L’AUTOBUS DEI PRANKSTERS Un capitolo del romanzo inedito Il paradiso di Neal Dianella Bardelli
L’autobus dei Pranksters non è solo tutto colorato e lucido pieno di stelline su un cielo blu pieno di strisce e festoni azzurri e rossi- e tutto dorato- no, non è solo questo- l’autobus ride- se la ride tutto il tempo soprattutto quando viaggia e sulla torretta i Grateful Dead sparano la loro musica e Ken dirige, non solo sull’autobus- Ken dalla torretta dirige e fa vibrare il mondo- il mondo e le strade e le paludi e i boschi che i Pranksters attraversano- e così sotto la direzione di Ken il mondo si illumina e pulsa e danza interiormente.
I vetri dell’autobus erano tutti appannati oppure volutamente ricoperti con qualcosa di bianco; vi si rifletteva il cielo notturno su cui in questo momento stavano passando delle nuvole bianche che prima che arrivasse l’autobus Neal non aveva ancora visto. Sul cofano dell’autobus lo stemma del buffone dorato sorrideva, nell’atto di correre, ma con lo sguardo triste e la faccia come un triangolo. Reggeva la bandiera americana a stelle e strisce che non era mai mancata nei raduni dei Marry Pranksters.
Ma mentre si stava sempre più avvicinando a dove si trovava Neal l’autobus tutto colorato cominciò a ruotare su se stesso e ad alzarsi di qualche centimetro dalla sabbia del deserto bianco; ruotava lentamente come cercando una direzione verso cui spiccare il volo; dopo che ebbe fatto parecchie giravolte, sempre sollevato dalla sabbia, cominciò a cambiare aspetto; in pochi attimi perse tutta la sua luminosità, il sorriso del radiatore divenne un ghigno, la carrozzeria si incupì, tutti i colori che l’abbellivano divennero varie gradazioni di verde e di grigio. Neal avrebbe voluto fermare quella metamorfosi, fare in modo che il tempo si fermasse almeno per l’autobus “burlone”, che almeno lui non cambiasse, che rimanesse almeno lui così per sempre, per sempre giovane. Era angosciato adesso Neal e cominciò ad ansimare, a preoccuparsi perché l’autobus era la sola sua via di fuga.
Ma infine l’autobus diventato verde e grigio, come fosse un mezzo militare che andasse all’assalto di un nemico, si fermò definitivamente sulla sabbia. Neal rimase in attesa; dalla nera caverna che era l’interno dell’autobus uscì Ken Kesey, tutto vestito in tuta militare, con addosso gli stessi colori dell’autobus; in testa però aveva un buffo cappellino bianco da spiaggia o da golf, che Neal non gli aveva mai visto e mai si immaginava di potergli vedere in testa; era decisamente invecchiato rispetto al ragazzone biondo, serio e autoritario che Neal ricordava di aver conosciuto, frequentato, amato nel periodo degli Acid Test. Ora era rosso in faccia e sorridente, come un pensionato in vacanza in Florida che sia appena tornato dalla spiaggia; aveva perso la sua aria corrucciata e strafottente, che era stata la sua espressione facciale consueta; ora aveva in viso un’espressione che più conciliante di così non poteva essere.
Ciao Ken, disse comunque Neal; lui non rispose ma si avvicinò al vecchio amico di qualche anno prima, gli si parò davanti e scrutandolo bene negli occhi gli disse, come hai fatto, cazzo, a rimanere così giovane? Ehi, disse Neal, non è passato poi tanto tempo dall’ultima volta in cui abbiamo “viaggiato” insieme, ma in effetti tu sei cambiato parecchio, che cazzo ti è successo, amico? Che cazzo è successo a te?, Come hai fatto a non invecchiare in questi 20 anni? Come sarebbe a dire 20 anni, Ken, sarà un paio d’anni che non ci vediamo…Ehi, Neal, che ti succede, sei andato via di testa completamente? Io ho smesso con i “viaggi”, solo alcool ormai….ma poco anche di quello….ci tengo alla mia salute…sai com’è ad una certa età si capiscono certe cose che a 20 o 30 anni neanche immagini che possano accadere. Non sono stato bene, una brutta ulcera alla stomaco, mi sono dovuto far operare e adesso se bevo lo devo fare di nascosto da mia moglie…Tua moglie?, chiese Neal, quale moglie?. Oh, non la conosci, è una che ho incontrato qualche anno fa, una vera signora, sai? Non una delle nostre pazze ragazze…ma tu piuttosto, non sembri invecchiato per niente, forse perché già allora eri parecchio messo male,
dimostravi 20 anni di più dei tuoi 40…Perché tu quanti anni hai?, chiese Neal. Eh!, amico mio siamo coetanei, abbiamo entrambi 60 anni. Ma non mi meraviglio più di tanto, in fondo, che tu sia rimasto praticamente uguale a 20 anni fa…magari, sì più rughe e più marcate sulla fronte e quelle due pieghe profonde sulle guance…no, non ce le avevi “allora”, e poi la pelle…così …direi macerata, strapazzata , come fosse cuoio…e i capelli…sì…sono molto più radi, che fai te li tingi, naturalmente….ah birbante di un Neal, l’eterno giovane, l’Adone di Denver!....non ce la fai proprio ad arrenderti all’età, al passare inesorabile e crudele del tempo! Scommetto che piaci ancora alle ragazzine! Dì un po’, Ken, tu mi sei stato amico, disse Neal, dimmi per favore, dove cazzo siamo qui?, dove mi trovo?, ..non so… è che ultimamente ero talmente giù, sai dopo l’esperienza dell’autobus per me è finito tutto…io non avevo come te un posto dove tornare, una carriera da riprendere, io , lo sai sono solo il figlio della strada…è per questo che vi piacevo tanto a voi…bravi ragazzi d’America….per voi in fondo è stato tutto un gioco, un passatempo giovanile, per me invece quella vita che facevamo era tutto…tutto.. e dopo quando quella vita è davvero finita…sono finito anche io..capisci? e così ho cominciato a esagerare con le anfetamine e siccome non mi facevano più dormire, ho cominciato forte con i barbiturici…ho esagerato, Ken….così adesso sono in questa specie di sogno..dimmi tu lo sai dove siamo in questo momento io e te, lo sai? Siamo tutti e due nella tua mente, rispose serio Ken Kesey, tanto serio che Neal si prese paura, gli si accapponò la pelle delle braccia e della schiena e cominciò anche a tremare, come fosse preda di un brutto viaggio…Ah, bene, disse ugualmente, allora non sto morendo, come aveva detto prima Lu Ann…meno male. Siamo tutti e due nella tua mente ma se stai morendo o no io non lo so, disse Ken, …non mi riguarda questo…anche perché so per certo che io vivrò molto più di te…quindi…potresti immaginarti questa situazione in cui ci troviamo poco prima di morire, chi può dirlo questo, non certo io..e poi anche fosse? Come sarebbe a dire anche fosse?, disse con voce strozzata Neal. Bè, dai, non ricordi quante volte ne abbiamo parlato quando stavamo insieme? Tu dicevi sempre che non avevi paura della morte, l’importante era andare, viaggiare, bruciarsi; potrebbe essere anche la fine del tuo viaggio, hai sempre corso e adesso sei al solito traguardo. Caro il mio Neal, forse sei arrivato all’ultima stazione…dovevi fermarti prima…come ho fatto io….mi sono fermato in tempo…ma tu invece hai continuato e adesso eccoti qua in questo brutto viaggio che hai anche paura che sia l’ultimo… Ken Kesey voltò le spalle a Neal e si avviò verso l’autobus. Che fai, disse Neal, con voce disperata, te ne vai, mi abbandoni anche tu? Perché non rimani qui a chiacchierare un altro po’ con me? Dai che parliamo un po’ dei vecchi tempi…Io non ho più vecchi tempi, gli disse voltando verso di lui la testa ma senza fermarsi Ken, io vivo nel presente e il passato non me lo ricordo neanche più…fai così anche tu, Neal, cerca di dimenticare, l’epoca dei nostri sogni non ritornerà. Aspetta Ken, implorò Neal, non lasciarmi solo…Ma dai Neal, l’autobus è pieno di gente che conosci. Chi vuoi che ti chiami? Bè, disse Neal accarezzandosi la testa e sorridendo, uno che ha perso sempre molto tempo con me è Jack, c’è anche lui?, chiese quasi timidamente. Vuoi che non ci sia proprio lui, il tuo grande amico, c’è, c’è, adesso te lo chiamo.
Jack Kerouac scese quasi solennemente dall'autobus e si avvicinò all’amico di un tempo, del tempo della Strada, con aria impettita e la faccia compunta e seria, da professore. Eh! Jack, come va, amico?, disse Neal avvicinandosi quasi a toccarlo e stendendo le braccia nel gesto di volerlo abbracciare. Tu devi stare molto attento, lo apostrofò Jack, col dito alzato in aria di rimprovero, sei su una china che ti può portare solo alla rovina più totale. Devi smetterla con il bere, le droghe e soprattutto quella brutta gente con cui giri sempre, continuò Jack,devi lasciarli fuori della porta, non permettere che entrino in casa tua. E’ la miglior soluzione per levarseli di torno, io faccio così almeno. Come ti sei vestito, Jack, disse scrutandolo Neal, dove hai messo la tua bella camicia a scacchi da boscaiolo? Ma guardatelo con la giacca, la camicia di cotone rosa
aperta sul collo, le unghie pulite, i capelli ravviati…Non ti ho mai visto così, mi fai quasi impressione, Jack, disse reprimendo le risa Neal. Tu non sai di cosa parli, e faresti meglio a starmi a sentire e fare come ti dico io. Jack, disse Neal, guardandolo fisso, l’hai poi visto Dio? Tutta la vita hai aspettato di vederlo. L’hai poi visto? No, disse secco Jack, ma lo sento nel silenzio di casa mia. Quale casa?, chiese Neal. La mia, di quando ero piccolo, sto lì ora, e sì, lì il silenzio è pieno della voce di Dio. Cosa vuoi dire Jack? Che il silenzio è denso dell’energia di
Dio, rispose Jack, rialzando il dito che aveva appena abbassato. C’ ho scritto sopra anche delle cose, vuoi sentire una mia nuova poesia sul silenzio? Se penso che prima, quando pensavo al silenzio di Dio, pensavo alla sua assenza, adesso invece penso tutto il contrario, quando penso al silenzio di Dio, penso ad un silenzio pieno della sua presenza. Tutto il contrario, capisci? Che roba! Come si possono vedere diversamente le stesse cose, le stesse esperienze…è incredibile.
La voce di Jack Kerouac divenne improvvisamente dolce e triste, quella che Neal aveva ascoltato migliaia di volte. Neal, amico mio, disse, sai quando sono sceso dall’autobus non ti ho preso molto in considerazione, vedevo che eri tu, il solito Neal Cassady, quel gran figlio di puttana, ma non so, era come se ce l’avessi con te…o con me …che fa poi la stessa cosa…perché noi siamo stati la stessa cosa per tanto di quel tempo! Negli ultimi tempi, sai, non scrivo più le solite menate di viaggi e scalate, bevute, scrivo per me, scrivo per capire, per capire tutto questo fatto terribile di Dio nel mondo. Ne sei sempre stato ossessionato, disse Neal. Sì, ossessionato, dici bene, sono uno che vive di ossessioni. Adesso c’è di nuovo Dio ad ossessionarmi e quel silenzio, che a volte ne è pieno, è una cosa che ho scoperto da poco. Ho tanto tempo adesso, e posso ascoltare il silenzio quanto mi pare. Poi Jack si rabbuiò di nuovo. Neal, perché non ti sei più fatto vivo con me, si può sapere? Sono anni che non ti fai sentire, né per lettera, né per telefono. Ti ricordi le lettere che mi scrivevi? Erano meravigliose, possibile che tu non abbia più niente da dirmi? Qualche torto devo averlo nei tuoi confronti per non esserti più fatto vivo con me, ma io non ho la minima idea di cosa sia. Non hai neanche la minima idea di come mi senta solo. Che vuoi da me, Jack, perché sei qui ora?, chiese Neal, diventando improvvisamente serio e ostile; dopo tanto tempo, ti fai vivo come niente fosse… C’hai la faccia gonfia. Gli occhi spenti, le labbra secche, e mi vieni a fare la predica, col dito alzato oltretutto…E’ roba da matti….io sono più in forma di te …e mi credevo tanto messo male. E che ci facevi sull’autobus poi?, Che c’entri tu con Ken e gli Allegri Burloni? Se c’è al mondo uno che non è né allegro né burlone quello sei proprio tu, Jack. Nel dir questo Neal mise una mano sulla spalla del suo grande amico di un tempo, del tempo bello della Strada. Sono salito su con loro un giorno mentre facevo l’autostop, disse Jack. Ti sei rimesso a fare l’autostop! Proprio tu che eri una frana anche da giovane…non ti prendeva su nessuno. Entrambi risero di queste parole di Neal. E’ proprio vero, Neal, ero un vero disastro con l’autostop..ma sai, volevo riprovare le vecchie emozioni di un tempo, per vedere se riuscivo a tornare a scrivere della Strada. Mi manca, mi manca terribilmente la Strada e mi manchi terribilmente anche tu Neal! Salvami, ti prego!. Oh!, questa è bella!, disse Neal, io che salvo te! Ma lo vedi in che guaio mi trovo? Lo sai che forse sto morendo? Me l’ha detto Lu Ann poco fa. Hai visto anche lei? Sì perché? chiese Neal. Oh, niente, così per sapere. Secondo te perché stai vedendo me e prima Ken? Io non lo so perché, Jack…chi sono io per poter dare una risposta ad un perché del genere?, e poi chi sono io per poter dare una risposta ad alcunché ..non so nulla io, e a dir la verità non ho mai voluto sapere nulla.., ma di questo abbiamo parlato tante volte. Sei sicuro che ne abbiamo parlato tante volte? Io non me ne ricordo, disse Jack. Non ha nessuna importanza ormai che ne abbiamo parlato o no nel passato, non ha più nessuna importanza. Quello che conta è che ne stiamo parlando ora, e ho l’impressione che per me questo momento sia cruciale sia che sia l’ultimo oppure no; ma poi alla fine non ha nessuna importanza neanche questo, se devo dirtela proprio tutta. Più sto in questo deserto, più gente mi compare davanti in questo deserto bianco e più le cose perdono importanza, se succede una cosa invece di un’altra, se non succede, che importanza ha, in fondo? Abbiamo vissuto, c’è piaciuto? Questa è la domanda, la vera domanda. Bè Neal, non è che sia un gran che come domanda, disse Jack. Lo so che a te piace molto porti domande impossibili, Jack. Questo sì che non te l’ ho mai detto, ma l’ho sempre pensato di te.Hai questa mania del misticismo e di Dio, poi di Buddha e poi ancora di Dio e nel frattempo fai quel cazzo che ti pare, fregandoti della morale di qualunque religione, insomma se ci pensi il tuo è un tipico comportamento da bigotto. Io non sono così, continuò Neal, ho sempre fatto quello che mi pareva ma sapevo che facevo del male alle persone, a mia moglie, ai miei figli, lo sapevo, ma facevo quello che volevo lo stesso, li abbandonavo, non li mantenevo, sono stato un cattivo marito e un pessimo padre, lo so , l’ho sempre saputo.
Io ti ho amato moltissimo, disse Jack, fissando Neal con aria afflitta. E adesso come va col bere?, disse quest’ultimo, di rimando. Lo vedi, no, che faccia ho. Siamo tutti e due invecchiati, disse sottovoce Neal, come parlasse più a se stesso che all’amico. La vita ci ha consumato, disse Jack, ma non siamo davvero invecchiati, aggiunse con aria maliziosa. Cosa vuoi dire?, chiese sospettoso Neal. Voglio dire che tu hai un gran paura di essere in punto di morte, se non sbaglio. Bè, metti invece che noi due siamo già morti, metti anche da un pezzo, e se questo fosse il sogno di qualcun altro? Qualcun altro chi?, chiese più incuriosito che spaventato Neal. Metti, proseguì senza rispondere Jack, che noi si sia morti da un bel po’ di anni. Questo potrebbe essere il sogno di chiunque su noi due. Qualche ammiratore, commentò Neal. Già, rispose Jack, ce n’è così tanti al mondo..Come fai a saperlo?, chiese Neal. Non è che io sia poi così tanto conosciuto, disse, guardandosi le scarpe di tela piene di sabbia bianca; però se ci penso, sì potrebbe anche essere che qualcuno sogna di me e di te, qualche ragazza, anzi, sai chi secondo me sta sognando di noi? Allen. Allora anche tu sei convinto che siamo già morti e questo è il sogno di qualcuno? Che ne so, Jack, disse sconsolato Neal, per quanto ne so io ho solo finito la benzina quando sono entrato in questo deserto di sabbia bianca E se stessi dormendo?, disse Neal. Perché dobbiamo essere per forza morti, sei il solito pessimista, Jack. Dai, Neal, ragiona, secondo te con la vita che abbiamo fatto, e tutto quello che ci siamo messi in corpo per vivere accanitamente per anni e anni, qual è l’ipotesi più probabile? La morte è sempre stata presente, disse Jack, sottovoce. Ci stava attaccata per i capelli, lo è stata per tutta la vita agganciata a noi, e più correvamo e più lei ci stringeva tra le sue dita rinsecchite.… Dì, un po’, prendi sempre tutta quella robaccia che ti ho visto ingoiare negli ultimi tempi che ci siamo frequentati? Sarebbe il massimo morire perché nessuno ti viene a svegliare la volta che hai preso troppo sonniferi. Se fosse così come dici ci sarebbe ancora una speranza, disse Neal. Non vivo da solo in Messico, aggiunse subito dopo. In Messico?, sei tornato in Messico?, chiese Jack, Non me l’’aspettavo che tornavi in Messico. Pensavo fossi a casa da tua moglie, con i tuoi figli e fossi finito qui per sbaglio, per una manciata di sonniferi di troppo…Se solo fosse vero quello che dici, disse Neal, se mi fossi solo addormentato di brutto dopo i sonniferi!. Deve essere proprio così, tra un po’ tu sparirai, Jack, e io sarò svegliato dalla mia dolce Janice; a volte per svegliarmi mi butta giù dal letto e mi riempie di secchiate d’acqua fredda, a volte funziona e mi sveglio, a volte no, e allora mi sveglio dopo un giorno. Speriamo sia una di queste volte, disse Jack. Se vuoi io me ne vado e così il sogno dura meno e tu ti svegli. Se capita così, Neal, ricordati di me, telefonami o scrivimi. Magari sono venuto qui solo per questo, per ricordarti che esisto e che puoi sempre cercarmi e così potremmo a anche ricominciare tutto da capo, a parlare, viaggiare, scrivere. Non so disse Neal, sarebbe anche bello. Anzi, guarda io per me accetto, anzi tornare insieme mi libererebbe da una situazione in Messico…che non so proprio come finire, sempre una storia di donne naturalmente, una ragazza che mi ama, mi vuole, eccetera, eccetera. Ma io ho voglia di tornare a casa, ho promesso a Carolyn che sarei tornato a casa per il mio compleanno; ma non so se riuscirò a liberarmi di Janice Ma se ci riesco, ti telefono e ci vieni a trovare, e stai con noi un bel po’ di tempo e così potremo ricominciare tutto da capo tra me e te. Voglio ancora guidare macchine e questa volta voglio provare anche con i camion. Voglio provare con i camion. Così guadagno finalmente anche un po’ di soldi.. Poi via col camion per tutta la settimana o anche un mese, ma poi tornare a casa. Sì le scappatelle in un motel, in una tavola calda, ma poi via col camion da solo, Jack. Voglio provare a viaggiare da solo, eh Jack, dici che ce la farò? A stare solo a guidare? E a cambiare vita ce la farò? Nella prossima vita, dice Jack. E gli sorride. Nella prossima vita guiderai il camion e tornerai a casa. Te lo prometto. Te lo prometto. Te lo prometto io. Il tuo Jack. (Un capitolo del romanzi inedito Il paradiso di Neal, ispirato alla vita e alla morte di Neal Cassady, l’eroe beat di Kerouak e Ginsberg.) Dianella Bardelli dirige due blog letterari: http://poesiaprosaspontanea.splinder.com/ e http://haiku.splinder.com/ e scrive anche delle recensioni di romanzi e film su http://www.lankelot.eu/; alcuni suoi racconti sono stati pubblicati ne La poesia e lo Spirito.
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