IL PICCOLO MANUALE DEL BUON EDITORE Julio Monteiro Martins
Da molti anni ascoltiamo rassegnati i direttori editoriali e i funzionari delle case editrici italiane impartire lezioni a destra e a manca agli scrittori su cosa e come devono scrivere. Sono questi quasi sempre dei “consigli” inefficaci e fuorvianti, un bislacco pontificare espresso da soggetti molto spesso ignari del mondo della scrittura, che credono con presunzione che il loro potere di decidere sulla pubblicazione di questo o quel titolo gli avrebbe conferito anche il diritto di invadere un terreno che non padroneggiano e che sovente non apprezzano nemmeno.
Per rovesciare una volta tanto queste prediche saccenti e unilaterali ho deciso di invertire l’equazione e di suggerire, da scrittore, quello che secondo me dovrebbe fare un editore per rendersi fiero del suo mestiere, conquistarsi credibilità e affermarsi nel mercato.
Perciò ho preparato questi quindici “comandamenti”, augurandomi che gli editori o i candidati a esserlo riescano a rimanere in silenzio per due minuti per leggerli con attenzione, rifletterci su e infine applicarli a proprio vantaggio nell’esercizio della loro professione.
Sono consapevole, tuttavia, che non sempre le circostanze faranno sì che questi precetti ideali siano seguiti rigorosamente, però possono ben servire come un nord, un traguardo a cui puntare.
Quindi ecco il mio “piccolo manuale del buon editore”:
1) Amare le opere dello spirito come se fossero state concepite da lui stesso;
2) Avere come criterio determinante di selezione la qualità e il merito delle opere. Per assicurarsi di questa qualità l’editore dovrà avvalersi dei giudizi di professionisti, professori e esperti di letteratura di alto livello, che svolgeranno il compito di lettori critici.
3) Badare con grande interesse, e sempre, alla qualità delle traduzioni e delle revisioni degli originali;
4) Trovare il tempo per conoscere in prima persona gli originali che gli arrivano, anche quelli di autori sconosciuti, per rendersi all’altezza della fiducia in lui depositata;
5) Segnalare il ricevimento degli originali in seguito all’arrivo e emettere un giudizio di merito in tempi ragionevoli, se possibile ben motivato;
6) Rispettare le scelte degli autori, senza volere mai imporre dei cambiamenti che avvertirebbero come deturpanti del loro progetto originale, per renderlo più accattivante commercialmente;
7) Presentare in anticipo all’autore le bozze grafiche di copertina e i testi presenti nei risvolti e nella quarta di copertina, che saranno per i lettori parte inscindibili dell’opera, e dare all’autore il potere di veto se sarà il caso;
8) Sottoporre in anticipo all’autore i testi riguardanti la pubblicizzazione della sua opera così come gli spazi dove si vuole inserirli;
9) Offrire agli scrittori una percentuale equa sui diritti d’autore per le pubblicazioni cartacee, per le edizioni tascabili, per le edizioni e-book e per i diritti derivanti da trasposizioni teatrali o cinematografiche; e rendere trasparente la contabilità delle copie stampate e delle vendite, che gli saranno conteggiate e pagate ogni anno;
10) Offrire la miglior distribuzione possibile delle opere, considerando che sarà questo il criterio determinante per valutare la sua professionalità;
11) Divulgare le sue recenti pubblicazioni tra i critici e i giornalisti inviando copie delle opere appena uscite e se possibile anche prima che siano in vendita, in numero sufficiente per una buona diffusione;
12) Non permettere mai che libri importanti, anche se di vendita lenta, rimangano esauriti e assenti dal catalogo per troppo tempo;
13) Cercare di non limitarsi a pubblicare un unico titolo di ciascun autore, ma se possibile riunire la loro opera, passata e presente, all’interno del catalogo, ossia offrire agli scrittori una vera e propria casa;
14) Cercare con attenzione e costanza, nelle riviste, nei blog, nelle piccole case editrici e nei concorsi letterari la comparsa di nuovi talenti. Entrare in contatto con loro e chiedere di inviargli i loro originali;
15) Evitare l’atteggiamento corrente di sopravvalutazione degli scrittori affermati, comune riguardo agli autori stranieri ma anche a quelli nazionali di maggiore visibilità, mentre spesso si ha un giudizio sbrigativo e sprezzante nei confronti delle opere degli autori ancora sconosciuti ma di grande valore; perché non è affatto scontato che le opere dei primi siano superiori o più apprezzabili di quelle dei secondi.
Una casa editrice che inizi le sue attività secondo questi “comandamenti”, se nuova, o che rinunci alle vecchie cattive abitudini, se tradizionale, troverà il rispetto e l’affetto di un pubblico fedele e sempre più numeroso di lettori, avrà un tesoro di credibilità e di visibilità che sicuramente si rifletterà anche in un’affermazione commerciale.
Se davvero vogliamo entrare in una nuova era in cui la serietà e la competenza pagano, anche le case editrici dovranno fare la loro parte. E basteranno pochi editori veramente competenti perché la letteratura e il pensiero critico godano di una rinascita, perché i bravi creatori ci sono già, e le energie, seppur represse, sono potenti. Bisogna ora spalancargli la porta del mondo reale e invitarli a presentarsi davanti al loro futuro pubblico.
PS 1: I governi di alcuni importanti paesi come la Francia, la Spagna, il Brasile, Cuba e l’Argentina hanno creato già da diversi decenni dei veri “ministeri del libro”. Cuba ha creato la Casa de las Americas, che promuove il più importante premio letterario per nuovi scrittori del continente. In Brasile, per esempio, c’è l’Instituto Nacional do Livro, che determina la politica di distribuzione dei libri, organizza i prezzi e i costi delle case editrici, le sovvenzioni ai libri didattici e di letteratura (anche quella per bambini e adolescenti) e alle traduzioni di opere nazionali all’estero, la creazione di nuove biblioteche informatizzate e biblioteche mobili (centinaia di pullman-biblioteche che girano per le città dell’entroterra e delle periferie più disagiate), i concorsi letterari promossi dalle regioni, il co-finanziamento di opere importanti che sono fuori catalogo e il patrocinio a produzioni radiofoniche e televisive che hanno a tema i libri, oltre a co-finanziare musei letterari come la Casa Machado de Assis e il Museu da Língua Portuguesa, a São Paulo.
In questa stagione italiana di laboriosa riorganizzazione dello Stato – nonostante si insista col modello neo-liberale – non sarebbe il caso di creare anche qui un Istituto Italiano del Libro, una nuova authority per i libri, sulla falsa riga delle esperienze riuscite all’estero?
(Bisogna però stare ben attenti a chi gestirà queste istituzioni e come lo farà, chiaramente. Da questo dipenderà tutto il resto. Perché non diventino altre “mucche da mungere” né qualcosa di iniquo come è diventata per esempio la SIAE, l’organo che dovrebbe gestire i diritti d’autore.)
PS 2: C’è anche una posizione alternativa a tutto questo che è stato detto. Alcuni credono che il concetto di “editoria” si sia esaurito o comunque si sia profondamente trasformato e che il libro non sia più quello che conoscevamo noi. La proposta allora è di fare le cose in piccolo e via Internet, e affinché queste siano in grado di resistere, sarebbe utile formare gruppi di autori che si associano e pubblicano insieme le loro opere. Insomma, pensare ad altri modi far circolare la letteratura, a vie nuove, come abbiamo fatto creando la “Sagarana”, al posto di rimanere ancorati a istituzioni di stampo tradizionale. Julio Monteiro Martins
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