SCANTUSO Brano tratto dal libro Il gioco della mosca Andrea Camilleri
Viene da « scantu », spavento, e significa tanto cosa che fa paura quanto chi è di natura pauroso.
Nel 1911 Luigi Pirandello dettò una lapide per l'inaugurazione delle scuole elementari del mio paese, lapide che in una decina di righe condensa il tema de I vecchi e i giovani. Nel 1932 (o '33 ?) venne costruito sempre per le scuole un nuovo e più grande edificio, ma questa volta si vede che Pirandello non aveva nessuna voglia di dettare una nuova lapide: propose che il marmo inciso venisse staccato dalla parete vecchia e murato su quella nuova. Forse, a vent'anni e passa dalla dettatura della lapide, non aveva niente di nuovo da dire in proposito. Assicurò la sua presenza, e fu di parola. E quindi un pomeriggio, verso le tre di dopopranzo, mentre me ne stavo in mutande a leggere un libro della collana Mondadori che si chiamava Il romanzo dei ragazzi, e i miei saporitamente dormivano — faceva caldo — sentii bussare alla porta e andai ad aprire. Il cuore mi fece un balzo. Davanti a me c'era un vecchio che mi sembrò gigantesco, con la barba a pizzo, vestito con una divisa che pareva d'ammiraglio, feluca, mantello, spadino, alamari, oro a non finire ricamato dovunque. Non sapevo allora che quella era la divisa di accademico d'Italia. Mi guardò, mi domandò con un accento delle nostre parti:
«Tu sei nipote di Carolina Camilleri?».
«Sì» risposi tremando, quell'uomo era veramente scantusu.
«Me la puoi chiamare? Digli che c'è Luigino Pirandello che la vuole vedere».
Entrai nella camera della nonna, la svegliai scuotendola.
«Nonna, di là c'è uno che si chiama Luigino Pirandello».
La nonna saltò dal letto, buttò stralunata i piedi per terra, ebbi l'impressione che si fosse messa a lamentarsi mentre affannosamente si rivestiva. La sua reazione mi spaventò di più. Corsi in camera da letto dei miei genitori, li svegliai, dissi che di là c'era un uomo scantusu che si chiamava Pirandello e che voleva vedere nonna Carolina. La reazione di papà e mamma letteralmente mi atterrì. Scappai verso un rifugio che sapevo sicuro ma prima ebbi modo di vedere lo scantusu e mia nonna abbracciati, lei piangeva, lui la teneva stretta, le batteva una mano dietro le spalle e diceva che pareva si lamentasse:«Ab, la nostra giovinezza! La nostra giovinezza! ».
Il seguito non lo seppi mai, perché mi nascosi sotto lo scagno di mio padre, mi tappai le orecchie, serrai gli occhi e soffocai i singhiozzi. Poi ci fu la guerra d'Abissinia e io, che avevo dieci anni o quasi, feci domanda di volontario con il mio amico Benuzzu. A casa non ne dicemmo niente e per mesi non ricevemmo risposta.
Poi un giorno mio padre mi disse che il professor Pirandello voleva parlarmi. Sobbalzai, di colpo sudato.
«U scantusu ? Il signor Luigino?».
«No, suo fratello».
Innocenzo Pirandello, che insegnava presso le scuole commerciali, era il presidente locale dell'Opera nazionale balilla, alla quale appartenevo. Ma non l'avevo mai visto né alle adunate del sabato né alle grandi manifestazioni.
Mi ricevette a casa sua, non aveva niente di scantusu come suo fratello, anzi teneva uno scialletto sulle spalle e pareva preciso mio nonno (uno scialletto simile a quello che tanti anni dopo, a Roma, avrei visto sulle spalle di suo nipote Fausto, il pittore, che mi onorava di una silenziosa amicizia). Mi consegnò una lettera firmata con la grande M di Mussolini: il duce mi elogiava per aver fatto domanda di volontario, diceva che per ora non aveva bisogno, che mi avrebbe utilizzato in futuro perché non sarebbe mancata occasione di servirsi di un picciotto coraggioso come me. Quando un giorno mio padre portò a casa un giornale nel quale era scritto che Luigi Pirandello era morto e a mia nonna spuntavano le lacrime, io, lo confesso, ne provai un senso di sollievo, mai più sarebbe apparso di primo dopopranzo a farmi spavento. È questa la ragione per cui, diventato regista, mi sono deciso a mettere in scena assai tardi le opere di Pirandello? Forse, ma il fatto è che, imbattutomi nella prima commedia, da allora mi invischiai nelle altre come una mosca nella carta moschicida, e ci ragionai sopra giorno e notte, e ne scrissi, e ne parlai, e mi ci cimentai sul palcoscenico con alterna fortuna. Nel 1979, in occasione di un mio spettacolo che comprendeva I giganti della montagna e La favola del figlio cambiato, il critico teatrale del « Tempo », Giorgio Prosperi, scrisse: «Camilleri non solo è un esperto pirandelliano, ma è di Porto Empedocle, lo sbocco al mare di Agrigento. Come dire che lui con Pirandello è di casa, gli dà del tu, e può permettersi libertà del resto autorizzate da lunghissimo studio e frequentazione». È vero che con Pirandello almeno i miei sono stati di casa ed è anche vero che lungamente l'ho studiato e «frequentato». Ma non mi sono mai preso nessuna libertà e non mi è mai passato per l'anticamera del cervello di dargli del tu. Mentre scrivo queste righe mi accorgo di avere quasi la stessa età che aveva lui quando venne a casa mia e io, bambino, andai ad aprirgli la porta: bene, ancora oggi, se a lui devo rivolgermi, gli do del «voscenza», che significa vostra eccellenza. Brano tratto dal libro Il gioco della mosca, Sellerio editrice, Palermo, 1997. Andrea Camilleri nasce nel 1925 a Porto Empedocle, in Sicilia. È considerato universalmente uno dei migliori giallisti italiani. Il suo esordio nella narrativa è del 1978, quando viene pubblicato, a pagamento, il suo primo libro, intitolato Il corso della cose: si tratta di un insuccesso, che comunque non scoraggia le ambizioni letterarie di Camilleri. Nel 1980 pubblica invece con Garzanti Un filo di fumo, primo di una serie di romanzi ambientati in Sicilia a cavallo tra l'ottocento e il novecento, grazie al quale vince il suo primo premio letterario, a Gela. Nel 1992, dopo una pausa di ben 12 anni, riprende a scrivere, pubblicando La stagione della caccia, per Sellerio Editore. Si tratta del primo vero successo dell'autore siciliano, confermato poi con La forma dell'acqua, romanzo poliziesco con protagonista il Commissario Montalbano, il personaggio sicuramente più fortunato uscito dalla penna di Camilleri. Dal 1995 al 2003 le opere del narratore di Porto Empedocle diventano fenomeno di costume, grazie al grande successo di titoli come Il birraio di Preston e La mossa del cavallo. La serie televiva del Comissario Montalbano lo consecra al grandissimo pubblico, aprenodogli le porte alla vasta platea del piccolo schermo. Negli ultimi anni prosegue la prolifica attività di scrittore di Camilleri, con altri romanzi incentrati sulla figura del Comissario Montalbano (tra gli altri La vampa d'agosto e La pista di sabbia e altri apprezzati lavori come Il tailleur grigio e Il casellante.
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