MILANO Cecília Meireles
Non si può servire allo stesso tempo due padroni… Non è possibile essere una grande città attiva e industriale e possedere il garbo delicato delle piccole città, prezioso come un gioiello Non si può avere i grattaceli, il traffico delle vie di Milano e il silenzio, l’assenza soprannaturale di Firenze e Venezia…
Ciò nonostante, in mezzo a questa fretta, alla frenesia degli uomini e del traffico, il Duomo offre i delicati merletti di marmo tessuti dagli architetti per cinque secoli. Guglie, punte, ogive, frecce: nel mezzo della piazza, il Duomo sembra un bastimento dagli innumerevoli alberi maestri, tutto di spuma e di luna. Può essere che a notte alta il borbottio della città si assopisca e si possa ricevere in altro modo questa visione. Quando ci sarà solitudine e silenzio intorno. Ma questo è un momento sfavorevole: tutto il traffico delle vie si riversa in questa piazza e sembra scardinare il vetusto monumento. Tutto è talmente veloce e confuso che lo sguardo non può indugiare sulla maestosa cattedrale per scoprire statue, torrioni, pinnacoli, colonne e vetrate.
Poi succede che sotto quella favolosa, immensa, indescrivibile costruzione, ci sia una cripta con un’arca che lascia vedere, attraverso una campana di cristallo, la salma di San Carlo Borromeo, tutto sfolgorante di seta e di preziosi ricami, come un lampo.
Quando si vuole vedere i resti della città antica, ci sono sempre automobili, passanti, famiglie intere che sfilano, chiacchierano, e così non si riesce a vedere niente. A Milano non ci si può fermare, per lo meno qui in centro.
L’Italia è un paese meraviglioso, non solo per quello che si vede in superficie, ma anche per quello che si trova nascosto nelle sue viscere. Poco sappiamo di ciò che sta là sotto: può essere un tempio, una statua, una strada con le sue costruzioni…
Alcuni operai hanno aperto il suolo, allestito un cantiere e sono scesi là in basso a esplorare. I passanti si avvicinano, guardano, domandano…proseguono.
E, così come la città scende in queste antiche profondità, così s’innalza in alti edifici, palazzi vertiginosi, moderni e imponenti di ardita costruzione, con facciate di vetro e terrazzi dalla splendida vista.
C’è anche la Fiera con i suoi padiglioni, molta gente e il Brasile, come di consueto impacciato in queste situazioni, perché evidentemente c’è un’entità malefica sempre pronta a portare iella alla sua promozione, quando c’è gente che avrebbe piacere di vedere molte cose del Brasile, di conoscerlo meglio questo paese dove ogni italiano ha un parente o un conoscente che vi lavora.
Partiremo da Milano con la malinconia di lasciare l’Italia. Disperderemo nel cielo il nostro rimpianto. Penseremo ai cari amici nel loro sonno nelle case delle città che stiamo sorvolando...
[1955] Tratto dal Libro 2 di Crônicas de viagem (obra em prosa)col titolo Entre chão e o céu, Editora Nova Fronteira, Rio de Janeiro, 1999. Traduzione dal Portoghese e riduzione di Mirella Abriani Cecília Meireles (1901- 1964), nata e morta a Rio de Janeiro, dopo aver vissuto in diversi paesi europei e di altri continenti, è considerata la più grande poetessa brasiliana del Ventesimo secolo.
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