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Sagarana MARCELLA BOVISIO


Brano tratto dal romanzo Il sasso dentro


Ivan Della Mea


MARCELLA BOVISIO



 

(…) Alle otto di mattina Paco è da Marcella Bovisio. Ci va tre volte alla settimana. Lei ha ventitré anni, vive con la madre sessantenne.
La casa è un bilocale con cucinino e bagno, in un casermone di Quarto Oggiaro. La casa dice decoro e miseria. Dice anche malattia. Marcella ha otto anni: una febbre improvvisa, violenta, anomala; arriva il pediatra; diagnosi: polmonite virale e pertosse; cura: quattro iniezioni progressive dalla prima, la più debole, alla quarta, la più forte; l’infermiera si sbaglia, comincia dalla quarta; choc anafilattico; afasia; Marcella rischia di morire per soffocamento; la salvano; guarisce; niente più polmonite, niente più pertosse; ma non riesce ad alzarsi; non sta in piedi; altre visite; diagnosi: tetraplegia distonica; la causa? non si sa; l’errore dell’infermiera? non si sa; da allora, la vita è il letto o la carrozzella ed è il padre che muore, muore giusto,
giusto in tempo si fa per dire, per comprare la casa, per mettere insieme uno straccio di pensione; e Marcella ha ricordi di giochi, di cortili, di corse, di passeggiate: i suoi otto anni; poi il mondo diventa piccolo piccolo e lei che cerca di allargarlo leggendo, guardando la televisione, studiando; è maestra Marcella, senza scolari certo, eppure l’ha voluto quel diploma e Paco pensa spesso al desiderio di vita di lei e al desiderio di morte di
suo fratello e quando ci pensa s’incazza e gli capita di pensarci, a volte, quando è con Marcella, che se ne accorge e lo guarda con quei suoi occhi enormi pieni di voglia di vedere, dolcissimi, e gli sorride con quella sua malinconia lunga quindici anni: il tempo della pena. Marcella e la sua storia. Scrive poesie. Ne ha scritta una. La porge a Paco che legge, mentre beve il caffè offertogli dalla signora Bovisio. Paco sorride col groppo in gola. Fissa Marcella negli occhi e non sa perché né gli importa saperlo, ma vede sua moglie Anna e Sasha nello sguardo di lei; vede un suo tempo buono, bello, e scopre che Marcella gli dà più di quanto lui dia a lei, scopre – una volta ancora – che la sua diversità che è malattia, pena, emarginazione, è anche una ricchezza grande per lui, una ragione che può ridare un senso alla sua vita, domani, con Anna e Sasha. E con Marcella.
«Vogliamo andare?» dice Paco posando la tazza del caffè nell’acquaio.
«Oh, sì» dice Marcella «io sono pronta.»
Paco prende la carrozzella, esce, scende e la deposita in cortile, aperta. Risale. Solleva Marcella, la tiene tra le braccia. Le gambe di lei penzolano, disarticolate, morte.
«Stia attento sulle scale, signor Andena, sono strette e buie» dice la madre di Marcella. Lo dice sempre.
«Non si preoccupi, signora» risponde Paco, come sempre.
«Dio le renda merito per quello che fa.»
«È fatica credere, signora. Io non credo per chiedere e nemmeno per avere. Se Dio c’è, ha certo cose più importanti da fare che rendere merito a me. Comunque, ho l’impressione che sia un po’ distratto da qualche tempo a questa parte.»
La madre vorrebbe ribattere, ma ci rinuncia. Scuote la testa e scrolla le spalle. Si abbandona sulla sedia, con una stanchezza infinita che ha il peso degli anni, della solitudine vedovile e della dolcezza di quella compagnia filiale così cara e così penosa.
«Mi stia su, signora Bovisio» dice Paco. «Oggi Marcella è felice e anche lei deve esserlo, per Marcella e per se stessa.»
«Ha ragione, signor Andena...»
«Paco» dice Paco.
«Signor Paco» dice la mamma di Marcella. «Dio le renda...»
«Okay, Dio farà come meglio crede. Ci vediamo a mezzogiorno, signora Bovisio, e grazie per il caffè.»
Paco esce con Marcella in braccio. Scende piano, cercando i gradini. Depone la ragazza sulla carrozzella. Attraversano il cortile. Escono. C’è una traccia di sole: un pallore tiepido, anemico, velato e mefitico. Il traffico a quell’ora è caos, i pedoni sembrano essere alieni, altri, in un mondo di macchine, camion, autobus. “Quarto Oggiaro è periferia dura” pensa Paco, mentre spinge la carrozzella sul marciapiede. Giornalisti stronzi lo chiamano Bronx per quella voglia d’amerika che un pennaiolo buzzurro ha sempre dentro: l’effettaccio, la notizia spettacolo, il titolo acchiappafessi. Quarto Oggiaro è Quarto Oggiaro. Periferia ad alta densità. Quartiere dormitorio. Milano ha un grande cuore, nel centro forse, ma le sue estremità rischiano la
cancrena, puzzano, hanno le unghie lunghe e orlate di nero, la pelle è povera, anemica: poco sangue. (…)






Brano tratto dal romanzo Il sasso dentro, Marco Tropea editore, Milano, 2012. Prima edizione Interno Giallo editore, 1990.




Ivan Della Mea
Ivan Della Mea, pseudonimo di Luigi Della Mea (Lucca, 16 ottobre 1940 – Milano, 14 giugno 2009), cantautore e scrittore italiano.




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