IL “RUSTICO OLANDESE” Brano tratto dal saggio biografico Mio fratello Vincent Elizabeth van Gogh
Un ragazzo di diciassette anni, con una corporatura tarchiata, la schiena leggermente incurvata per l'abitudine errata di tenere la testa bassa, i capelli rossicci tagliati corti sotto il cappello di paglia, che faceva ombra a uno strano viso; di sicuro non quello di un giovane. La fronte prominente e già solcata di rughe leggere, con le sopracciglia contratte per l'intensità delle sue riflessioni, sopra occhi piccoli e infossati di colore cangiante, fra il blu e il verde, a seconda della profondità dell'impressione che suscitava in lui la presenza di tutto ciò che lo circondava. Già in così giovane età, dal suo aspetto sgraziato emergeva la profondità di tutto il suo essere. I suoi fratelli e sorelle gli erano estranei; la sua stessa persona gli era estranea, come lo era la sua giovinezza.
Non ancora adulto, il suo genio era già totalmente presente in lui, ma lui non ne era consapevole, come un neonato che non sa che cos'è una madre, benché ne riconosca la voce. Per motivi di famiglia, al termine degli studi era naturale che intraprendesse la strada del commercio; alla partenza, il direttore della scuola aveva augurato ai genitori una buona riuscita per quel figlio così promettente. A quei tempi, e ancora oggi, un apprendistato nel settore del commercio d'arte era un privilegio; in particolare presso Goupil, che svolgeva questa attività a livello internazionale. L'azienda parigina aveva infatti sedi a Berlino, New York e Londra, oltre alle filiali all'Aia e a Bruxelles. Il futuro pittore svolse il suo primo apprendistato all'Aia, quindi fu trasferito a Bruxelles, e infine a Parigi. Inizialmente, le attività di un apprendista si limitavano a quelle di un giovane commesso di libreria: impacchettare, spacchettare, avvolgere foto e incisioni nella carta e aiutare a disporre i dipinti nelle casse per la spedizione.
I genitori ricevettero una lettera da cui appresero che, benché il figlio inizialmente all'Aia e anche a Bruxelles fosse risultato piuttosto capace, soprattutto per gli aspetti pratici, la sua timidezza, e qualche volta la sua scarsa propensione per le relazioni, rischiavano di diventare un problema insormontabile per una proficua carriera nel commercio d'arte; e che questi tratti di carattere allontanavano soprattutto il raffinato pubblico di Parigi, non ultimo le signore che facevano mostra di intendersi d'arte, e che affermavano di non voler essere servite da quel `rustico olandese', come lo chiamavano. Se non fosse stato per il rapporto di parentela con uno dei direttori, continuava la lettera, sarebbe già stato allontanato. Ora sarebbe stato trasferito alla sede di Goupil di Londra. Forse il carattere degli inglesi gli sarebbe risultato più congeniale. Per i genitori questa comunicazione fu un fulmine a ciel sereno. Benché consapevoli delle stravaganze
del figlio maggiore, erano talmente avvezzi a sentirlo elogiare che mai si sarebbero immaginati che avrebbe gettato via il suo futuro con tanta noncuranza. Sei settimane più tardi, quando il figlio scrisse loro che si era definitivamente licenziato, ne furono profondamente rattristati. Nel corso di una discussione con il suo capo, aveva affermato senza trattenersi che il commercio era una corsa al guadagno, e che la corsa al guadagno era un furto legalizzato. Lui con questo non voleva avere nulla a che fare! Dopo questa dichiarazione era stato allontanato. Ma i genitori non dovevano preoccuparsi per lui; gli era stato pagato un mese di stipendio in più, e aveva già trovato un altro lavoro. Un vicario, un religioso con voti minori della chiesa anglicana, la cui misera paga non era sufficiente a soddisfare le necessità di una famiglia numerosa, aveva aperto una scuola per integrare, e gli aveva offerto un posto di insegnante di francese. Dopo la partenza da casa, la timidezza che lo caratterizzava nel parlare non si manifestava invece nelle sue lettere: scriveva molto, e di vari argomenti. Il suo stile, in quel momento, aveva qualcosa di brusco, come se le profonde impressioni che lo colpivano dovessero sedimentare nel suo cuore prima che lui potesse esprimerle in altro modo. Partendo da un quadro più ampio, si soffermava sui particolari più minuti, proprio come fa un artista, descrivendo paesaggi, angoli soleggiati, scorci di vie o piazze, confrontando tutto ciò che gli era nuovo con ciò che già conosceva nel suo paese o nel luogo di nascita. Non sorprende che aggiungesse alla sua descrizione immagini tratteggiate con poche linee tracciate a penna, per illustrazione.
Quando le rette non venivano pagate puntualmente, occorreva recarsi a parlare con i genitori, prima di allontanare i ragazzi o prendere provvedimenti più severi. Per il compito poco qualificato di riscuotere le rette, il direttore si servì del giovane insegnante, affidandogli un incarico per nulla adatto alla sua natura e predisposizione. Con una mappa di Londra in tasca e un elenco di indirizzi, si mise in marcia portando con sé soltanto il denaro necessario per il viaggio. Non più straniero a Londra, avvezzo a tutte le stagioni, in cerca dell'indirizzo giusto fra strade note e ignote, riuscì a trovare anche le persone che nel frattempo avevano cambiato indirizzo.
Il suo datore di lavoro era soddisfatto: poiché le visite non erano annunciate, le persone non avevano avuto il tempo di sottrarsi, e l'incaricato aveva incassato più denaro di quello che il direttore era riuscito a riscuotere per altre strade. Il giovane non conosceva la paura. Come dice Carlyle, "una caratteristica del genio è che non teme nulla e nessuno". Poteva trattarsi dei quartieri più infimi e malfamati, quelli in cui la mancanza e la necessità rivelano la lotta per la vita sui volti delle persone, incurvano le schiene e contraggono i lineamenti del viso; e chissà, forse fu proprio qui che il pittore lesse l'espressione di dolore che ritrasse in seguito sui volti dei suoi Mangiatori di patate del periodo trascorso nel Brabante, quando raffigurò sulla tela una famiglia di lavoratori riunita per la misera cena intorno a un piatto di patate. Se inizialmente il vicario era stato soddisfatto della scelta di affidare all'olandese, inadatto per l'insegnamento, la riscossione delle rette, il secondo viaggio non diede il risultato sperato: preparati alla visita di esazione, i bottegai dichiararono di non avere denaro a disposizione, e raccontarono delle loro privazioni, ancora più attanaglianti e disperanti del più grave stato di necessità in campagna. Il cuore del giovane olandese sanguinava nell'ascoltare i racconti di esistenze umane così infelici, trascorse in vicoli maleodoranti e privi di aria pulita, e dove i mali del corpo e dello spirito minacciano ogni nuova vita come maligne ombre invisibili; dove i vecchi trascinano le loro giornate senza speranza, e dove i bambini vengono al mondo come adulti consumati, non potendo mai assaporare la vera gioia dell'infanzia. Per tutto questo, il suo cuore sanguinava; lui dimenticò di essere venuto per denaro e ritornò con le tasche vuote e il cuore colmo di tristezza. Quando volle riferire al suo datore di lavoro tutto ciò che aveva visto e ascoltato, questi lo interruppe chiedendogli soltanto il denaro. Quando seppe che i tentativi erano falliti, lo licenziò su due piedi. Con le scarpe consunte e senza prospettive, il giovane ritornò alla casa dei genitori. Grande fu la loro delusione; ma ancora maggiore fu la loro preoccupazione. Comprendevano perfettamente che questo figlio "fuori del normale", come lo definiva la madre, era la causa di tutti questi fallimenti. Fortunatamente fu trovato per lui un lavoro presso una nota libreria. La sua cultura e la sua conoscenza dei libri gli vennero in aiuto, come la sua facilità per le lingue.
Nel cuore dei genitori rinasceva la speranza: per il figlio maggiore si apriva un nuovo futuro. Mentre il secondogenito aveva assunto la posizione e le prospettive offerte da casa Goupil, per le quali il fratello si era rivelato inadatto, potevano ora sperare il meglio anche per quest'ultimo. Forse la strada intrapresa non era quella giusta per lui, totalmente in contrasto con la sua natura e con la sua tendenza innata all'isolamento e alla riflessione. Uno zio, fratello del padre, che risiedeva nelle vicinanze del cantiere navale di Amsterdam, nel periodo degli studi preparatori offrì al nipote vitto, alloggio e il costo dello studio delle lingue antiche, necessarie per sostenere l'esame propedeutico. In pochi mesi padroneggiava il greco e il latino, aiutato da un ripetitore israelita il cui nome è noto ancor oggi, benché l'uomo ormai da tempo non appartenga più al regno dei vivi. Nel frattempo i genitori, nel paesino lontano dalla capitale, un villaggio di confine del Brabante, sognavano il suo futuro. (…) Brano tratto dal saggio biografico Mio fratello Vincent, Via del vento edizioni, Pistoia, 2012. A cura di Francesca Degani. Elizabeth Huberta van Gogh, detta Lies, nacque il 16 maggio 1859 da Theodorus van Gogh, pastore protestante a Groot-Zundert, nel sud dell'Olanda, e da Anna Cornelia Carbentus. Dopo il primo bambino nato morto nel 1852, chiamato Vincent, la coppia ebbe altri cinque figli: Vincent, nato l'anno seguente esattamente nella stessa data, Anna Cornelia (1855), Theodorus (1857), Elisabeth (1859), Wilelmina Jacoba (1862) e Cornelis Vincent (1867). Elisabeth sposò Jean Philippe Theodore Du Quesne van Bruchem, che esercitava la professione di avvocato a Soesterberg (Olanda). La storia del matrimonio è burrascosa. In un articolo pubblicato nel 1966 nella rivista olandese «Panorama», si legge: «Lies van Gogh rimase involontariamente incinta. Dal 1880 lavorava alla villa Eikenhorst di Soesterberg, dove si prendeva cura di Catharina du Quesne van Bruchem-van Willis, gravemente malata, moglie di Jean Philippe Theodore du Quesne van Bruchem, avvocato e procuratore a Utrecht. A quanto pare trovò affascinante il padrone di casa, e probabilmente fu ricambiata; infine, rimase incinta di lui. Ovviamente era un grave scandalo, da un lato perché era ancora sposato, e dall'altro perché la moglie era gravemente ammalata di cancro. Du Quesne van Bruchem e Lies van Gogh si recarono nel 1886 in Inghilterra perché lei potesse partorire in condizioni tranquille. Tuttavia, la nascita si preannunciò quando erano ancora in Francia, e Lies partorì nel paesino di Saint-Sauveur-le-Vicomte, dando alla luce Hubertina Normance Marie-Mathilde van Gogh. Era il 3 agosto, e i genitori affidarono la bambina a Frederique Balley, una vedova di 22 anni, proprietaria di una piccola drogheria nel paese. Anni dopo la morte di Du Quesne van Bruchem, nel 1921, Lies si recò in Francia per andare a prendere la figlia, ma Hubertina rifiutò di seguire la madre in Olanda. Preferì rimanere con la donna che l'aveva allevata». Lies mori il 29 novembre 1936.
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