L’IRRESISTIBILE RIVINCITA DELLA SHORT STORY
Il racconto breve mette ko il romanzo
Francesca Paci
La commessa Sophie sistema i titoli più venduti della settimana sullo scaffale all’ingresso della libreria Waterstone di Upper street, nel quartiere alla moda di Angel: «Non so se sia vero che i social network come Facebook e Twitter abbiano modificato i tempi della lettura, ma a giudicare dalle richieste è la stagione del racconto breve». In testa alla classifica c’è Chimamanda Ngozi Adichie, la ventiduenne nigeriana vincitrice dell’Orange Prize e del Premio Nonino Internazionale 2009 con Metà di un sole giallo che, dopo il debutto epico, è passata al genere «conciso» dell’amato Guy de Maupassant e ha pubblicato The Thing Around Your Neck (Fourth Estate), 15 storie ambientate a cavallo tra l’Africa delle origini e l’America in cui vive. A farle concorrenza, nella sezione «Quick reads», leggi veloce, altri due enfant prodige della scrittura sintetica il pakistano Daniyal Mueenuddin con l’antologia In Other Rooms, Other Wonders (Bloomsbury) in cui descrive un’umanità migrante perennemente fuori luogo nel patrio Punjab come tra i grattacieli di Wall Street e Graham Rawle, l’artista inglese che ha «costruito» il romanzo Women’s World con 40 mila frasi ritagliate da riviste femminili degli anni ‘60 e composte ex novo alla maniera futurista.
«Sebbene Turgenev fosse convinto che tutti noi contemporanei venissimo fuori dal Cappotto di Gogol, la short story è sempre stata la Cenerentola della letteratura» osserva sul Guardian James Lasdun, lo scrittore inglese considerato da molti l’erede di Ian McEwan, che ha appena terminato la raccolta It's beginning to Hurt (Jonathan Cape). L’oblio, sostiene, comincia dai manuali e finisce in biblioteca: «Tra Cechov e Cheever ci sono al massimo una dozzina di nomi ufficialmente riconosciuti di un genere senza grandi pretese». I tempi però, stanno cambiando. Da qualche anno il Frank O’Connor Prize di Cork, il National Short Story Prize e il festival Small Wonder selezionano i migliori nipotini di Raymond Carver. I racconti di Jhumpa Lahiri sullo scontro tra padri e figli e quelli vagamente surreali dell’israeliano Edgar Keret scalano regolarmente la top ten dei bestseller del New York Times. Le tre più acclamate autobiografie letterarie in circolazione al momento sul mercato britannico riguardano autori specializzati in short story, Donald Barthelme, John Cheever, Flannery O’Connor.
«L’era digitale ha cambiato il metabolismo della cultura» nota Motoko Rich, il critico letterario del New York Times. Internet, gli sms, Twitter, il software che descrive le nostre giornate, modellano i modi della comunicazione e vi adattano i contenuti. Dai programmi politici alla poesia di ultima generazione del sito Poetryarchive.org, si legge come si consuma: le informazioni più efficaci sono rapide, essenziali, eventualmente usa e getta. Le prime ad adattarsi sono state le case editrici. «La gente non è più disposta ad aspettare un anno per avere un libro, soprattutto se d’attualità» spiega Amy Neidlinger della FT Press. Barack, Inc: Winning Business Lessons of the Obama Campaign, l’ultimo volume del 2008, è arrivato in libreria a dicembre, un mese dopo la consegna delle bozze. A marzo l’editore PublicAffair ha rilanciato sfidando la crisi economica in fieri con il saggio di George Soros The New Paradigm for Financial Markets, un pamphlet corretto, stampato e distribuito in dieci giorni.
Gli autori tastano il terreno. «Scrivere The Thing Around Your Neck è stato il mio modo di acquistare tempo» dice Chimamanda Ngozi Adichie alludendo alla massima di Henry Thoreau secondo cui «le storie non devono per forza essere lunghe ma ci vuole un sacco di tempo a farle brevi». L’obiettivo è l’attenzione in movimento del lettore. «La short story è implacabile, devi costruire un meccanismo complesso in uno spazio limitato prevedendo un boato soddisfacente alla fine» nota Wells Tower, ultima scoperta della prestigiosa rivista Granta, il cui Everything Ravaged, Everything Burned, in libreria a fine mese, ha già venduto i diritti per la traduzione in otto lingue. Se il linguaggio del web è rock, la narrazione breve ha lo scatto per tenere il passo: «Nella lotta che si instaura sempre fra testo e lettore il romanzo vince ai punti, il racconto deve farcela per knock out».
La short story è l’epica del presente in potenza. Un’impalcatura di omissioni che, secondo James Lasdun, il decano dei cantori del formato ridotto nati e cresciuti con internet, apre infinite possibilità: «Mueenuddin, Adichie, l’ucraina Sana Krasilov, autrice della raccolta One More Year, riescono a coinvolgere un pubblico vasto a prescindere dalla forma che prendono i loro lavori». A migliaia di chilometri il giapponese Tadashi Izumi sperimenta il keitai, il racconto per cellulare, e zittisce gli scettici con la novella Cross Road, scaricata sui telefonini da due milioni di utenti prima ancora di raggiungere la tipografia. Il lettore, qualunque siano tesi e antitesi, apprezza la sintesi.
(Articolo tratto dal periodico La Stampa, uscito nell'aprile 2009.)
Francesca Paci
|