LA VIA DELLA SETE Rina Xhihani
Ciò che scrivo fa fatica ad inserirsi nel panorama contemporaneo dicono gli editori Ma io non so cosa significhi contemporaneo, perché il mondo là fuori mi sembra il solito vecchio mondo, il solito vecchio mondo rimbecillito finestre piccioni e riflessi che muoiono su se stessi fermacravatte sogni parcheggiati vestiti ammucchiati sulle sedie parcometri paure nude e mani mani mani che salutano si agitano accarezzano (troppo poco) si accaniscono sui barattoli dei cosmetici mani a cui nessuno ha mai mostrato il loro posto mani che spostano oggetti, testi sacri e destini polvere sulle mensole strade, ovunque strade giorni da dare in pegno amori derubati stanze di tutti i colori blu verdi rosse blu il mare che hai solo visto da lontano le vittorie che non hai visto nemmeno da lontano e sempre le stesse persone giuste che continuano a strizzare l’occhio ad altre persone giuste e la vita che s’impossessa di ciò che credevi tuo e progetti non tuoi che devi portare avanti cibi in scatola scatole cinesi carestie palloni colorati la terra; il tao delle ingiustizie. Si vive e si muore sempre per gli stessi motivi che quasi mai sono quelli giusti; non so come lo direbbero questo i miei colleghi contemporanei ma il concetto è tutto qui. Ad un certo punto i giovani smettono di scrivere poesie I pazzi sono sempre gli stessi ma mai nessuno s’è abituato a loro I ragazzi prima muoiono nelle loro stanze poi mentono agli amici al bar, gridano e chi lo vuole l’amore, chi ci crede! La moralità sempre fuori moda Uomini che fumano sigari da 10$ e fanno pensieri da pochi centesimi Uomini che rubano il cielo ai ciechi Dietro le finestre sempre i soliti invisibili in attesa Ma certo questo dev’essere così poco moderno da scrivere Io so solo che bisogna abituarsi agli spazi vuoti e al silenzio se si vuole inseguire la vera bellezza o sopravvivere mentre la mattina presto Paolo parla alla sua fidanzata immaginaria alla fermata della linea 2 e degli operai insonnoliti cambiano l’insegna dell’ennesimo negozio alla moda chiuso per fallimento E la sera, conclusa l’ennesima giornata non-eccezionale, me ne ritorno a casa infreddolita Nel mio immaginario giornalisti galleristi e critici d’arte s’affollano come animaletti coprofagi Le signore dabbene in stazione centrale continuano a calpestare i barboni distratte dai cartelloni pubblicitari mutande di lusso dal design esotico 49.98$ Mentre dall’alba dei tempi mille anime dorate si spengono senza un lamento, scriva qualcosa di più moderno incalzano gli editori ma ho appena bevuto un goccio di vino comperato al discount e credo che sonnecchierò per il resto del viaggio seduta qui in seconda classe. Rina Xhihani nasce in Albania in un caldo pomeriggio di luglio del 1986. Della sua infanzia ricorda ciò che si ricorderebbe qualsiasi altro bambino, i prati, il cane, le ginocchia sbucciate, il Natale, i nonni, le merende abbondanti, i continui trasferimenti e gli scatoloni dei libri di famiglia che li seguivano in ogni nuova casa. Si potrebbe scrivere che “già a cinque anni componeva poesie bellissime”, ma questo non se lo ricorda. Ricorda invece che le notti insonni cominciarono quando scoprì Balzac, e non molto tempo fa, guardando I quattrocento colpi di Truffaut, si accorse di non essere stata l’unica ad aver eretto un altarino per onorarlo! All’età di 15 anni pubblica con la casa editrice Egnatia due raccolte di poesie in lingua madre “Animo d’amore” e “Sono” ; piccoli componimenti che parlano alla natura, ai fiori azzurri sul prato di casa, parlano all’umanità – sinceri nelle esagerazioni e nell’amore come solo un bambino saprebbe essere. Il coraggio dei primi versi che è pura incoscienza ma allo stesso tempo pura mancanza di egocentrismo. Il trasferimento in Italia con la propria famiglia non fu affatto un evento spiacevole – forse per colpa dei sogni d’avventura twainiani, o forse grazie ad un piccolo satori vissuto guardando chissà quale orizzonte: I distacchi non sono fisici. Durante gli anni del liceo messa da parte la poesia (almeno per poco) si dedica alla musica e alla scrittura di opere teatrali. Grazie al sostegno del preside della scuola e degli amici fidati, fonda la compagnia teatrale I Sognatori, con la quale debuttano per due anni consecutivi al teatro San Prospero con spettacoli autoprodotti. Consumati gli anni reggiani arriva l’università e Milano. Nuove avventure, nuovi orizzonti, nuove scoperte. La poesia ritorna con prepotenza – e non poteva essere altrimenti. Così nel luglio 2008 esce il volumetto Fotogrammi pubblicato da Aletti Editore Dopo Milano arriva Parigi. E grazie ai continui trasferimenti i suoi versi pare si trasformino, la sensibilità cambia, i gusti letterari si ampliano, l’attenzione si rivolge sempre a nuovi elementi. Con Parigi arriva l’interesse per il cinema orientale, per la cultura gitana, ritorna quello per l’haiku e quello per la tanto amata beat generation. Reggio Emilia invece rimane sempre il porto tranquillo dove mettere in ordine le sensazioni, dove affrontare gli sconvolgimenti, dove far parlare i ricordi, dove condividere le esperienze. In una piccola stanzetta del centro storico sono stati scritti quasi tutti i nuovi componimenti durante gli ultimi cinque anni di “silenzio stampa”. Ogni evento è stato fatto confluire in un verso, in un immagine, in un impressione e tutto questo è stato incluso nella nuova raccolta in via di pubblicazione, intitolata “Questo non è un attentato”
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