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Sagarana IL PASSAGGIO DELLA LUCE SULLA CARTA


Julio Monteiro Martins


IL PASSAGGIO DELLA LUCE SULLA CARTA



 

Il vecchio libro è ora posato sulla lente dello scanner. Sopra di lui il coperchio si preme e l’abbraccia stretto. Il dorso del vecchio volume scricchiola e quasi si sfascia, disabituato com’è ad abbracci o a contatti di qualunque genere, anzi, timoroso degli amplessi, accorto della propria condizione friabile, dell’osteoporosi del suo scheletro di carta e colla.

Un critico letterario mi ha chiesto il sommario di un’antologia della Livre de Poche “Lire en Portugais”, pubblicata a Parigi nei primi anni ’80, con racconti di scrittori contemporanei portoghesi e brasiliani, e tra essi un mio racconto, “La collezione”, che parlava allegoricamente di una comunità di piccoli uomini e donne allevata da un collezionista dilettante dentro una scatola di legno.

Il modo più pratico di fargli avere quel sommario è quello di scannerizzarlo e inviarlo come allegato di un messaggio e-mail. Ma c’è qualcosa di improprio, di surreale in questo abbinamento: il vecchio libro e lo scanner nuovo, due epoche ben diverse che non avrebbero dovuto incrociarsi.
 
La carta, ormai priva di elasticità, somiglia a un biscotto di pasta sfoglia, mentre su di essa viaggia implacabile l’intensa luce fredda, bianchissima, stratosferica della lampada copiatrice, sullo sfondo sonoro di un fischio meccanico ovattato, lo sportello verticale di una stazione orbitale che si schiude nell’etere.
 
Nell’aprire le braccia del vecchio libro per accomodarlo sullo scanner, mi sembra proprio di crocifiggerlo. Ma prima di farlo, guardo bene quell’unica copia rimasta. I fogli gialli quasi arancioni cominciano a sgretolarsi tra le mie dita, come se rosi dalla ruggine. E mi fa tanta tenerezza, perché capisco che anche i corpi dei libri invecchiano insieme al corpo del loro autore. Anche nella materia si manifesta quella loro incondizionata solidarietà.
 
E allora faccio partire, con il sibilo noto, quel simulacro grafico di una tomografia computerizzata, mentre penso: i libri non sono solo le parole che racchiudono, quelle sono forse la loro anima, che dialoga con la nostra. Un libro è anche un essere fisico, con il suo peso e il suo tocco, con un profumo inconfondibile, rasserenante, con i suoi colori esterni, invitanti come un volto che ci sorride, e il suo biancore interno, rassicurante paesaggio alternativo, un paese di silenzio e storie.
 
Di un libro uno può innamorarsi anche prima di aprirlo. Non è così con tutti gli innamoramenti? Anzi, forse sono proprio il mistero e l’attesa i suoi ingredienti magici.
 
E penso anche: gli scrittori passano. I loro corpi non saranno più visibili. I loro libri rimarranno nel mondo ancora per un po’, è vero, ma anche i corpi dei libri presto spariranno. E stavolta non si reincarneranno più in qualche nuova edizione. Sarà il loro congedo finale. Resterà soltanto il loro spirito immateriale a infestare e-book e i-pad o a giacere in santa pace nelle tombe sigillate dei nostri hard-disk.




Julio Monteiro Martins
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