siamo andati avanti così. Tra l’altro ci daranno un premio, a fine ottobre. Il premio Chiara che come lei saprà è stato un grande autore di racconti. Noi pubblicheremo dei racconti di Piero Chiara mi pare questa domenica che viene o la successiva. E il premio Chiara che premia il racconto ci darà un premio simbolico per l’iniziativa a favore della divulgazione del genere racconto. R: Senta, prima di tornare alle domande un po’ più interessanti, le devo fare una domanda tecnica. Come siete riusciti a mantenere tanto basso il prezzo della collana con solo 50 centesimi in più? S: … tenga presente che la tiratura è la stessa del giornale, quindi è una tiratura altissima. Parliamo di oltre centomila copie (sorride) … quindi nessun editore potrebbe permettersi di vendere un libro a 50 centesimi cartaceo. Il costo obbiettivamente dell’operazione è ammortizzato dalla quantità di copie che vengono messe in vendita. R: La collana è consapevole del peso storico del proprio contributo culturale a livello della cultura italiana … cioè di aver segnato qualcosa di importante? S: Guardi senza essere troppo enfatici però direi di si, perché abbiamo ricordato alle tante persone che ci comprano la domenica, che sono un pubblico già colto, già esperto, che si può confrontare con la lettura di un racconto, avendo la stesso piacere e la stessa profondità di un romanzo che è invece il genere che va di più nella narrativa. A volte di più. R: Esatto. Esiste una tradizione del racconto italiano ma sembra quasi sommersa. Lei come vede la realtà del Racconto in Italia? S: … è poco guardi … R: Cerco di essere più preciso, ci sono pochi premi che valorizzano il racconto, pochi autori nel loro ingresso nel mondo culturale possono pubblicare collettanee di racconti essendo notati, mentre all’estero è molto diffuso che uno possa essere scoperto in questo modo. S: Si, guardi … per un pregiudizio secondo me, tanto degli editori quanto dei lettori che hanno la loro fetta di responsabilità. In genere il racconto in Italia sembra non essere commercialmente vivace, cioè vende poco. I venditori allora scartano gli autori di racconti e gli autori di racconti --credono poco nei loro prodotti. Questo perché in Italia si pensa ancora al romanzo come la grande prova narrativa, per cui è comune dopo la raccolta di racconti dire ha scritto il romanzo, si cimenta. Al contrario secondo me il racconto è un genere che sempre più nel futuro immediato avrà una buona carta da giocare nella ricezione letteraria, proprio perché la brevità in questo momento storico sta diventando una carta vincente. Abbiamo poco tempo, siamo abituati a leggere sms, o tablet . Tutte caratteristiche che permettono al racconto, breve e profondo, di essere vincente più del romanzo. R: Insomma la crisi della post-modernità, e la sua rilettura in qualcosa che sia breve e fugace. S: Si, secondo me si. Questa è una mia opinione personale, il romanzo ha esaurito un po’ la sua funzione storica. Il racconto potrebbe invece averne una nuova. R: Come vede la realtà del Racconto all’estero? S: All’estero è più vivace, soprattutto negli Stati Uniti dove la tradizione della Short Stories è molto qualificata da un punto di vista dell’autorevolezza. Questo perché tutti i grandi autori hanno scritto racconti. Soprattutto perché ci sono stati, storicamente, e ci sono ancora delle grandi riviste come il The New Yorker, The New York Review of Books che pubblicano dei racconti. Questo per gli autori è un chiaro punto d’arrivo. Pubblicare su una rivista dove hanno pubblicato racconti Fitzgerald, Norman Mailer, Philip Roth e tutti i più grandi, per uno scrittore che sta iniziando e vuole farsi notare è un’opportunità grandissima. R: A questo punto volevo farle una domanda doppia. Si dice sempre che gli italiani non leggano eppure le tirature nei quotidiani sono esorbitanti, secondo lei dipende dalla proposta, dai prezzi dei libri? S: No. Bisogna distinguere nel senso che i nostri acquirenti sostanzialmente vanno in edicola comprano il giornale e al giornale vedono accluso, per una cifra che è abbastanza irrilevante nella vita quotidiana cioè cinquanta centesimi, il racconto. Questo fatto, secondo me, non è che va a impattare sulle ragioni profonde per cui in Italia non si legge, diciamo che c’è un’opportunità in più. Non so se si ricorda quando c’erano negli anni Ottanta e Novanta i libri a mille lire … . R: Si, fine anni novanta mi sembra. S: Ecco, a fine anni novanta, a quel punto divenne simpatico comprare un libro per sole mille lire, che era una cifra abbastanza bassa, forse l’opzione stessa di libro a quella cifra era un po’ dubbia però, si aveva lo stesso questa sensazione di comprare un librino che ti faceva passare due ore sul treno da leggere, in quel caso forse anche meno. Comunque con un prodotto di qualità. In ogni modo non direi che abbiamo smosso le acque della non lettura in Italia, dove si legge pochissimo. Abbiamo fatto questo tentativo, ma molto legato al fatto che sia un giornale. R: Nell’articolo del 25 ottobre 2009 Lei sostenne che“I classici di una volta sembrano davvero appartenere a un’altra stagione intellettuale e sociale”, trova ancora attuale questa sua espressione e in che misura si può legare tale espressione alla “collana vivente” Racconti d’Autore? S: Un momento, l’ho scritto io questo? R: Si. S: Allora, mi riferivo certamente ad autori come Cassola, credo questi autori qua, no? R: Era un articolo che menzionava Il Dizionario Bibliografico degli Italiani (iniziato nel 1961 e fermo alla lettera M), che poi si è bloccata … S: Si, si. Io la penso così in questo senso. Secondo me i classici non sono questa roba sacra e inscalfibile come noi siamo abituati a pensare. I classici si muovono. Per cui quello che a noi sembra un classico oggi, magari fra cento anni non lo è più e quello che cent’anni fa sembrava un classico, oggi ci sembra ampiamente superato. Le faccio un esempio più macroscopico clamoroso. Dante fino al Settecento, è un autore che non è proprio il massimo della letteratura italiana, tant’è che Foscolo lo scambia per il Ghibellino Fuggiasco, addirittura sbagliando la sua collocazione politica. Diventa un super classico quando poi si va a scuola, dove tutti quanti oggi partiamo da Dante. Carducci che tutti oggi sappiamo che è un classico, ma nessuno lo legge più. Fogazzaro, l’ho nominato prima, è un autore che non si legge più. R: Si, è semisconosciuto. S: Ma anche autori molto vicini a noi, cioè Cassola, Guido Piovene, Giovanni Arpino che negli anni Sessanta e Settanta erano molto conosciuti, non sono più gli autori che noi percepiamo come classici e sono sicuro che da qui al Duemilacento della letteratura italiana di questa epoca rimarrà ben poco, rimarrà ben poco. R: La scelta di presentare i volumi sprovvisti di un commento iniziale, a che tipo di esigenze risponde e non è un po’ rischiosa? S: No, noi abbiamo scelto apposta di mettere tre righe per dire chi è Gue de Moupassant, Balzac ad esempio, e poi mettere il racconto. Voglio dire noi non abbiamo la funzione dell’editore, che ha un compito culturale diverso. Noi siamo un giornale che ha proposto una forma letteraria, poi se uno vuole sapere di più su Balzac, non deve chiederlo a noi … . R: Si informa. S: Ecco, vada pure in libreria. R: Senta le faccio l’ultima domanda un po’ pungente. S: Si. R: Selezioni come queste hanno un indubbio limite di prospettiva occidentale (grosso modo). Mancano, per dire autori sudamericani, orientali. Vi siete accorti di questo e avete pensato a come ovviare, in futuro, a questa lacuna storica? S: (ride)Noi non abbiamo voluto tracciare un’enciclopedia della forma racconto così come si è sviluppata storicamente e secondo un’ ideologia perfetta di dove appare. Non ci siamo mai messi a dire ‘Mettiamo questo ma allora manca quello’. Ci sono questioni pratiche. Le ripeto manca Calvino, lo sappiamo tutto benissimo e ci sarebbe piaciuto metterlo, ma non lo abbiamo potuto fare perché non ci hanno dati i diritti. Ma ci mancano tanti altri autori, probabilmente perché non ci sono venuti in mente, oppure perché non c’era un editore a cui potevamo chiedere. Non abbiamo voluto fare l’enciclopedia ragionata del genere racconto. R: L’attenzione di formato e grafica, è particolarmente attenta. Vi siete accorti che anche in questo avete fatto la differenza? S: Questo si, lo abbiamo fatto proprio apposta. Abbiamo chiesto a uno studio grafico di seguire la collana, di dare un’uniformità, una forma precisa e di renderlo accattivante. I libri non è che sono bellissimi, sono libri di carta molto banale, e sono libri destinati a un uso molto veloce, in treno …. . Da questo punto di vista il prodotto è povero, ma è ricco perché per cinquanta centesimi diamo un libro con una sua copertina ben fatta, il libro regge … non è chiaramente rilegato, se no ci sarebbero dei costi insostenibili, però è un prodotto elegante per il prezzo per cui hai pagato. È come dire: ti offro una vacanza a Parigi, paghi 100 euro … R: Un Low Cost. S: Si, certo non ti ospito al Méridien e però tu mi dici ‘Andare a Parigi per cento euro non ti capita mai’. R: Siamo al numero 69, durerà ancora a lungo questo inusuale e bel work in progress di Racconti D’Autore? S: … eh non lo sappiamo. Sappiamo di sicuro che arriviamo fino a dicembre, poi sinceramente questa non è una decisione che dipende da me, dalla redazione o dal marketing. E’ una valutazione che spetta alla direzione del giornale, agli editori ovviamente, perché ci sono tutta una serie di fattori che vanno valutati. Secondo me, non ultimo, il fatto che tu questi racconti gli hai letti per più di un anno e dopo i lettori cominciano un po’ … (ride) un po’ a scocciarsi. Io non posso dire questo, però non si può proporre indefinitamente qualcosa. PS: in dicembre come previsto è finita la collana col numero 78 del noto scrittore emiliano Paolo Nori . Reginaldo Cerolini Ottobre-Dicembre 2012 Reginaldo Cerolini, laureato nel 2008 in Antropologia Culturale e Etnologia è un libero ricercatore di Antropologia delle Religioni. Interessato allo Spiritismo brasiliano e ad alcuni aspetti del Buddismo contemporaneo (Tecniche di Meditazione e Vipassana), ha collaborato con la rivista Religioni e Società. Appassionato di letteratura internazionale e articolista d’occasione, fa interviste quando occorre. Attualmente vive a Bologna.
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