PAESI BASSI Brano tratto dal romanzo Il treno di mezzanotte Fiorino Roberto
(…) svegliarmi per me è sempre stato un trauma. secondo me non ho mai avuto voglia di tornare a vedere il mondo, presumendo che non sarebbe stato molto diverso da quello del giorno prima. o almeno diciamo che non ho mai avuto fretta di farlo. poi c’è questa cosa del bere, che se la sera prima hai esagerato un po’, più tardi ti alzi meglio è. quando vivevo nei paesi bassi, sempre quelli di prima, che se dici olanda a loro non piace per via di un pur blando nazionalismo, che comunque non vuole confondere una regione, appunto l’olanda, con tutta la nazione, i paesi bassi, ebbene in quei tempi la sveglia la usavo tutti i giorni come adesso, però allora era puntata fissa sulle 14. a pensarci oggi mi commuovo ancora. che meraviglia. una volta mi chiama al telefono il mio amico fenomeno dalla stazione di utrecht, era lì che vivevo, saranno state le quattro del pomeriggio.
- ti ho fatto una sorpresa
mi dice
- passavo di qui e ho pensato di bere qualcosa insieme.
- eh bravo
gli faccio
- bella idea solo che stavo dormendo e adesso devo vomitare per la decima volta, ti do l’indirizzo e ti pago il taxi e ci beviamo un bel caffè insieme.
- non ci credo
- no no credici, non scherzo.
la sera prima ero stato a casa di un amico inglese di allora, tale paul e avevamo bevuto una cassa di groelsch, intesa come birra, da 24 bottiglie da 66 l’una, corrette whisky. si sa imparare l’inglese comporta dei sacrifici. dopo quando il mio amico fenomeno è arrivato con il taxi allora ci ha creduto.
nei paesi bassi avevo conosciuto anche la mia morosa dei tempi della casa di riposo, la mia morosa maria. l’avevo conosciuta in quel periodo di circa un anno trascorso all’estero. mi ricordo ancora la faccia del mio insegnante di allora, tale tarozzi che aveva patrocinato per così dire il mio soggiorno studio all’estero, quando mi diede la notizia. insegnava sociologia dello sviluppo. in realtà io avevo fatto domanda per andare a brighton per via che ci insegnava uno scrittore molto bravo che si chiama celati che mi era anche capitato di conoscere perché allora era amico del mio amico renzo. solo che in inghilterra ci vogliono andare tutti perché si vede che l’inglese lo impari solo lì, come del resto a volare si impara in aereo, e allora io ero stato scartato perché non avevo una media voti abbastanza alta. però mi era stata assegnata una borsa di studio per utrecht.
- mi spiace
mi annunciò tarozzi
- dovrai andare a utrecht, per brighton non ci sono più posti.
dovette intravedere la luce sul mio viso. ero già stato ad amsterdam molte volte, diciamo in gita di piacere, oppure avevo accompagnato qualche compagno di corso che non si sapeva bene cosa andasse a fare. non si sapeva è un modo di dire ovviamente.
- e buon divertimento
mi disse. avevo allora 22 anni. la mia morosa maria l’avevo conosciuta alla festa di inaugurazione dell’anno accademico ‘94, presso l’accademia di belle arti della città di utrecht. c’erano i camerieri in livrea che giravano con i vassoi pieni di cose da mangiare e da bere. il tempo e qualche mia amica mi hanno reso più avvezzo a queste situazioni ma ancora oggi non riesco a non reagire con la contentezza di un ragazzino. dunque mi abbuffavo di cibo e prendevo al volo il primo bicchiere che mi capitasse a tiro e prima del discorso del rettore ero già del tutto sbronzo. in quella situazione conobbi anche il mio amico paul, quello delle groelsch, intese come birre. dopo un poco hai bisogno di complici per evitare che si noti il continuo attingere ai vassoi delle vivande. non mi è mai piaciuto prendere la sbronza molesta. così coinvolsi la mia morosa maria, chiedendole se poteva aiutarmi nel procurarmi soprattutto da bere. lei ancora non lo sapeva di essere la mia morosa maria, dopo invece sì. e si rese disponibile ad aiutarmi nel mio tentativo di salvare le apparenze, per così dire.
era con una sua compagna di corso che si chiamava giuseppina. anzi no, di certo si chiamava in un altro modo ma non ricordo. comunque dopo la festa mi chiede se volessimo andare, l’invito includeva anche il mio compagno di corso majo e paul, tutti insieme a prendere un tè. ero talmente sorpreso che rischiai di accettare. sorpreso per il fatto del tè intendo, che fino ad allora nessuno si era mai sognato di invitarmi a prendere il tè. comunque non accettai perché avevo già promesso a paul che lo avrei accompagnato a puttane nel quartiere a luci rosse della città.
- niente sarà per i prossimi giorni
le risposi
- stasera abbiamo già il bridge al circolo ufficiali.
questo episodio qui mi veniva in mente ogni tanto quando durante il mio servizio civile maria mi chiedeva, senza troppa invadenza a dire il vero, se non avessi intenzione di prendere una casa insieme non appena finito di pulire merda tutto il giorno presso la casa di riposo. ogni tanto le cose si vedono dall’inizio. una ti invita a bere il tè e tu vai a puttane con un hooligan, adesso lei ti parla di case e a te vengono in mente le case chiuse.
in realtà la assecondavo abbastanza, nel senso che i miei permessi di trentasei ore li impegnavo quasi tutti per recarmi a lucca, dove lei abitava o a pisa dove invece studiava filosofia. ogni tanto mi portava in giro per la città a vedere delle case. qualcuna mi piaceva anche, preferivo le mansarde o i sottotetti con soppalco magari un poco desueti, cioè con mobili fuori moda oppure con la tappezzeria un po’ logora e i muri ingialliti dal tempo. ce n’era una in particolare al terzo piano di via anfiteatro, fra i vicoli stretti del centro medievale. aveva un soppalco con un assurdo arredamento orientale, mentre il resto della casa aveva mobilio in legno in stile rustico.
- qui potresti scrivere
suggeriva
- saresti tranquillo e potresti scendere a piedi per andare al bar qui sotto.
il bar a dire il vero mi piaceva anche di più, era il bar del mercato vecchio e tutto sembrava rimasto fermo agli anni ‘50. ad essere bravi come simenon si riuscirebbe forse in poche righe a rendere l’atmosfera del bar, a farlo ritornare agli anni ‘50, così come riesce lui a far tornare parigi indietro di molti decenni con poche parole. ma appunto bisognerebbe essere bravi come lui. io ricordo i tavoli di formica verde come non vedevo più dai banchi delle scuole elementari, e i pannelli di compensato alle pareti, il legno a strisce fino a metà dei muri per evitare che si sporchino troppo. anche le facce erano rimaste ad un tempo passato. c’era come un velo che ricordava la patina delle cartoline di una volta con quel bianco e nero che diviene giallastro e i visi che capisci subito saranno spariti da almeno un secolo. ho sempre pensato che sia difficile descrivere efficacemente luoghi non tuoi. per tuoi intendo il posto dove sei nato, dove sei cresciuto. manca sempre qualcosa, c’è come una sorta di indolenza del dire, come se si fosse consapevoli che, per quanto accurati, si perderà comunque una parte. perché qualcosa manca in ogni caso e quello che manca è la tua anima che non appartiene a quei posti. per questo non ho mai creduto ai sedicenti scrittori non biografici, che pretendono di scrivere oggettivamente di storie di altri e di luoghi di altri. c’è sempre un distacco, per quanto bravi possano essere questi scrittori, come un sentore di posticcio che non abbandona mai la narrazione. ed infatti la storia è posticcia, suona stucchevole e stanca. manca la vita, appunto la vita di chi scrive che non ha partecipato. il regista wim wenders dice che le storie esistono solo nelle storie senza bisogno di creare storie.
ad ogni modo io ascoltavo il padrone di casa parlare di pavimenti e controsoffittature e di isolanti e spese condominiali e di finiture e di impianto idraulico che guarda caso era sempre appena stato rifatto. intonacare sì insomma quello in effetti forse ce n’era anche bisogno ma così è più romantico, non trova? io per trovare trovavo ma il problema era un altro. Brano tratto dal romanzo Il treno di mezzanotte, Libertà edizioni, Lucca, 2012. Fiorino Roberto è lo pseudonimo di Roberto Violi, che è anche autore (con il suo vero nome) del romanzo Diario delle finestre (Campanotto narrativa, Pasian di Prato, UD, 2007), dal quale “Sagarana” ha pubblicato nel N° 28 il brano La bicicletta. Violi è nato a Reggio Emilia nel 1971. Si è laureato a Bologna e lavora a Reggio Emilia. È cresciuto nella Bassa reggiana ed attualmente vive nella Bassa mantovana. Il treno di mezzanotte è il suo secondo libro.
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