Torna alla homepage

Sagarana CIò CHE SARà LA “MIA” SINISTRA


Edgar Morin


CIò CHE SARà LA “MIA” SINISTRA



 

La sinistra. Sono sempre stato contrario a questo la unificante che annulla le differenze, le opposizioni, i contrasti. Questo perché la sinistra è una nozione complessa, nel senso in cui questo termine implica unità, concorrenze e antagonismi. L'unità si ritrova nelle sue radici: l'aspirazione a un mondo migliore; l'emancipazione degli oppressi, degli sfruttati, degli umiliati, degli offesi; l'universalità dei diritti dell'uomo e della donna. Queste radici, nate dal pensiero umanista, dalle idee della Rivoluzione Francese e dalla tradizione repubblicana, hanno irrigato, durante il XIX secolo, il pensiero comunista, il pensiero libertario.
Il termine "libertario" punta sull'autonomia degli individui e dei gruppi, il termine "socialista" sul miglioramento della società, il termine "comunismo" sulla necessità di una comunità fraterna tra gli uomini. Ma le correnti libertarie, socialiste, comuniste sono diventate concorrenti. Queste correnti si sono trovate anche in vari conflitti, che in alcuni casi si sono rivelati mortali, dopo l'annientamento, da parte di un governo socialdemocratico tedesco, della rivolta spartachista, fino all'eliminazione dei socialisti e degli anarchici per mano del comunismo sovietico.
I fronti popolari, le unioni della Resistenza sono stati solo momenti effimeri. E dopo la vittoria socialista del 1981 il Partito comunista è stato asfissiato da un bacio mortale, di cui François Mitterand è stato l'abilissimo stratega.
Ecco perché sono sempre stato contrario al la sclerosante e bugiardo della sinistra, pur riconoscendo le radici e le aspirazioni comuni. L'aspirazione a un mondo migliore si è sempre basata sull'opera dei filosofi. L'illuminismo di Voltaire e Diderot, con le idee antagoniste di Rousseau, hanno abbeverato il 1789. Marx è stato il filosofo che ha ispirato sia il comunismo sia la socialdemocrazia, fino a quando quest'ultima è diventata riformista. Proudhon è stato il fautore di un socialismo non marxista. Bakunin e Kropotkin sono stati gli ispiratori delle correnti libertarie.
Questi autori sono necessari ma insufficienti per capire il nostro mondo. Siamo chiamati a intraprendere un gigantesco sforzo di ripensamento che integri le numerose conoscenze settoriali disperse, al fine di esaminare la nostra situazione e il nostro futuro nel nostro Universo, nella biosfera, nella nostra Storia.
Bisogna considerare che la nostra era planetaria ha assunto una forma globalizzata nell'unificazione tecno-economica sviluppatasi a partire dagli anni novanta dello scorso secolo. La navicella spaziale Terra si è lanciata a una velocità vertiginosa, spinta dai quattro motori incontrollati scienza-tecnica-economia-profitto. Questa corsa ci sta portando a pericoli sempre nuovi: turbolenze critiche di un'economia capitalista sfrenata, degrado della biosfera, che è il nostro ambiente vitale, crisi bellicose crescenti e che coincidono con la moltiplicazione delle armi di distruzione di massa: tutti questi pericoli stanno aumentando sempre più, rafforzandosi l'un l'altro.
Dobbiamo considerare che in questo momento siamo in una fase regressiva della nostra storia. Al "collasso" del comunismo, che era stata una religione di salvezza terrena, è seguito il ritorno prepotente delle religioni di salvezza celeste; i nazionalismi assopiti si sono risvegliati violentemente, le aspirazioni etno-religiose, per accedere allo Stato-nazione, hanno scatenato numerose guerre di secessione.
Consideriamo la grande regressione europea. Prima di tutto relativizziamola, visto il progresso delle nazioni emancipatesi dal controllo dell'URSS. Tuttavia l'indipendenza di queste nazioni ha provocato lo sviluppo di un nazionalismo forte e xenofobo. L'irruzione dell'economia liberale ha sovreccitato allo stesso tempo l'aspirazione ai modelli di vita e di consumo occidentali e la nostalgia delle sicurezze dell'epoca sovietica, mantenendo forte l'odio per la Russia. Anche le idee e i partiti di sinistra nelle ex-democrazie popolari sono al grado zero.
All'Ovest non è stata solo la globalizzazione a sconvolgere le conquiste sociali del dopoguerra, eliminando dal mercato molte industrie incapaci ormai di sostenere la concorrenza asiatica, e provocando la delocalizzazione che ha decimato i posti di lavoro; non è solo la corsa sfrenata al guadagno che ha falciato le imprese, togliendo il lavoro a molti impiegati ed operai; tutto è stato causato anche dall'incapacità dei partiti di rappresentare il mondo popolare e di eleborare una politica che risponda alle nuove esigenze. Il Partito comunista è diventato una stella nana, i movimenti trotzkisti, nonostante la giusta denuncia del capitalismo, sono incapaci di proporre un'alternativa. Il Partito socialista esita tra il suo vecchio linguaggio e una "modernizzazione" che si supponeva realista, mentre, al contrario, la modernità è in crisi.
Ancora più grave è la scomparsa del popolo di sinistra. Questo, formatosi nella tradizione del 1789, riattualizzata dalla Terza Repubblica, è cresciuto tra le idee umaniste degli istitutori, le scuole di formazione socialiste, poi comuniste, che hanno inculcato la fratellanza internazionale e l'aspirazione ad un mondo migliore. La lotta contro lo sfruttamento dei lavoratori, l'accoglienza dell'immigrato, la difesa dei più deboli, la preoccupazione per la giustizia sociale, tutto questo ha nutrito, durante un secolo, il popolo di sinistra, e la Resistenza sotto l'Occupazione ha rigenerato il suo messaggio.
Ma il degrado della missione dell’istitutore, la sclerosi dei partiti di sinistra, la decadenza dei sindacati hanno smesso di nutrire d’ideologia emancipatrice un popolo di sinistra i cui ultimi rappresentanti, già vecchi, scompariranno. Resta la sinistra snob e quella al caviale. E allora razzismo e xenofobia, che per i lavoratori di sinistra si esprimevano soltanto in privato, rientrano ora nella sfera politica e d’ora in poi porteranno a votare Jean-Marie Le Pen. Una Francia reazionaria relegata in secondo piano nel ventesimo secolo, tranne che durante Vichy, arriva in primo piano, rinsecchita, sciovinista, arrogante.
Vorrebbe rifiutare i clandestini, reprimere crudelmente i giovani delle periferie, esorcizza l’angoscia dei tempi presenti nell’odio verso l’islam, verso il magrebino, l’africano e, di nascosto, l’ebreo, nonostante la gioia nel vedere Israele trattare il palestinese come il cristiano trattava l’ebreo.
La vittoria di Nicolas Sarkozy è dovuta in parte alla sua astuzia politica, ma soprattutto alla mancanza delle sinistre. Sotto forme differenti, la stessa situazione si presenta in Italia, in Germania, in Olanda; Paesi dal libero pensiero divenuto xenofobo e reazionario. La situazione esige tanto una resistenza quanto un rinnovo del pensiero politico.
Non si tratta di concepire un “modello di società” (che potrebbe soltanto essere statico in un mondo dinamico), piuttosto di cercare un po’ di ossigeno nell’idea di utopia. È necessario elaborare una Via, che potrà formarsi solo dalla confluenza di molteplici vie riformatrici e che porterebbe, se non è troppo tardi, alla dissoluzione della corsa folle e suicida che ci conduce all’abisso.
La via che oggi sembra insuperabile può essere superata. La nuova via condurrebbe a una metamorfosi dell’umanità: l’accesso a una società-mondo di tipo assolutamente nuovo. Questa permetterebbe di associare la progressività del riformismo e la radicalità della rivoluzione. Apparentemente nulla è iniziato. Ma in tutti i luoghi, Paesi e continenti, compresa la Francia, esistono molteplici iniziative di tutti i tipi, economiche, ecologiche, sociali, politiche, pedagogiche, urbane, rurali, che trovano soluzioni a problemi vitali e sono portatrici di futuro. Sono sparse, separate, suddivise, s’ignorano le une con le altre... Sono ignorate dai partiti, dalle amministrazioni, dai media. Meritano di essere conosciute e la loro unione ci permetterebbe d’intravedere le vie riformatrici.
Dato che tutto si deve trasformare, e che tutte le riforme sono solidali e dipendenti le une dalle altre, non posso elencarle qui, questo sarà il lavoro di un libro ulteriore, forse ultimo. Qui indichiamo solamente e molto schematicamente le vie di una riforma della democrazia.
La democrazia parlamentare, casomai fosse necessaria, è insufficiente. Bisognerebbe concepire e proporre le modalità di una democrazia partecipativa, in particolar modo su scala locale. Sarebbe utile, allo stesso tempo, favorire un risveglio cittadino, inseparabile da un rinnovo del pensiero politico; così dalla formazione di attivisti si passerebbe grandi problemi. Sarebbe ugualmente utile moltiplicare le università popolari che offrirebbero ai cittadini l’iniziazione alle scienze politiche, sociologiche, economiche.
Bisognerebbe anche adottare e adattare una sorta di concezione neo-confuciana nelle carriere dell’amministrazione pubblica e nelle professioni che comportano una missione civica (insegnanti, medici), ovvero promuovere un modo di assunzione che tenga conto dei valori morali del candidato, della sua predisposizione alla benevolenza (attenzione verso gli altri), alla compassione, della sua devozione verso il bene pubblico, del suo senso di giustizia e di equità.
Prepariamo un nuovo inizio riallacciando le tre radici (libertaria, socialista, comunista), aggiungendoci quella ecologica per una tetralogia. Ciò implica evidentemente la dissoluzione delle stutture partitiche esistenti, una grande ricomposizione secondo una formula ampia e aperta, l’apporto di un pensiero politico rigenerato.
Certamente all’inizio bisogna resistere alla barbarie crescente. Ma il “no” di una resistenza si deve nutrire di un “sì” alle nostre aspirazioni. La resistenza a tutto ciò che degrada l’uomo e che viene dall’uomo, agli asservimenti, all’odio, alle umiliazioni, si nutre dell’aspirazione, non certo al migliore dei mondi, ma a un mondo migliore. Quest’aspirazione, che non ha smesso di nascere e rinascere nel corso della storia umana, rinascerà ancora.




(Traduzione dal francese di Nunzia di Palma e Serena Cacchioli.)




Edgar Morin
Nato nel 1921, emerito direttore di ricerca al CNRS, Edgar Morin, promuove una politica di civilizzazione rivolta a una riforma del pensiero. Un numero speciale di “Le Monde”; “Une vie, une oeuvre”, è dedicato a quest’intellettuale fuori dal comune, che ha analizzato il fenomeno “ye-ye” quanto la nuova era ecologica, le star e la crisi della modernità.




    Torna alla homepage copertina I Saggi La Narrativa La Poesia Vento Nuovo