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Sagarana PARLO CON TE


Juan Carlos Mestre


PARLO CON TE



 

 
 
Parlo con te, ignoro dove sei, verso quale luce cerca il mio Essere
l’eco in cui ti ascolto.
 
Non c’è usura nella tua voce, io so che un’aria tersa ti respira, che
qualcosa che redime, una chiarità che trascina il fiume, porta
il tuo pensiero.
 
Parlo con te, un’intatta passione vive nel tuo fosforo, un’unica
luce che non si spegne mentre la morte fluisce, mentre la morte
soffre questa parola.
 
Io parlo, parlo con te al bordo di un vuoto, al bordo di me stesso
come colui che gira mutuo, come ciò che dentro noi
è prossimo e s’avvicina col suo fascio luminoso di purezza.
 
Parlo di fronte al destino che immagina l’uomo, di quello abbandonato,
di quello delirante e oscuro parlo con te. Ed è notte, è
notte in entrambi come metallo oscuro, e vediamo come lungamente
la verità estende il suo unico filo di saliva, un unico alfabeto
nel rumore di tutti.
 
Parlo con te, oh bontà compartita di chi è silenzioso,
ombra di quest’ombra che aleggia ed è volo di somigliante
eloquenza, colui che scrive, colui che ascolta, colui che foglio a foglio
infila nell’eco una voce che risponde, quella voce in me
stesso, quella che ci illumina e persuade da oltre la morte.
 
 
 
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In lingua originale:
 
 
 
Hablo con tigo, ignoro dónde estás, hacia qué luz busca mi Ser
el eco en que te escucho.
 
No hay usura en tu voz, yo sé que un aire limpio te respira, que
algo redentor, alguna claridad que arrastra el río, lleva el
pensamiento tuyo.
 
Hablo con tigo, una intacta pasión vive en tu fósforo, una única
luz que no se apaga mientras la muerte fluye, mientras la muerte
sufre esta palabra.
 
Y hablo, hablo con tigo, alrededor de un hueco, alrededor de mí
como el que gira mutuo, como aquel que dentro de nosotros
es próximo y se acerca con su haz luminoso de pureza.
 
Hablo ante el destino que imagina el hombre, eso de desvalido,
eso de delirante y turbio hablo con tigo. Y es de noche, es de
noche en los dos como metal oscuro, y vemos como largamente
la verdad extiende su único alfabeto en
el rumor de todos.
 
Hablo con tigo, oh bondad compartida de quien es silencioso,
sombra de esa sombra que aletea y es vuelo de semeyante
elocuencia, el que escribe, el que escucha, el que lámina a lámina
va enhebrando en el eco una voz que responde, esa voz en mí
mismo, la que nos alumbra y persuade desde más allá de la muerte.






(Introduzione e traduzione a cura di Tomaso Pieragnolo. Juan Carlos Mestre, Elogio de la palabra, 2009, Fundación Casa de Poesía, San José, Costa Rica. L'illustrazione è tratta da un opera di Juan Carlos Mestre).




Juan Carlos Mestre

Juan Carlos Mestre è nato in Spagna a Villafranca del Bierzo, León, nel 1957. Poeta e artista visuale, è autore delle raccolte Siete poemas escritos junto a la lluvia (1982), La visita de Safo (1983), Antífona del Otoño en la Valle del Bierzo (1985, Premio Adonais), Las páginas del fuego (1987), La poesía ha caído en desgracia (1992, Premio Jaime Gil de Biedam) e La tumba de Keats (1999, Premio Jaén de Poesía), quest’ultimo scritto durante la sua permanenza a Roma come borsista dell’Accademia di Spagna. La sua opera poetica dal 1982 al 2007 è stata raccolta nella antologia Las estrellas para quien las trabaja, pubblicata nel 2007. Ha realizzato le antologie poetiche di Rafael Pérez Estrada (La palabra destino, 2001) e di Rosamel del Valle (La visión comunicable, 2001) ed è autore de El universo está en la noche (2006) libro sui miti e le leggende mesoamericane. Le sue opere grafiche e le sue sculture sono state esposte nelle gallerie di Spagna, Stati Uniti, Europa ed America Latina. La sua poetica, arricchita da una ampia conoscenza delle arti pittoriche e plastiche, continua e supera con personalità e finezza le istanze espressioniste e surrealiste, giungendo ad una forma poetica in esperto equilibrio tra ritmo e misura; le reminescenze romantiche aggiungono alla sua creatività un onirismo mai eccessivo, un colore spesso estatico e sognante come se l’autore sempre si muovesse nella raffigurazione della propria poesia.





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