LAGER, SIMBOLO DEL VENTESIMO SECOLO
La definizione per il "vocabolario europeo 2009"
Herta Müller
Lager, s. n.: campo
Da quando so pensare, mia madre dice:
Il freddo è peggiore della fame.
Oppure: Il vento è più freddo della neve.
Oppure: Una patata calda è un letto caldo.
Sin dalla mia infanzia, da più di cinquanta anni a questa parte, mia madre non cambia in queste frasi neanche una parola. Vengono sempre pronunciate separatamente, perché ognuna di queste frasi, presa a sé, racchiude cinque anni di campo di lavoro. È la sua lingua stringata che sostituisce i racconti del campo.
Ne avevo abbastanza di queste frasi criptiche. Il loro senso era fossilizzato, suonavano ormai irrimediabilmente vuote, come trepertrefanove. Volevo finalmente sapere cosa si nascondeva dietro queste frasi. Certo sapevo che tutte le donne del paese dell’età di mia madre e tutti gli uomini che allora erano troppo giovani o troppo vecchi per la guerra erano stati "deportati in Russia". Ma dei campi si parlava solo bisbigliando.
Anche se, durante la seconda guerra mondiale, la Romania con il suo dittatore fascista Maresciallo Antonescu stava dalla parte di Hitler e Mussolini, i sovietici hanno incolpato dei crimini nazisti solo la minoranza tedesca. Ancora durante la guerra, nel 1945, tutti i tedeschi d’età compresa tra 17 e 45 anni sono stati deportati in campi di lavoro per la "ricostruzione".
C’erano delle liste, ognuno veniva snidato dalla polizia e portato ai punti di raccolta e quindi alla stazione. Il trasporto nei vagoni per il bestiame durava settimane. I campi erano nelle zone carbonifere tra Dnjepropetrows'k e Donetzk, nel Bacino del Donek, oggi in Ucraina. La quotidianità comprendeva il marciare in colonna, il lavoro duro, l’appello serale, la fame cronica. Morire significava morire di fame o assiderati.
Volevo scrivere un romanzo su questa deportazione. Nel 2001 ho cominciato a registrare le conversazioni con gli ex-deportati del mio villaggio. Sapevo che anche Oskar Pastior era stato deportato e gli ho raccontato della mia intenzione. Voleva aiutarmi "con tutto ciò che ho vissuto" ha detto. Dopo la morte di Pastior ho dovuto scrivere il romanzo da sola. È appena stato pubblicato da Hanser-Verlag con il titolo Atemschaukel (L’altalena del respiro).
Il Lager, nelle sue molteplici ma sempre mostruose forme, è un simbolo del ventesimo secolo. I campi di punizione e di lavoro in Germania e quelli del sistema Gulag dello stalinismo, i campi di concentramento e i campi di sterminio dei nazionalsocialisti. Con l'eccezione della Russia, in Europa sono scomparsi. La parola, però, è rimasta. Oggi sta per campo estivo, campeggio, camping, luogo di riposo. È anche il luogo dove si tengono le provviste nei diversi magazzini dell’industria e del commercio ed è una parola della tecnologia. Designa diversi parti di macchinari, utilizzati per azionare parti mobili, per esempio "Gleitlager", cuscinetto a strisciamento, "Wälzlager", cuscinetto a rotolamento, "Kugellager", cuscinetto a sfera. Poi c’è lo "Endlager", il deposito per le scorie radioattive, per farle scomparire per sempre, in quella che cinicamente si potrebbe definire una nuova forma di soluzione finale. E nelle controversie politiche si parla anche di "lagerdenken", che equivale a dire ragionare per stereotipi. Poi c’è l’espressione "postlagernder Brief" che corrisponde a fermo posta, ecc.
Nelle accezioni innocenti della parola Lager in tedesco sento sempre il terrore, il turbamento psichico. Le cose designate con la parola Lager hanno una specie di nascondiglio.
(Tratto da “Parola d’autore. I lemmi del vocabolario europeo 2009”,opuscolo distribuito al Festivaletteratura di Mantova)
Herta Müller ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura del 2009.
|