LA STORIA DEI COMPARSI Mia Couto
È verità: i morti non devono comparire, saltare il confine del loro mondo. Vengono solo a disorganizzare la nostra tristezza. Lo sappiamo già per certo: il tale è scomparso. Abbiamo consolatole vedove, abbiamo già versato le lacrime, tutte.
Al contrario, ci sono di quei morti che sono morti ma che hanno l'arroganza di ricomparire. Fu quanto accadde in quel villaggio che le acque avevano strappato dalla terra. Le piene avevano portato via il villaggio, con le radici e tutto. Del posto non rimase neppure la cicatrice. La maggioranza si salvò. Scomparvero Luís Fernando e Aníbal Mucavel. Morirono dentro l'acqua, pescati dal fiume furioso. La loro morte era una certezza, quando una sera ricomparvero di nuovo.
I vivi chiesero molte cose. Impauriti, chiamarono i miliziani. Comparve Raimundo, che teneva l'arma come se fosse una zappa. Stava tremando e non trovò altre parole:
«Lasciapassare!».
«Sei scemo, Raimundo. Abbassa quell'arma».
II miliziano riprese coraggio quando udì la voce dei defunti. Comandò loro di indietreggiare:
«Andatevene là di dove siete venuti. Non arrischiatevi a tentare qualche trucco: sarete respinti».
Il dialogo non risolveva nulla. Venne fuori Estevão, responsabile della vigilanza. Luís e Aníbal furono autorizzati a entrare, per spiegarsi di fronte alle autorità.
«Voi non siete più contati. Dove andrete ad abitare?»
I comparsi erano desolati per la maniera in cui li si accoglieva.
«Siamo stati rapiti dal fiume che ci ha travolti chissà dove, e adesso voi ci trattate come degli infiltrati?».
«Aspetta. Andiamo a parlare con il responsabile degli affari sociali. È lui il competente per la vostra pratica».
Aníbal si senti più afflitto che mai. Adesso siamo una pratica? Una persona non é un divorzio, una lite! Non é che loro avessero un problema: era tutta la loro vita che non trovava più collocazione...
Il responsabile arrivò. Era grasso; la pancia, curiosa, occhieggiava dalla balalaica. Furono salutati con il rispetto dovuto ai defunti. Il responsabile spiegò le difficoltà e il peso che loro rappresentavano, in quanto morti dall'improvviso ritorno.
«Guardate: sono arrivati i soccorsi. Vestiti e coperte, come si usa nelle calamità; lamiere di zinco e molta altra roba. Ma voi non rientrate nella pianificazione».
Aníbal diventò nervoso, di fronte all'elenco delle cose da cui erano esclusi.
«Come, non ci siamo? Voi cancellate una persona così, in modo sbrigativo?».
«Ma voi eravate morti, non so nemmeno come siate qui».
«Morti? Come? Non credi che siamo vivi?».
«Forse. Ma sono confuso. Questa storia di vivi e non vivi... È meglio che ne parliamo con gli altri compagni».
E andarono in sede. Spiegarono la loro storia ma non riuscirono a presentare prove attendibili della loro verità. Un uomo trascinato via come un pesce cerca solo l'aria, non si interessa di nient'altro.
Il responsabile degli affari sociali concluse, brusco:
«Non importa se siete o non siete completamente morti. Se siete vivi è anche peggio. Sarebbe stato meglio se aveste approfittato dell'acqua per morire».
L'altro, il tipo dalla balalaica in lotta con i bottoni, aggiunse:
«Non possiamo consultare le strutture del distretto e dire che adesso sono apparsi dei fantasmi. Ci risponderebbero che siamo in combutta con gli stregoni. Potremmo anche venire puniti».
«È vero», confermava l'altro. «A suo tempo abbiamo frequentato una scuola quadri. Voi siete anime; non siete la realtà materialista, come me e come tutti quelli che stanno con noi nel nuovo villaggio».
Il tipo grasso sottolineava:
«Per rifornirvi, dovremmo chiedere un aumento delle quote. Come potremmo giustificarlo? Dovremmo forse dire che abbiamo delle anime, da nutrire?».
E così non c'era più niente da discutere.
Luís e Aníbal uscirono dalla sede confusi e abbattuti. Là fuori, una folla curiosa li contemplava. I due comparsi decisero di cercare Samuel, il professore.
Samuel li ricevette in casa. Spiegò loro il motivo per cui dovevano restar fuori dagli elenchi del rifornimento.
«I responsabili di qui non sono come quelli degli altri villaggi. Fanno borsa nera con i prodotti. Li distribuiscono prima di tutto alle loro famiglie. A volte, dicono che non ce n'è per tutti, mentre la loro casa è piena».
«Perché non li denunciate?».
Samuel si strinse nelle spalle. Soffiò sulla brace per ravvivare il fuoco. Fiori rossi, nati dalle fiamme, diffusero il profumo della luce nella piccola stanza.
«Guardate, vi dirò un segreto. Qualcuno si è lamentato con le strutture superiori. Dicono che questa settimana deve venire una commissione per far luce sulle lamentele. Voi dovete approfittare di questa commissione per esporre il vostro caso».
Samuel offri loro alloggio e cibo fino a quando non giungesse la commissione d'inchiesta. Aníbal, pensieroso, si mise seduto sul retro della casa. Contemplò a lungo i propri piedi e mormorò a bassa voce, come se stesse parlando con loro:
«Dio mio, come siamo ingiusti con il nostro corpo! Di che cosa ci dimentichiamo, soprattutto? Dei piedi, poveracci, che si trascinano per sostenerci. Sono loro che si fanno carico della tristezza e della felicità. Ma, siccome stanno lontani dagli occhi, lasciamo i piedi soli, come non fossero nostri.
«Soltanto perché stiamo sopra, pestiamo i nostri piedi: Così comincia l'ingiustizia, a questo mondo? Ora, in questo caso, i piedi siamo io e Luís, sradicati, caduti nella polvere del
fiume».
Luís si avvicinò, meno lucente di un'ombra, e gli chiese spiegazione di quel borbottare. Aníbal gli raccontò quel che aveva scoperto a proposito dei piedi.
«Sarebbe stato meglio se tu avessi pensato a un modo per mostrare a questa gente che, in fin dei conti, siamo qualcuno».
«Lo sai? Una volta il bosco, così vuoto di gente, mi faceva paura. Pensavo di poter vivere soltanto tra le persone, vicino alla gente. Adesso penso il contrario. Desidero già ritornare nei luoghi degli animali. Ho nostalgia di non essere nessuno».
«Stai un po' zitto, 'tu! Questo discorso sembra proprio un ragionamento da fantasma...».
Tacquero tutti e due, timorosi per la loro incerta condizione. Toccarono più volte le cose, rasparono per terra come se volessero confermare la materialità dei propri corpi. Luís
chiese.
«Ma non sarà poi vero? Non sarà che siamo proprio defunti? Forse loro hanno ragione. O forse stiamo nascendo per la seconda volta».
«Può essere, fratello mio. Tutto ciò può anche essere. Ma quel che non è giusto è essere accusati, essere dimenticati, cancellati, ricusati».
Era la voce di Samuel, il professore. Si avvicinò portando in mano alcuni manghi che distribuì ai due candidati all'esistenza. Sbucciarono i frutti, mentre il professore continuava:
«Non è giusto che si dimentichino che voi, vivi o morti, fate parte del nostro villaggio. Alla fin fine, quando fu necessario difendere il villaggio dai banditi, non prendeste forse le armi?».
«È vero. Soffro ancora per questa cicatrice, traccia di una pallottola del nemico. Qui».
Aníbal si protendeva, per indicare la prova della sua sofferenza, una ruga profonda che la morte aveva scritto sulla sua schiena.
«Tutti sanno che voi meritate di essere contati. È soltanto la paura che li fa tacere, che fa loro accettare le menzogne».
Dritto in piedi, così come si trovava, Aníbal strinse rabbiosamente i pugni. Il mango gocciolò, il sugo agrodolce cadde a terra.
«Tu, Samuel, le sai le cose della vita. Non trovi che è meglio se ce ne andiamo – se ci scegliamo un altro posto?».
«No, Aníbal. meglio restare. Dovete riuscirci, ne sono certo. E poi, un uomo che abbandona un posto perché é stato sconfitto, quell'uomo non vive più. Non ha un altro posto per ricominciare».
«Alla fin fine, Samuel – anche tu non ci credi che siamo vivi?».
«Stai zitto, Luís. Lascia che Samuel ci consigli».
«Questi che vi creano tante complicazioni devono cadere. Sono loro che non ci appartengono, non voi. Restate, amici miei. Aiutateci in questo nostro problema. Anche noi non siamo considerati: siamo vivi, ma è come se avessimo meno vita, come se fossimo dimezzati. Questo non lo vogliamo».
Luís si alzò e scrutò nel buio. Passeggiò in circolo, poi puntò al centro, dirigendosi verso il professore: «Samuel, non hai paura?».
«Paura? Ma questa gente deve cadere! Non è stato il motivo della lotta di liberazione, farla finita con questa schifezza di gente?».
«Non sto dicendo questo», rispose Luís. «Non hai paura che ci trovino qui con te?».
«Trovarmi con voi? Ma, alla fin fine, esistete, voi? Non posso mica stare con chi non esiste!».
Risero. Si alzarono e si separarono, dirigendosi verso le due porte della casa. Aníbal, prima di entrare:
«Eh, Samuel! A luta contlnua!».1
La commissione giunse tre giorni dopo. Era accompagnata da un giornalista che si interessò alla storia di Luís e Aníbal. Promise loro che si sarebbe occupato del problema. Se le cose non si fossero risolte avrebbe pubblicato la storia sul giornale e i responsabili del villaggio sarebbero stati smascherati.
La commissione lavorò per due giorni interi. Infine convocò un'assemblea generale degli abitanti del villaggio. Il recinto si riempi, erano venuti tutti per sapere le novità. Il capo della commissione annunciò le solenni conclusioni:
«Abbiamo studiato con molta attenzione il problema dei due elementi che attuarono la loro comparsa nel villaggio. Siamo giunti alla seguente conclusione ufficiale: i compagni Luís Fernando e Aníbal Mucavel devono essere considerati popolazione esistente».
Applausi. L'assemblea sembrava più tranquillizzata che contenta.
«Ma è bene che i due comparsi siano avvisati che non devono ripetere quest'uscita dal villaggio o dalla vita o da che so io. Applichiamo la politica della clemenza, ma la prossima volta non glielo permetteremo più».
Ora l' assemblea applaudi con convinzione.
Il giorno seguente, Luís Fernando e Aníbal Mucavel cominciarono a procurarsi i documenti che servono ai vivi.2
NOTE:
1 A luta continua! (pronuncia: continùa), principale slogan della guerra di liberazione mozambicana, oggi i la formula conclusiva di ogni documento
ufficiale (N.d.T.).
2 Nella versione teatrale di questo racconto c'è una coda significativa: nel
l'ufficio che deve dotarli di documenti, Luís e Aníbal trovano una burocrazia ancor più ottusa di quella del villaggio. Improvvisamente, vedono dei topi. Cominciano a dar loro la caccia, a bastonate. Ma ad ogni colpo di bastone muore un burocrate. La versione teatrale, che lega insieme quattro racconti, si intitola Il funerale del topo. La gente sa che un burocrate è morto e va al funerale; ma al di sotto del lenzuolo funebre compaiono le sembianze dell'animale... (N.d.T.).
(Tratto dal libro Voci allimbrunire, EL Editori, Roma, 1989. Traduzione di Edgardo Pellegrini.) Mia Couto: Considerato uno dei maggiori scrittori contemporanei in lingua portoghese, č nato a Beira in Mozambico. Ha svolto anche attivitā di giornalista ed ha diretto giornali e riviste. Laureato in biologia, si č dedicato ai problemi della difesa dell'ambiente. Ha iniziato la sua attivitā letteraria pubblicando una raccolta di poesie (Raízes de Orvalho, 1983), passando ben presto alla prosa, dove Couto si distingue per un uso eccezionale della lingua portoghese, che declina sulle norme e sui ritmi delle lingue africane. Nella prefazione all'ultimo libro pubblicato in Italia, Terra sonnambula, Luis Sepųlveda scrive che č "un romanzo pensato e scritto come un lungo poema epico da un poeta capace di fare della storia del suo paese una grande metafora: la metafora della speranza e della magia come antagonista di una realtā sinistra".
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