TOMMY Brano tratto dal romanzo Resistere non serve a niente Walter Siti
(…) Ristrettasi di colpo la famiglia, rimasti soli lui e la mamma, a Tommaso era sembrato essersi trasformato in un adulto; le difficoltà economiche gli erano diventate più evidenti, la madre il sabato e la domenica andava a fare le pulizie in un blocco di uffici sulla Togliatti. Uffici di vetro e acciaio con decine di computer, agli ultimi piani da cui dominava tutta Roma. Mamma tornava che strascicava i piedi (“ja’a faremo, ranocchié”), quando stavano verso il venti del mese si arrabattava su calcoli sempre più puntigliosi prima di avventurarsi al mercato, altro che le esercitazioni pratiche delle elementari, la busta paga non arrivava mai (“me stanno a spuntà ’e branchie”); ora all’inizio della settimana lasciava a lui un piccolo budget e per il pranzo si arrangiava da solo.
Tommy arrotonda passando qualche compito di matematica ai due ebeti della classe che hanno i padri al ministero, ma la nuova responsabilità aggrava la bulimia: sentendosi libero, evita i cibi sani e si imbottisce di snack, di pizze, di supplì. Mangia perché si annoia (Nando di pomeriggio fa il cameriere in una bisca) e la noia non merita niente di costoso: c’è un indiano in via del Peperino che gli cede a metà prezzo le merendine scadute. Qualche volta arriva all’abiezione di buttare direttamente nel secchio della spazzatura un po’ di salsa di pomodoro e qualche foglia mezza marcia raccattata per strada, per far credere alla madre che ha mangiato spaghetti e insalata. Più spesso sparge in giro proprio gli involucri incriminati, le plastiche dei gelati e i cartoncini dei sofficini, per testare la madre verificando se almeno lo strilla; ma lei è così stanca che non fa più caso, ormai s’è abituata a un figlio mostro.
Tommaso invece recalcitra, si pente e fa propositi: “da domani mi cuocio un po’ di pesce con le verdure, poi vado a dà du’ calci ar campetto”. In fondo gradirebbe essere come tutti, non doversi sempre distinguere; urlare insieme le soddisfazioni collettive, con canzoni di rabbia o di vittoria. Ma il cibo sta lì, perché aspettare? Mangia soprattutto dopo che ha mangiato, per inseguire un piacere irraggiungibile; si aggomitola sul letto e si tiene compagnia con le puzze, le cataloga al suono e secondo la durata. Conversa a lungo con le proprie feci, le accusa come se fossero in tribunale, lì impaurite sulla ceramica bianca in attesa dello sciacquone. “Le vittorie sono merda e io in merda le riduco.” Finisco il fritto prima che mi sale la nausea, tanto il pallone non me lo passano comunque. Incerto se stare in casa o uscire – il cielo tra gli alberi, nella discesa che porta alla canonica, è un grande calamaro che lo soffoca. Brano tratto dal romanzo Resistere non serve a niente, Rizzoli, Milano, Maggio 2012. Walter Siti (Modena 1947) ha insegnato letteratura italiana all'università di Pisa, Cosenza e L'Aquila. È il curatore dell'opera di Pasolini nei 'Meridiani". Ha pubblicato articoli e saggi di critica letteraria e i romanzi Scuola di nudo (1994), Un dolore normale (1999), La magnifica merce (2004), Troppi Paradisi (2006) e Il contagio (2008).
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