UN AMORE COSì Brano tratto dal romanzo Il pugnale di Rosaura Álvaro do Carvalhal
L’aurora gettava ormai la sua luce livida sui picchi piramidali delle montagne, quando, intorpidito e turbato dai vapori infetti dell’orgia, entrai nel mio camerino.
Al frusciare della cortina, accortasi della mia presenza, Rosaura soffocò in fretta il pianto ostinato e sciolse sulle spalle i lunghi capelli corvini, fissandomi col volto acceso da un miscuglio di sentimenti contrastanti.
Riposava il corpo lascivo fra i morbidi cuscini di un ricco divano, la stoffa soffice della sua vestaglia non nascondeva ai miei occhi le sue dolci curve, i contorni di una figura che ricordava d’immediato la voluttuosa negligenza di un greco ideale di bellezza.
Tuttavia, nell’immobilità serena, nei capelli sparsi e nelle palpebre arrossate, in qualche lacrima che, ogni tanto, le tremava sulle guance come una bacca cristallina, trasparivano in modo inequivocabile i tormenti di una Maddalena pentita.
Rosaura possedeva nella fisionomia gentile la perfetta manifestazione della sua anima ardente. La sua era una natura straordinaria, per il complesso di elementi diversi e opposti che la componevano. Nobile orgoglio; immaginazione febbrile che facilmente si esacerbava nell’invenzione di cose impossibili, di fantasmi e altri orrori; un’impazienza delirante nell’aspirare all’ignoto propria di un’indole veementemente nervosa e sensibile; tutto ciò che di più dolce e pudico c’è nella vergine, condito magicamente con un tantino di libidinoso abbandono da peccatrice: ecco le qualità che mettevano in luce questa giovinetta così originale.
Sapeva diventare selvaggia, quando accesa dalla gelosia! Ogni sospiro nascondeva una tempesta, una tempesta che un mio semplice gesto di tenerezza aveva il potere di scongiurare.
Era cresciuta sotto l’influsso ardente del sole d’America, di quel sole potente che si infiltra nel sangue come una lebbra invisibile. E in questo risiedeva, a mio giudizio, parte del segreto della sua indole.
A Óbidos, davanti alla maestosa imponenza del Rio delle Amazzoni, ci scambiammo i nostri dolci giuramenti. E, vittima del mio fascino, non volle lasciarmi mai più.
Mi amava davvero! Di un amore folle, insaziabile e ferino.
A volte rientravo nel cuor della notte, stordito dal nettare di bacco che mi faceva delirare, e la vedevo corrermi incontro, agile ed elastica, come una pantera. All’improvviso, però, si sfogava in un pianto caldo di lacrime e, come una docile tortora che accarezza volontariamente l’ingrata prigione che la sottrae alla libertà, cadeva affranta ai miei piedi, come una schiava.
Io ero allora come tutti gli uomini che, giunti infine alla meta agognata, intorpiditi, si abbandonano al molle abbraccio dell’indifferenza e della soddisfazione.
Mi sentivo dunque sazio. Il fascino che esercitavo su quella poveretta era, lo sapevo bene, comparabile solo a quello che si attribuisce ad alcuni rettili americani. Era la fatalità della mala sorte che la avvicinava a me. E lei mi sfiorava le braccia come in preda alla febbre, come chi, incapace ormai di dolci speranze, non desidera altro che gettarsi in uno strapiombo. Era un amore così, indescrivibile, incommensurabile, unico.
E tanto basta per soddisfare la più esigente delle vanità. (…) Il racconto integrale sarà pubblicato prossimamente dalla nuova casa editrice italiana Vittoria Iguazu Editora, nella raccolta Racconti di Álvaro do Carvalhal. Traduzione di Clelia Bettini. Álvaro do Carvalhal Sousa Teles (Argeriz, 3 febbraio 1844 – Coimbra, 14 febbraio 1868) è stato uno scrittore portoghese. La vita di Álvaro do Carvalhal è stata breve. Nacque ad Argeriz, una piccola località della regione Trás-os-Montes e Alto Douro. Frequentò il liceo umanistico a Braga, dove iniziò a pubblicare poesie e prose nei giornali locali e iniziò a comporre il suo primo "romanzo" (termine col quale definiva i suoi racconti). Nel 1862 pubblicò il dramma «O castigo da vingança!». Nello stesso anno si iscrisse alla scuola di diritto dell'Università di Coimbra, città dove allacciò rapporti con la redazione della rivista A Folha e con alcuni giovani intellettuali, soprattutto José Simões Dias (1844-1899) e João Penha, che in seguito faranno parte della cosiddetta "Geração de 70" ("Generazione del 70" o "Generazione di Coimbra"). All'età di 24 anni, quando frequentava il quarto anno di scuola di diritto a Coimbra, gli fu diagnosticata la presenza di aneurisma. Angosciato e consapevole del poco tempo che gli rimaneva da vivere, cercò di organizzare la raccolta dei suoi racconti, che però non riuscì a rivedere completamente: i suoi Contos saranno pubblicati postumi a cura di José Simões Dias. Fra i Contos è compreso il racconto lungo Os canibais (in lingua italiana: I Cannibali), considerato unanimemente il capolavoro di Carvalhal e uno dei più alti esempi del genere nero. Il racconto ha conosciuto negli ultimi anni un notevole successo grazie soprattutto al film omonimo di Manoel de Oliveira diretto nel 1988 su libretto e musica di João Paes. Opere: O castigo da vingança! (1862). Contos (1868) Contos, fixação de texto e posfácio de Gianluca Miraglia, Lisboa: Assírio e Alvim, 2004. 6 contos frenéticos, escritos por Álvaro do Carvalhal; introdução, notas, revisão ortográfica e pontuação de Manuel João Gomes, Lisboa: Editora Arcádia, 1978. Os canibais, Coimbra: Alma Azul, 2004.
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