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Sagarana NUOVE PAROLE


Brano del saggio Sul cinema


Virginia Woolf


NUOVE PAROLE



 

Nessuno scrittore, probabilmente, desidera imporre al lettore il suo miserabile carattere, i suoi privati segreti e vizi. Ma è mai riuscito un qualsiasi scrittore, che non sia una macchina da scrivere – ad essere del tutto impersonale? Sempre, inevitabilmente, li conosciamo bene quanto i loro libri. È tale il potere suggestivo delle parole che essi spesso fanno di un pessimo romanzo un amabile essere umano, e di un buon romanzo un uomo che difficilmente tollereremmo in una stanza. Anche le parole che hanno centinaia d’anni posseggono questo potere; ma quando sono parole nuove lo posseggono così fortemente da renderci sordi all’intenzione dello scrittore – questo è quello che vediamo, quello che sentiamo. Ed è questa una ragione per cui la nostra opinione sugli scrittori
viventi è incontrollatamente mutevole. Solo con la morte dello scrittore le sue parole potranno in una certa misura farsi disinfettate, purificate dagli inconvenienti di un corpo vivente.
Ebbene, questo potere suggestivo è la più misteriosa proprietà delle parole. Chiunque abbia mai scritto una frase deve esserne consapevole o semicosciente.
Le parole, le parole inglesi, sono per natura cariche di riverberi, di ricordi, di associazioni. Sono state in giro per molti secoli, sulla bocca della gente, nelle loro case, per le strade, nei campi. E questa è una delle principali difficoltà nel metterle per iscritto adesso – esse sono state immagazzinate con i significati e i ricordi che hanno contratto da così tante e illustri unioni. La splendida parola ‘incarnadine’, ad esempio – chi potrebbe utilizzarla senza rievocare anche le ‘variegate acque’9? Un tempo, certamente, quando l’inglese era una nuova lingua, gli scrittori potevano inventare ed utilizzare nuove parole. Oggigiorno è abbastanza semplice creare delle nuove parole – esse
affiorano alle labbra ogniqualvolta assistiamo ad un nuovo spettacolo o proviamo una nuova sensazione –, eppure non possiamo adoperarle perché la lingua è vecchia. Non si può usare una parola nuova di zecca in un linguaggio antiquato a causa dell’evidente, eppure misterioso, fatto che una parola non è una singola e separata realtà, ma parte di altre parole. E non è davvero una parola sino a che non fa parte di una frase. Le parole appartengono l’una all’altra, benché, naturalmente, solo un grande scrittore sa che la parola ‘incarnadine’ richiama le ‘variegate acque’. Mettere insieme parole nuove con parole vecchie è fatale per la composizione di una frase. Per un uso corretto delle
nuove parole bisognerà inventare una nuova lingua; e ciò – sebbene indubbiamente ci arriveremo – non è al momento affar nostro. È affar nostro capire cosa possiamo fare con la lingua inglese così com’è. Come possiamo associare le vecchie parole a nuovi ordini affinché possano sopravvivere, creare bellezza, dire la verità? È questa la domanda.






Brano tratto del saggio Sul cinema, Mimesis edizioni, Milano, 2012. A cura di Sara Matetich.




Virginia Woolf
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