DAL CAPOUFFICIO Brano tratto dal romanzo Un borghese piccolo piccolo Vincenzo Cerami
(…) Entrò nell'ufficio del dottor Spaziani con la disinvoltura di chi si muove per casa.
«Ciao dottor Spaziani!»
«Ciao Giovanni, come va?» disse il capoufficio alzandosi.
«Bene», rispose il subalterno andando verso di lui con la mano tesa lasciando la porta aperta, «ti disturbo un attimo per via di Mario... sai!?...»
«Tuo figlio?... Il ragioniere, no?...» domandò alzando anch'egli il braccio verso Giovanni.
«Vorrei fargli fare il concorso... Ecco, qui ho il bando!» disse Giovanni, sedendosi. II dottor Spaziani si rimpicciolì nelle spalle e quasi in punta di piedi andò a chiudere la porta.
«Bene, vediamo quello che si può fare...» Si espresse il dottore tornando verso la scrivania. «Dammi qui, fammi vedere.»
Giovanni consegnò gli stampati nelle mani del capoufficio che li scorse velocemente.
«Duemila posti... ma almeno dodicimila concorrenti, caro Giovanni!... Non è tanto facile come credi!» disse affranto il capoccia.
«Devono prendermelo... Dopo trent'anni che mi sono mangiato il fegato qua dentro...» rispose con un accenno di minaccia Vivaldi.
«Ascoltami Giovanni», Si fece paternale il capo, «la legge è uguale per tutti i giovani... Davanti alla legge i nostri figli sono uguali a quelli di un tassinaro o di un muratore. Che cosa ci vuoi fare?... La legge è fatta così!...» finì sempre più affranto il dottor Spaziani.
«Ma è ingiusto», replicò furibondo Giovanni. «Ci sarà pure un modo per assicurare a Mario un posto qui dentro... Dopo tutto il Ministero mi deve trent'anni di sudore pagato quattro soldi...»
«Il Ministero?» cadde dalle nuvole il dottore. «Quale Ministero?! E chi è questo Ministero?... Ascoltami... tu lo sai che ti ho sempre trattato bene... È da tanto tempo che ci conosciamo, non è vero?»
«Ventidue anni, quattro mesi e diciotto giorni», rispose con un mezzo sorriso malinconico Giovanni.
«E allora credimi... Sai bene che tuo figlio deve superare gli esami. Gli esami si svolgono tramite due prove, una scritta e una orale. Insomma, così, detto brutalmente: agli orali ci pensiamo noi... ma agli scritti ci deve pensare solo tuo figlio. Lui si preoccupi di superare gli scritti... poi il più è fatto...»
«E se non li supera?» spalancò gli occhi l'anziano padre.
«Deve farcela!» sentenziò secco il capoufficio. Giovanni sentì la carne staccarsi dalle ossa e afflosciarsi sulla sedia.
«Capisci Giovanni?... Gli scritti vanno depositati in busta chiusa e sigillata e all'esterno non c'è scritto niente, non c'è mica scritto Ragionier Vivaldi!... E solo dopo che è stata espressa la votazione si possono aprire le buste che contengono i nominativi dei concorrenti...» cercò di persuaderlo il superiore.
«Allora non c'è proprio niente da fare?» domandò sconsolato Giovanni. «O supera gli scritti o è fregato... Dodicimila concorrenti sono tanti. È difficile...»
«Non solo, mio caro Giovanni, ma tra quei dodicimila molti sono laureati e sperano di entrare come gruppo B per fare il concorso interno e passare al gruppo A... E capisci... quelli agli scritti vanno proprio forte... sono quasi tutti avvocati...»
Giovanni vide per un momento la stanza girargli intorno vorticosamente, poi si coprì di sudore e cominciò a impallidire.
Il dottor Spaziani si accorse del malore del subalterno e si accostò a lui come per rinfrancarlo.
Ma Giovanni si riprese quasi subito.
«Aiutami, Spaziani... Non ti ho mai chiesto niente in ventitré anni di conoscenza... Ma ora devi fare qualcosa per me, per mio figlio che hai visto nascere...»
Il dottor Spaziani si accese una sigaretta e intanto pensava, scrollò il capo due o tre volte e fissò a lungo il suo interlocutore. Giovanni, senza accorgersi, si tese in avanti sempre più, fino a ritrovarsi seduto sullo spigolo della sedia. Proprio quando stava per cadere, il capoufficio, con aria severa e volto trasformato, chiese a Giovanni con un filo appena di voce:
«Un tentativo si può fare... ma dipende da te!» «Cosa?» domandò Giovanni facendosi sempre più sotto con l'orecchio.
«Hai mai sentito parlare di Massoneria?» gli domandò il superiore con gli occhi un po' mistici. «Così... vagamente», rispose Giovanni.
«Bene... fatti massone», gli ordinò il capoufficio. «E come si fa?» domandò pieno di speranza Giovanni, che intanto stava riprendendo colore.
«Ci penso io. Tieni, prendi questi», ed estrasse da un cassetto chiuso a chiave tre o quattro opuscoletti con la copertina celeste scolorita ai bordi, vecchie edizioni stampate nei primi anni del dopoguerra. «Leggili con cura e dopo ne parliamo. Ma mi raccomando: acqua in bocca... Leggili e ridammeli. Non farli toccare a nessun altro... se no addio a tutto...»
Il dottor Spaziani si alzò e s'incollò quasi all'anziano protetto, gli spalancò la giacca e gli infilò gli opuscoli sotto l'ascella sudata. Lo accompagnò alla porta: «Ci vediamo domani... Riportami quella roba...»
«Certo, certo!» rispose l'impiegato ritraendosi un po' stordito.
Quando Giovanni lasciò l'ufficio e risalì in macchina per un attimo credette di avere vent'anni.
Si sentiva bene, pieno di energia. Qualsiasi persona che sia fisicamente a posto può veramente credere di avere vent'anni. E per Giovanni fu così, anche se la sensazione durò poco. Innestò con violenza la marcia e partì di gran furia, senza guardare avanti, bensì verso due belle e bianche gambe di una ragazzina in mini-gonna.
Mandò un fischio di apprezzamento, accompagnato da una smorfia e seguito da un lurido insulto. La ragazzina gli spernacchiò dietro e lui rispose con un rutto profondo. Brano tratto dal romanzo Un borghese piccolo piccolo, Corrieri della Sera / Garzanti libri, Milano, 2002. Prima edizione 1976. Vincenzo Cerami è nato nel 1940 a Roma, dove vive. Tra le sue opere narrative Un borghese piccolo piccolo, da cui Mario Monicelli ha tratto l’omonimo film con Alberto Sordi, Amorosa presenza (1978), Tutti cattivi (1981), Ragazzo di vetro (1983), La lepre (1988), Fantasmi (2001) e i volumi di racconti L’ipocrita (1991) e La gente (1993). Del 1997 è Fattacci, e del 2002 Consigli a un giovane scrittore.
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