UN PANINO CON LA PANCETTA Tre brevi capitoli tratti dal romanzo Asini, oche e rabbini Roberta Anau
15. BERESHÌD
Si inizia dalla B, come Bruno
Una volta alla settimana andiamo in Comunità a lezione dal rabbino Bruno Polacco, piccolo di statura, larghetto di stazza, sorridente, bonario, baffuto e zoppo.
Ci racconta le storie della Bibbia come favole, noi tre coetanei in età di apprendimento seduti su bassi sgabelli o a zampe incrociate sul pavimento.
"All'inizio..." .
Da bereshìd in su tutto è bocche aperte, sguardi attenti, immersione silenziosa in un mondo di acque, terre, stelle, animali e umanità, dove accadono molte cose con l'accompagnamento costante della colonna sonora: una voce dall'etere, la Voce, che con toni ogni volta diversi pronuncia sempre l'ultima parola, come mia madre appunto.
In un fertile giardino, paradiso in terra, il ganèden, pieno di animali, piante, frutti e fiori, si aggirano felici, spensierati e curiosi un uomo creato con il fango, che è sempre un bel gioco, un soffio di vita nelle narici e via, e una donna creata da una sua, dell'uomo, costola.
Subito un divieto: allungare la mano, prendere, assaggiare, mangiare di tutto, ma non i frutti di un albero speciale, l'albero della conoscenza del Bene e del Male. Il serpente convince la donna, lei assaggia, ne offre all'uomo, tutti e due ne mangiano, si accorgono di essere nudi, si vergognano, si vestono con qualche foglia un po' grandina, vengono buttati fuori con ignominia e devono andarsene da quel luogo per iniziare una vita di vero lavoro, di sofferenza e fatica, soprattutto sua di lei e di mortalità, per tutti.
Ci hanno sempre detto che quel frutto era una mela, poi un fico.
Sono sicura che Eva, avesse potuto, sarebbe rimasta lì con tutti gli animali compreso il serpente, e invece ecco la disobbedienza, quella femminile per prima, e poi la gnugnaggine di quel hamòr, di quell'asino di Adamo, primo maschio, che si affida a una donna come sempre e delega, così se è un errore la colpa è sempre di lei. Altro che albero della conoscenza, fico o melo che fosse. Eva non aveva ancora capito niente, la conoscenza avviene sempre con il senno di poi, ma non riesci mai a farne tesoro.
I nostri progenitori hanno due figli, uno buono e uno cattivo. Quello malvagio che fa l'agricoltore ammazza quello perbene che vive di pastorizia, perché geloso della preferenza dimostrata da Lui, che fa andare dritto in su il fumo del sacrificio di Abele e invece in basso il fumo della verdura di Caino.
Il perché non si capisce e me lo chiedo ancora oggi che mi sono data all'agricoltura e mi rifiuto di ammazzare qualsiasi animale. Alla Miniera vivono a oltranza anche galli e anatre maschio, che non fanno uova, litigano sempre fra di loro e picchiano le femmine.
Forse dovrei cambiare metodo? Non ci riesco.
Ma allora cosa ne faceva Abele dei nati maschi che non davano latte?
Altri figli, figlie e figli dei figli, la Terra si popola.
Come facessero a far figli non ce lo chiedevamo, non ci veniva neanche in mente, era una cosa automatica e normale, un riempimento obbligatorio dello spazio.
L'umanità decide di costruire una torre per arrivare fino a Lui.
Così una miriade di persone, con secchi pieni di malta e pile di mattoni sulle spalle, si arrampica in fila come formiche su per le impalcature di una specie di grattacielo a spirale, costruendo sempre più in alto, presuntuosi e arrivisti che non sono altro, e così a un certo punto Lui inizia a confonderne la lingua.
La gente non è più in grado di comunicare, tutti capiscono ciòca per bròca, prendono lucciole per lanterne e fischi per fiaschi, portano cose che non servono, nessuno ci capisce più niente. Rinunciano, se ne vanno incazzati, si disperdono per il mondo e incazzati sono ancora oggi.
Continuano a fare a gara nel costruire stupide costruzioni in verticale, soprattutto in mezzo al deserto.
L'umanità è insopportabile, non basta redarguire, si deve ricominciare. Solo un uomo di nome Noè e la sua famiglia hanno la possibilità di salvarsi dalla terribile punizione divina.
Noè inizia a lavorare al fasciame di una strana nave, mentre oceani di acqua scrosciano dal cielo ad annegare e inondare tutto quello che abbiamo ascoltato e imparato prima.
Sull'arca a coppie salgono tutti gli animali della Terra in fila lunghissima e disciplinata, una teoria infinita di esseri ordinati e tranquilli, senza timori, fidenti in quell'omaccione barbuto che dirige il traffico dalla nave ormai pronta e calafatata, parola mai più scordata.
Darwin permettendo, i dinosauri non salgono perché non ci stanno, per questo si sono estinti e troviamo ancora i loro fossili nel fango provocato dal diluvio.
Sulla nave avrei voluto esserci anch'io, ma, sempre col senno di poi, non in coppia, mi sarebbe bastato il calore emanato da tutte quelle bestie.
16. CASHERUD
Adatto e sbranato
Beati gli animali acquatici, che dormono quieti sul fondo dei mari e anche la Colombina, lo storione femmina, Leviathana per le amiche, leggendaria vecchissima pesciona imprendibile, che nuota ancor oggi nelle acque del Po a Pontelagoscuro.
Me lo raccontava la Nerina, la havertà, la serva con un occhio di vetro, che mi insegnava le romanze d'opera, le leggende del paese delle acque e della nebbia e la grassa bontà di certi alimenti proibiti.
Mai nessuno è riuscito a pescare la Colombina né mai la catturerà, perché strappa tutte le reti, lei con la sua pancia piena di uova da far caviale per tutti, ebrei e non.
Ma il caviale è cashèr?
La cosa è controversa, anche se alla Miniera, memore di costosi assaggi di vite precedenti, ho scritto:
Cogitabonda osservo queste uova
Adagiate in una scatoletta nuova.
Vedo granelli lucidi e brillanti
Incastonati come dei diamanti,
Allo stesso costo. Ma la prova
Leva i sensi di colpa e il dente trova
Estasiante atomo sottratto alla cova.
L'acqua smette di scendere dal cielo. La colomba, lanciata da Noè in alto sopra le acque, torna col ramoscello d'ulivo, come lo stemma della nostra famiglia sul timbro da ceralacca, che mio padre conserva gelosamente e che simboleggia, dato il significato ebraico della parola anàv, umiltà, pace, modestia, bontà, dolcezza, mansuetudine... tolleranza soprattutto, tutte doti profuse su di noi con molta parsimonia.
Parla per te, dice la Voce, ma deve appartenere a qualche membro della famiglia.
Le acque decrescono, emergono nuovamente le terre come per una nuova fresca e luminosa creazione che ha cancellato tutti gli errori precedenti. La nave si arena un po' storta sulla cima di un monte e animali e umani scendono stupiti dall'arca, sparpagliandosi sulla Terra ormai asciutta e fiorita.
Noè si ubriaca; Cam, uno dei tre figli, lo guarda ridendo di lui ed è maledetto.
Da Cam discendono gli abitanti neri dell'Africa, che ovviamente avevano già scritto nel loro destino la loro molto futura oppressione. Questa fu la giustificazione di allora al concetto di schiavitù.
Anche i rabbini hanno i loro difetti. Siamo proprio dei negri judìi.
C'è però una novità che Lui poteva proprio risparmiarsi: se prima del diluvio l'umanità era vegetariana, da lì in poi è permesso mangiare anche la carne. Mi domando di nuovo cosa mangiasse Abele.
Qualcosa comunque deve essermi sfuggito.
Un pomeriggio, accompagnata dalla Nerina, chiedo di fare merenda prima della lezione.
La mitica salumeria Bianconi è lì in via Mazzini di fronte al Tempio; chiedo e ottengo un panino con la pancetta che fresca fresca e venata di rosa scivola fuori dalla enorme affettatrice rossa dalla grande ruota.
Suono il campanello, entro nel portico e salgo le vecchie scale masticando, con il panino in mano. In cima mi accoglie il rabbino che, vagamente insospettito, chiede cosa c'è nel panino.
«Pancetta» rispondo al suo interessamento.
Il suo NO arriva come quando arranco cercando di leggere in ebraico il Nome della Voce, quello che non si deve pronunciare, e che non riconosco mai, ma intanto il rabbino, dotato di grande senso dell'umorismo, come dovrebbero averne tutti i rabbini e non solo, scoppia a ridere perché la cosa è molto buffa, dicendo: «Ma la mamma non ti ha detto nulla?».
Oggi penso che la mamma avrebbe dovuto dirmi ben altro.
Ricevo così la mia prima seria lezione sulla casherùd che a Torino la nonna Amalia, depositaria dell'antico vocabolario giudaico-ladino-franco-piemontese, ben radicato nella famiglia Colombo, pronuncia invece casherüd.
Mi invita ad andare a finire fuori il Grande Panino Tarèf, che io finisco di sbranare.
Grande rabbino!
Sicuramente però della pancetta doveva conoscere almeno l'odore.
Esco, finisco, rientro ed ecco immantinente la grande lezione su unghie fesse e ruminanti, su pinne e squame e altre cosucce.
Mi spiega che gli ebrei non possono mangiare il maiale, che è un animale impuro. Non capisco tanto cosa voglia dire impuro, forse perché poveretto sguazza nella sua merda, penso, come nello stretto porcile della Luchinata. Aggiunge che non possiamo mangiare un sacco di altre cose, tra cui la cacciagione, come i fagiani, che il nonno porta alla Luchinata quando esce col fucile.
Tarèf, è tutto tarèf, che vuol dire sbranato, quindi impuro.
Associo allora con grande acume quello che papà dice sempre:
“A casa no, il maiale non entra, ma fuori casa una fetta di buon salame ogni tanto non è male”, soprattutto in quelle belle bettole fumose che costellano le nostre gite domenicali.
Ma lì al Tempio è fuori casa!
Oh Tio, Tio, Tio...
17. BERID
Lezione di idraulica, mio malgrado
Il rabbino continua a raccontare.
I Patriarchi hanno più mogli, qualcuna più amata, altre meno; tutti vivono un numero di anni strabiliante, durante i quali sono continuamente chiamati da Lui a prove leggermente pesanti.
Donne dai bei nomi partoriscono innumerevoli figli, ma qualche volta sono sterili o concepiscono ridendo in tarda età. Vorrei chiamarmi Rebecca.
Sterile, partorire, concepire, scivolano come olio sull'acqua della mia scempiaggine: sèmpia, come dicono la nonna Bice e la tremebonda sorella di papà, zia Maria Letizia detta Maria Mestizia, sposata a un ebreo veneziano, altro prepotente dagli occhi duri. Appunto.
Piccole donne Anau, chissà come hanno concepito.
Dopo l'oscura vicenda di Sodoma e Gomorra, storia dei Giusti che non si riesce a trovare nemmeno col lanternino tra tutti gli abitanti delle due città così poco ospitali, Abramo riesce a ottenere solamente la salvezza di Lot e delle sue figlie che, un poco ciucche, si giacciono, cioè dormono per terra, con il padre, mentre la madre curiosa è già restata di sale.
Abramo diviene a sua volta padre in età avanzata, Sara partorisce da vecchia, la schiava Agar e suo figlio Ismad sono scacciati nel deserto. Nella storia del sacrificio che la Voce impone ad Abramo mi dispiace sempre per l'ariete con le corna impigliate che prende il posto di Isacco, mentre quella del Patto della circoncisione se ne va anche lei così lieve, che deve essere mia madre, prendendo la palla al balzo, a farmi vedere la Differenza: quella tra me e mio fratello da poco circonciso, il quale con un potente getto di pipì inonda la mia testa, mentre dal fondo del letto guardo con estrema attenzione il suo berìd detto familiarmente pinpin.
Rimango paralizzata, senza nemmeno saltare fuori dalla traiettoria del fontanile.
Che madre illuminata e che nervi! E quante volte negli anni mi hanno ricordato la scena, sghignazzando antipaticamente.
Io no. II senso dell'umorismo non riguarda me, perché di me rido solo io e di nascosto.
II rabbino ci racconta di Isacco e di Rebecca al pozzo, della prolifica Lea, di Rachele, di quel furbone di Labano, di Esaù e Giacobbe, di figli prediletti e di figli meno amati.
Io, già allora zavorrata da una piccola mania di persecuzione, come tanti figli di mezzo, mi sento parte dei secondi, quelli meno amati. Certe volte penso di essere stata adottata e di suicidarmi per vederli poi piangere tutti.
Esprimendo già allora una chiara e netta tendenza all'ottimismo, ritengo maggiormente benvoluta mia sorella, nata, cresciuta e preziosamente protetta da mille pericoli in piena guerra. Io sono femmina, per me è stato usato un nome di famiglia che sarebbe spettato al maschio, dopo di me o meglio su di me il diluvio e non in senso metaforico.
Se lei me lo avesse chiesto, avrei sicuramente accettato di barattare con la primogenitura, che so, un piatto di tonno coi piselli, che non mi piacevano per niente con quel gusto orribile di olio di pesce rifatto o una semplice minestra di lenticchie rosse, anche se mia sorella non era pelosa come Esaù, ma sicuramente altrettanto dispettosa e talvolta molesta. Qui lo scrivo e qui lo scrivo.
A proposito dell'amore fraterno, fratelli vendono fratelli per gelosia e invidia; il fratello venduto diventa uomo di fiducia di Putifarre, dal bel nome grasso adatto a lui che era il capocuoco del Faraone, ma Giuseppe, bello com'è, viene concupito dalla moglie del suo padrone.
Mi chiedo se sia stato difficoltoso per il rabbino spiegare questo concetto a noi bambini; concupire, quella era la parola, ma eravamo così buoni lì ai suoi piedi, allievi sognanti con occhi sgranati e lui raccontava così bene, senza inutili imbarazzi, queste storie così grevi, spesse e colorate.
Cosa c'era da chiedere?
Ora credo invece che più difficile ancora sia, alla luce del senno di poi, di molto poi, comprendere come un eunuco qual era Putifarre, perché allora la parola eunuco non era stata detta, era troppo anche per il rabbino Polacco, potesse soddisfare una moglie, poveretta. È invece molto più facile capire perché la donna avesse provocato il bel Giuseppe e al suo rifiuto si sia vendicata, denunciandolo per violenza. Quale vera signora non avrebbe fatto qualcosa del genere?
Lisce, piatte, piccoline e rotonde
Eroiche scrocchiano nel piatto già monde
Nutrite dal fuoco morbida truppa
Tubano in pentola sotto forma di zuppa.
Isacco ormai vecchio debole e stanco
Chiama Giacobbe vicino al suo banco.
Crinito e peloso lo sente al suo tocco,
Ha cieco creduto che fosse il suo cocco.
Intanto alla zuppa profumata e matura
Esaù svende la sua primogenitura! Il romanzo Asini, oche e rabini č stato pubblicato dalle Edizioni e/o, Roma 2011, pp. 226. Introduzione di Lia Levi. Roberta Anau nasce a Ferrara dove trascorre infanzia e prima adolescenza, poi si trasferisce a Torino dove si sposa, ha una figlia, si laurea e insegna per molti anni. Infine, nel 1995 apre l’azienda agrituristica La Miniera, nei pressi di Ivrea, dove propone una cucina di tradizione ebraica. Ha pubblicato libri di cucina e questo č il suo primo romanzo, in cui narra la sua vita e le sue radici ebraiche.
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