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Sagarana SMAGLIATURE


Monica Dini


SMAGLIATURE



 

Immaginò se stesso compiere quei gesti. Gli sembrarono belli.
Accendere la stufa con una pigna, aspettare che riscaldasse la ghisa, poggiare la teiera mentre i madrigali di Monteverdi andavano.
Pensò che non era banale in quel mondo avere il privilegio di godere di una tale lentezza. Ma non stava bene. Con un ferro tolse uno dei cerchi del ripiano vide la fiamma e la prima brace. La carta che aveva bruciato stava in un angolo erano ancora riconoscibili le scritte, ghirigori scuri come smagliature vecchie.
Ricordò sua madre con la pancia sfilacciata dalle gravidanze. Da bambino provava un senso di venerazione verso quei segni che considerava di coraggio. Quando stava sdraiata sull’asciugamano, con un dito ne seguiva le strisce, là dove erano più profonde credeva fossero i calci che lui e i suoi fratelli le avevano dato e le accarezzava. Poi usava la pancia come cuscino. Con un orecchio appoggiato ascoltava il battito del cuore, che gli faceva un po’ paura, e con l’altro l’andare delle onde. Un senso di tregua improbabile da spiegare.
Appoggiato al ventre di sua madre si allungava, si allargava. Colava.
 
Ricordò anche altro. Il preservativo usato lasciato sul ripiano del letto la sera prima. L’aveva annodato e dimenticato lì. Lo andò a prendere e con due dita lo sollevò all’altezza degli occhi.
 
– Quanti potenziali figli ci saranno qui dentro? – Rabbrividì mentre lo dondolava.
 
Pensò che un preservativo usato è come un esame di coscienza fatto alla sera. Pieno di buone intenzioni con vitalità in calo dopo la dormita notturna.
Aprì la stufa e lo gettò all’interno. Sfrigolò, si allargò scurendo di umido la brace poi i potenziali figli si asciugarono e divennero indistinguibili tra le fiamme.
Si convinse che non doveva avere digerito bene la cena della sera avanti. Doveva essere così. Era un uomo di quasi cinquant’anni.
 
La donna con cui stava aveva smagliature dappertutto. Sul ventre, sulle cosce, sulle natiche, sul seno, sotto le ascelle. Lei se ne vergognava ma a lui piacevano. Gli trasmettevano un senso di confidenza. Al contrario di molti uomini della sua età, amava i corpi morbidi delle sue coetanee. Sgonfiati dagli anni delle inospitali turgidezze giovanili.
 
L’aveva incontrata una sera di luglio al bar in fondo alla via.
 
– Mi accendi?
 
Gli aveva sussurrato con la sigaretta stretta nelle labbra atteggiate a diva. Lo scollo profondo della canottiera gialla mostrava la fossetta aggrinzita dei seni e sulla schiena le pieghe della pelle. Agitò una mano per dire che era accesa e nel farlo mostrò le smagliature sotto l’ascella. A quel punto lui aveva ordinato da bere.
Dopo la seconda coppetta di Prosecco era già ubriaca.
– Io sto con te questa sera ma tu devi pagarmi.
 
Mentre parlava si piegava avanti e indietro. Come ad assecondare un mal di pancia.
– Va bene.
 
Aveva risposto lui mentre ordinava ancora vino. Non aveva mai pagato una donna. E lei d’improvviso giù a piangere, che era una disgraziata che aveva quattro figli piccoli, che lo stronzo non si era preoccupato nemmeno di salutare, che le aveva portato via anche le tre palanche che aveva sul libretto. Che era in cassa integrazione alla fabbrica di pentole d’alluminio. Che doveva rimediare un po’ di soldi per fare la spesa. Che si chiamava Lucia e non era una puttana.
Mentre il trucco le colava e lei tirava su con il naso lui era rabbrividito dal piacere. Pagare per scopare diventava una buona azione.
 
Era stato davvero emozionante. Aveva percorso con le dita le sue smagliature. Adesso che era quasi Natale le conosceva tutte. Lei veniva in casa sua un paio di volte per settimana. Riordinava, stirava e s’infilava a richiesta nel letto. Lui pagava. I bambini avevano il necessario. Andava tutto molto bene. Peccato non aver digerito. Aprì lo sportello della stufa e mise sulla brace un pezzo di legno di leccio. Schivò uno sbuffo di fumo.
 
– Cos’ho mangiato ieri sera … seppie con la bietola. Pesanti è vero.
 
Il tè era pronto. Tolse di nuovo un cerchio di sopra la stufa per guardare la brace. Mandò giù un sorso bollente. Non sentì sollievo. Andava tutto così bene con Lucia perché adesso si era messa in testa di fargli conoscere i bambini.
 
– Dovresti proprio conoscere i ragazzi. Per loro sarebbe importante.
 
L’aveva detto a tradimento dopo che avevano fatto l’amore. In casa era tutto ordinato.
A lui era venuto freddo. Si era alzato per ravvivare il fuoco e acceso anche i radiatori. Aveva tirato bene la tenda del soggiorno e controllato che il rubinetto del gas fosse chiuso.
 
– Vuoi un toast o una pizzetta … accendo la griglia. –
 
Le aveva chiesto questo. Ma lei non aveva fame. Così lui aveva mangiato un po’ delle seppie fredde rimaste nella pentola e lasciato perdere la griglia. Poi Lucia se n’era andata.
Forse se le avesse scaldate sarebbe stato meglio.
 
La brace mandava calore, gli occhi si asciugavano e le palpebre sbattevano più spesso. Si spostò. Andava tutto così bene. Prese la settimana enigmistica, Orizzontali – 1. Così si vende la … pelle, rimase col lapis alzato poi cominciò ad annerire il vuoto delle lettere, così si vende la … pelle. Annerì anche la testa di un pesce in una vignetta. Così si vende la … pelle. Come?
 
Sobbalzò al suono del campanello. Si accorse che il cd era finito.
Non aspettava visite e poi non aveva digerito. Spostò leggermente la tenda e guardò verso il cancello.
Erano tutti lì. Attraverso l’inferriata vedeva Lucia con una teglia in mano e tre dei bambini, il quarto era nascosto dalla colonna ma si capiva che c’era. Sentì il bisogno di vomitare. Corse in bagno. Rimise il tè bevuto. Il campanello suonò ancora. Si asciugò con la carta igienica e tornò a guardare. Erano ancora tutti lì. La bambina con le treccine teneva le mani infilate fra le sbarre del cancello.
Stava troppo male. Non poteva mangiare la torta.
Infilò la giacca e uscì dalla porta sul retro. Fece piano senza farla sbattere. Cigolò il cancellino che non usava mai e corse via. Fece una corsa lunga.
Si fermò lontano piegato in due nel sottopassaggio.
Se glielo avesse detto qualcuno che era ancora in grado di correre così non gli avrebbe mai creduto.




Monica Dini ha pubblicato nel 2009 la sua seconda raccolta di racconti, Leggerezze, per Besa editrice.




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