I CONFINI DELLA POESIA, INDIRIZZO Pavle Stanišić
In vece di una prefazione, il rosso e il giallo
Božidar Stanišić
La parola è una finestra aperta verso la realtà.
Herbert Zbignjew
L’anno scorso, dopo il mio ultimo viaggio in Bosnia, ritornando spesso a Evropi za uspomenu (All’Europa per ricordo) di Pavle Stanišić, e poi dopo, in autunno, a Teutino blago (Il tesoro di Teuta), pensavo non solo alle sue poesie, ma anche al mio primo incontro con lui, il mio vecchio amico, dopo il ’92. E alla sua emigrazione, una di quelle difficilmente comprensibili: sono qui ma è come se non ci fossi, e in una città che è la sua, malgrado tutto; e alla mia emigrazione, friulana, che da molto tempo ormai mi sembra un balcone, con una vista anche sul mondo di cui eravamo, Pavle e io – ma è proprio vero? – parte. Posso credere che qualcuno, in futuro, molto più tardi, darà una risposta più attendibile alla domanda se, davvero, siamo esistiti? In un tempo in cui, forse, anche la poesia avrà una qualche importanza, sia pur minuscola – non solo in Bosnia, ma anche in un mondo che alla poesia e a tutto ciò che è poetico sempre più raramente si richiama! E oltre alla poesia, anche al senso delle nostre sorti, delle nostre strade, delle nostre partenze e ritorni?
Quel torrido giorno di luglio del 2009– l’asfalto si scioglieva a Doboj, nella calura del mezzogiorno – nel modesto appartamento del poeta, ero ancora una volta ospite di Pavle. L’appartamento: uguale a quello di un tempo, l’inizio degli anni Ottanta, quando, con pazienza e di buon grado, accoglieva ospitalmente me, che alla rivista Značenja, di cui era direttore, portavo saggi letterari, qualche poesia, recensioni artistiche e, soprattutto, manciate di progetti e di intenzioni dalla sua piccola officina letteraria. Ho, dopo tutto, esperienze, luminose e toccanti, di incontri e riunioni con gli amici, in Bosnia e altrove, in un ambito del quale il cosiddetto grande mondo, secondo regole scritte e non scritte, veniva a sapere solo i lati peggiori. I più belli erano gli incontri in cui i vecchi amici mi dicevano, all’inizio, solo: ah, sei tu, e la conversazione scorreva, poi, come se non fosse mai stata interrotta. Siamo qui, dunque… Queste sono state le prime parole di Pavle, dopo che io a lungo, e invano, lo avevo cercato all’altro capo della strada.
Dunque, là dove non ci siamo…
C’era una lieve ironia in quelle sue parole al plurale, che gli era sfuggito – per caso? – senza badare al fatto che entro un paio di ore io sarei stato in viaggio verso occidente (con la O minuscola e maiuscola). Lui sarebbe rimasto nella sua emigrazione, io in viaggio verso la mia. Allora, ma anche in seguito, nella corrispondenza che continuiamo a mantenere, costante, ma con un suo saltellante, irregolare calendario, dove, senza un ordine particolare, si alternano saluti, qualche pensiero, ricordi…, nella nostra conversazione si era inserito un frutto giapponese, il diospiro, il caco. Sì, gli avevo scritto una volta che il mio primo novembre, quello – così lontano ormai? - del ’92, in Friuli, era grigio, tutto era grigio, nella nebbia, senza sole: i campi, e gli alberi, e le case, e gli uccelli, e… Solo i cachi erano rossi, negli orti. In seguito, nella nostra corrispondenza saremmo ritornati a un albero di cachi, carico di frutti, nel giardino di via Latisana 10, a Zugliano, che – all’inizio senza alcuna intenzione di farne una metafora – avevo posto come oggettivazione della sorpresa, della novità, del contrasto in letteratura e, in genere, nell’arte.
Anche Pavle avevo il suo caco. Tanto tempo fa, in un giardino, lontano.
A Risan, nelle Bocche di Cattaro; prima dell’antico trasferimento della sua famiglia, in Bosnia, nella città di Doboj. Mi mandò anche una breve lettera, piena della poesia della lingua delle cose che non ci sono più, proprio al tempo in cui nuovamente rosseggiavano i cachi in Friuli. (Uno, dalla chioma enorme, sopra un vecchio tetto, carico di un’infinità di frutti, ce l’ho nel contorno della mia finestra come un quadro che anche si agita nel vento e nella pioggia). Quando si trasferirono a Doboj, quel lontano inverno, l’appartamento della posta, dove era impiegato suo padre, non era ancora disponibile. Per questo avevano lasciato tutti i mobili ancora imballati. Così nei cassetti delle credenze, dei tavoli, dei comò… che alla partenza per la Bosnia avevano riempito di vari frutti, meridionali e continentali, era rimasto prigioniero tutto un tesoro di profumi e di colori. Ma, in primavera, quando aprirono i cassetti!? Ah, che prodigio si diffuse per la loro nuova abitazione! Fra i profumi e i colori di - finalmente liberati - limoni e arance, mele e pere di un tempo, il poeta si ricorda ancor oggi vivamente dei cachi, ormai troppo maturi.
Anche quel giorno di novembre, quando ricevetti un esemplare di Teutino blago, il giorno era grigio, grigio. Unico contrasto con il grigiore – la casacca giallo squillante della nostra postina e quei cachi, rossi, rossi, oltre i vetri della finestra. Lo stesso giorno, leggendo la poesia di Pavle, nella parte del colore giallo e di quello rosso, in contrasto, mi pare, con tutti i grigiori di questo mondo, ho aggiunto anche le sue poesie.
Sia pur a malincuore, ma per la necessità richiesta dall’occasione della prima presentazione di questa manciata di poesie di Pavle Stanišić in traduzione italiana, ho cercato di scrivere una-specie-di-recensione: ecco, in modo che il lettore abbia una guida, che sappia a quale generazione di poeti della moderna poesia slava meridionale egli appartiene e perchè sia apparso tardi, quando alcuni dei poeti senza i quali è impossibile pensare la poesia dell’epoca postbellica (ossia, dopo la Seconda guerra mondiale, e lo dico perchè noi abbiamo sempre una guerra in più), fra i quali c’è anche un Branko Miljković, non erano più fra i vivi, o avevano già dato il meglio di sé.
Sì, ho tentato, ma le parole si inciampavano da sole, si sbriciolava il dizionario delle formule critiche come la calcina dalle vecchie facciate, da un angolo si faceva beffe di me l’ombra di Sant’Agostino, quello stesso che pensava di sapere che cosa fosse il tempo finché qualcuno non gli chiese che cosa fosse il tempo. E, così, un io – recensore pro forma – direbbe, forse, che nel complesso della sua alterità in rapporto al mondo esistente la poesia di Pavle è l’enunciato dell’esistenza di due dinamiche, che, nel proprio rapporto, si fanno parallele. E che il poetico e il reale – trasfigurati nel mondo della poesia, iniziano il proprio camminodi incompatibili entità, così come fanno il sognato e il percettibile, i punti interrogativi e la mancanza di punti interrogativi.
Ahimè, quello spirito-grillo dice a quell’io che occorre stare in ascolto di qualcosa-del-tutto-diverso.
E quindi, per questo, a quell’io sembra che Bal’mont sussurri di un poeta che “non conosce la saggezza che agli altri piace”, che Borovskij avverta “che il passo della folla non è il ritmo della poesia”, e che Celan accenni al’intuizione che la poesia stia nel “mistero degli incontri” . (E tutto questo, naturalmente, è lontano dalla volgarità delle ricerche accademiche degli altri nella poesia di Pavle. Come cercare quei sempre altri nella poesia di poeti che sono consapevoli della verità che la coscienza poetica non può essere assoluta, né divenire tale? E come potrebbe, se si tratta di una poetica che sottintende la nascita della poesia all’ombra delle cose esistenti, della grande storia e della nudità di tutto ciò che è esistenziale? Nella conflittualità del proprio essere individuale e della generale esistenza del mondo, quella poesia sta come un segno indicatore posto liberamente per tutti coloro che si oppongono all’univocità delle cose e delle parole, delle verità generali e della logica comune. Il suo logos nasce dal dramma dello scontro della memoria e di tutti i presenti del poeta. C’è in essa anche il senso tragico dell’esistenza – come se l’ombra di Unamuno passasse qualche volta in mezzo ai versi - ma, comunque, quella poesia rimane lontana da ogni pessimismo fine a se stesso. Forse, come tale, esiste affinché possa essere udita come una voce di quieto ammonimento su tutto ciò che ci circonda e tutto ciò che è in noi? Ha, il mio amico poeta, anche la strana fortuna di essere rimasto là, dove è, ancor sempre, una delle gerusalemmi del mondo).
Chi ha detto questo? No, non lo so. Forse il critico risvegliato in me si è unito a quell’io che ha orrore di ogni critica che dispone dei suoi ismi, delle sue cartoteche per sistemare i poeti, gli uni nella polvere, gli altri nelle antologie?
Non lo so.
Come non so neppure se
Forse l’Universo inizia
subito al di là della porta?
E non so neppure se quella porta è come tutte le altre. Solo una cosa, forse, la so. La poesia, quella che si sottrae alle definizioni degli scaffali accademici per i libri, è come il caco nel grigiore dei tardi autunni dei quali l’anima, talvolta, non immagina la fine. E come la gialla casacca dei postini che pazientemente distribuiscono la posta, su questa terra, questo balcone che guarda verso i Balcani, e verso un minuscolo punto, il balcone del mio amico Pavle, che, come in un suo racconto lirico, è sospeso sopra la terra.
Zugliano, un crepuscolo di novembre del 2009
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Pavle Stanišić
Granice poezije, adresa – izabrane pjesme
I confini della poesia, indirizzo - poesie scelte
a cura di: Božidar Stanišić
traduzione dal serbo-croato di: Alice Parmeggiani Dri
Granice poezije
Svaki tvoj pokret podizao je
moje najskrivenije riječi,
riječima sam te ponavljao,
doticao, u riječi sam te pretvarao
dok nisam shvatio
da ne postoji riječ
koja boli kao ti.
I confini della poesia
Ogni tuo movimento suscitava
le mie più recondite parole,
con parole ti ripetevo,
sfioravo, in parole ti trasformavo
finchè non ho compreso
che non esiste parola
che faccia male come te.
Iskušenje
Slutim iskušenje u dodiru sa vlastitom materijom i riječima,
zapisima sa kojih kiše skupljaju znake,
koje sunce prozire i vjetar podiže sa ulice,
gdje ti se obraćam za tren odvojen od smrti
ovim izlišnim likom po kojem pada kiša.
Gledam te kao pejsaž koji oživljava na ostacima moje ideje,
što je bolest koja će me u daljem slijedu osporiti,
dovodeći u pitanje razloge kojima objašnjavam
sve osim tvog krhkog smisla koji na sitne žalosti trošim
dokazujući opravdanost straha od kojeg dani bježe preda mnom.
Tentazione
Intuisco la tentazione nel contatto con la mia materia e le parole,
gli scritti dai quali le piogge raccolgono segni,
che il sole fa intravvedere e il vento solleva dalla strada,
dove mi rivolgo a te per un istante separato dalla morte
con questo superfluosembiante sul quale cade la pioggia.
Ti guardo come un paesaggio che si vivifica sui resti della mia idea,
che è la malattia che in futuro mi verrà poi contestata,
mettendo in questione i motivi con i quali spiego
tutto trannne il tuo fragile senso che in minute mestizielogoro
dimostrando la fondatezza della paura da cui i giorni fuggono davanti a me.
Uvid
Izmičem se samo zato
da bih bolje vidio
šta smo ovo uradili od svijeta,
ljubavi.
Accertamento
Mi ritraggo solo per
meglio osservare
che abbiamo fatto di un mondo,
amore.
Put
Kad je svečana ostavinska rasprava bila završena
i knjige sklopljene,
otišao sam da vidim taj svijetli put
koji su mi prošli ostavili
dok su još bili u putujućem stanju
i pri legitimno priznatom raspoloženju.
Niko od njih više nije hodao
po trenutno osvijetljenoj strani kugle,
pa sam očekivao da je moj put pust
poput onih puteva sa slika starih majstora rafiniranog ulja,
prav, tek blago savijen, sa tri visoke topole
uz travom i suvim lišćem iznijansiranu ivicu.
Od slučajnih prolaznih korisnika moga puta
mogla se očekivati samo starinski elegantna dama,
istančanog ukusa i struka,
pod kišobranom, naizgled pogružena
u blage tuge devetnaestog vijeka,
a u stvari, po mom mišljenju, utonula u bludne misli.
Čitav pejsaž s damom, mislio sam, biće iznenađen
pojavom raščupanog nasljednika,
s neobičnom navikom da pljuje po putu,
uz put urinira i psuje pretke i prolaznike.
S mukom sam se prisjećao onog Tatjaninog pisma,
kako bih odmah popravio prvi utisak,
ali dok sam joj šapatom izgovorio taj citat:
Sad znam u vašoj je nadležnosti (moj prevod)
da me kaznite prezirom,
mlada dama u pocijepanim farmerkama,
sa uzdignutim palcem, simbolom nove sekte,
izgovorila mi je riječi koje nisu za savremenu poeziju.
Tada se zaustavio zviždeći automobil
i gusar s velikim crnim naočarima
kidnapovao je nesrećnicu.
Shvatio sam: moj put su zauzeli automobilima, kamionima,
autobusima i oklopnim hladnjačama,
a na mjestu gdje su bile one visoke povijene topole,
zasadili su metalne antenske stubove,
navodno, odbrambene.
Moja očekivana neopoziva odluka glasi:
Odričem se svog cjelokupnog nasljedstva
u korist drumskih razbojnika,
što izjavljujem, evo, napismeno,
pri prilično čistoj svijesti
i normalno tragičnoj pameti.
La strada
Quando il solenne procedimento ereditario fu terminato
e i registri chiusi,
andai a vedere quella strada luminosa
che i predecessori mi avevano lasciato
mentre erano ancora in cammino
e in legittimo possesso delle loro facoltà.
Nessuno di loro camminava più
nella temporaneamente illuminata parte di globo
e mi aspettavo che la mia strada fosse deserta
come le strade dei quadri oli raffinati di antichi maestri,
diritta, solo un po’ serpeggiante, con tre alti pioppi
lungo il bordo ombreggiato d’erba e foglie secche.
Dei casuali passanti che usavano la mia strada
ci si poteva aspettare solo una dama di eleganza antica,
di gusto raffinato e di vita sottile,
sotto un ombrellino, apparentemente abbattuta
nelle vaghe maliconie del diciannovesimo secolo,
ma in realtà, secondo me, immersa in pensieri lascivi.
L'intero paesaggio con dama pensavo sarà sorpreso
all’apparizione dell’erede arruffato
con la strana abitudine di sputare per strada
di orinare lungo la strada e di minacciare imprecando i passanti
Con difficoltà richiamavo alla mente quella lettera di Tatjana,
in modo da correggere subito la prima impressione,
ma mentre in un sussurro le declamavo quella citazione:
Ora so è in vostro potere (mia traduzione)
punirmi con il disprezzo[1]
la giovane dama con i jeans strappati
mi diceva parole che non sono per la poesia contemporanea.
Allora si fermò un’automobile strombazzante
e un pirata con grandi occhiali neri
rapì l’infelice.
Compresi: la mia strada l’hanno occupata con automobili, camion,
autobus e camion frigoriferi corazzati,
e là dov’erano quegli alti pioppi incurvati,
hanno piantato pilastri di antenne metalliche,
a dir loro, difensive.
La mia attesa irrevocabile decisione è questa:
Rinuncio a tutta la mia eredità
a favore dei briganti di strada,
e lo comunico, ecco, per iscritto
con coscienza abbastanza pura
e ragione normalmente tragica.
Adresa
Htio sam da ovdje, na papiru
ostavim nešto vrlo važno,
ono što smo vidjeli u očima,
čuli u onom glasu
dok smo razgledali svijet,
a vodiči nas uvjeravali da će doći
neminovno.
Još čekam
i na ovom papiru
mogu samo opet da ostavim adresu:
I sada stanujem iza onog mutnog jutra na kraju,
gdje ni ptice, ni najcrnje, nemaju strpljenja,
odakle samo Poov gavran polijeće.
Indirizzo
Volevo qui, sulla carta,
lasciare qualcosa di molto importante,
qualcosa che abbiamo visto negli occhi,
sentito in quella voce
mentre visitavamo il mondo,
e le guide ci convincevano che arriverà
ineluttabilmente.
Aspetto ancora
e su questa carta
posso solo lasciare di nuovo l’indirizzo:
Continuo ad abitare dietro quel mattino cupo alla fine,
dove gli uccelli, neppure i più neri, hanno più pazienza,
da dove solo il corvo di Poe si alza in volo.
Oblaci Mihaila Jurjeviča
Nigdje zaljubljenih maturanata koji su uglas
za profesoricom Klavdijom
ruskim emigrantom ponavljali :
Tučki njebesnije... Nigdje.
A oblaci Mihaila Jurjeviča još plove
s milovo severa v storonu južnuju.
Ljermontov je vidio oblake u svojim očima,
profesorica u oblacima svoje lice,
samo su maturanti, tek budući emigranti, veselo vjerovali
da je to nebo davno, davno, davno, davno prošlo.
A oblaci, plove li, plove, Pogledajte.
Vječnije stranjiki
Le nubi di Mihail Jurjevič
Niente più liceali innamorati che a una voce
dietro alla professoressa Klavdija,
emigrata russa ripetevano:
Tučki nebesnije... Niente più.
Ma le nubi di Mihail Jurjevič ancora navigano
s milovo severa v storonu južnuju.
Lermontov vedeva le nubi nei propri occhi,
la professoressa nelle nubi il proprio volto,
solo i liceali, futuri emigranti, allegri credevano
che quel cielo era finito da tanto, tanto, tanto, (tanto.)
E le nubi continuano a navigare. Guardate.
Večnye stranniki[2]
Patriotska pjesma
Ovo je dakle taj grad iz kojeg ću da se vinem u istinu,
ostavljajući vjerno tijelo pod kamenom,
a lijepi svijet u gorem stanju nego što sam ga našao
onoga dana kada sam došao na visoku planinu nad morem.
Iskreno vjerujem da ni onu planinu,
ni more sinje, ni ovaj grad
nisam preopteretio svojom težinom i srećom.
I sada visim o vlastitom kosturu i bolu,
a ni lik koji nosim nije iznajmljen,
dat je meni lično
da bih mogao da iskažem zahvalnost nebu
za njegove sjajne predstave
kojima sam redovno prisustvovao sa zadovoljstvom.
Ništa nisam izmišljao ni dodavao svojoj sudbini,
zapisujući stihove koje sam prethodno uzalud tražio
po obimnoj literaturi i drugim zanosnim patnjama.
Nisam se skrivao iza grmova, tudjih grobova i zastava,
išao sam svojim blatnim rasplakanim putem
do ovog grada koji me čekao.
Tu ćemo zanoćiti,
rekoh rijeci koja je već odlazila .
Poesia patriottica
Allora è questa la città dalla quale mi slancerò nella verità,
lasciando il corpo fedele sotto la pietra,
e il mondo bello in uno stato peggiore di come l’ho trovato
il giorno che venni sull’alto monte sopra il mare.
Sinceramente credo di non aver né quel monte,
né il mare turchino, né questa città
gravato con il peso e con la mia fortuna.
E ora pendo dal mio proprio scheletro e dolore,
e neppure il volto che porto è preso a prestito,
personalmente mi fu dato
perché potessi esprimere gratitudine al cielo
per le sue splendide rappresentazioni
alle quali regolamente assistevo con piacere.
Nulla ho inventato o aggiunto al mio destino,
annotando versi che avevo invano cercato
nella voluminosa letteratura e altri vibranti dolori. (vibrante?)
Non mi sono nascosto dietro ai cespugli di tombe e bandiere altrui,
sono andato per il mio fangoso cammino di lacrime
fino a questa città che mi aspettava.
Qui pernotteremo,
dissi al fiume che già se ne andava.
Quo vadis Domine
Kad su se ruski emigranti krenuli nebom i morima,
umotavali su po grumen rodne zemlje
u Puškinove sveske i rubaške bijele,
složene u prašnjave kofere optočene zlatom.
Kad su se krenuli emigranti
iz Bosne, Hrvatske, sa Kosova ravnog…
svaki je ponio po grumen zlatne grobljanske ilovače
u srcu.
Zašto sad i ti pakuješ sunčanu Heladu,
Romulov vječni grad Monmartr i moju glavu
i kud si to krenuo s grumenom Evrope,
Gospode?
Quo vadis Domine
Quando gli emigranti russi partivano per cielo e mari,
avvolgevano una zolla di terra natale
nei quaderni di Puškin e nelle camice bianche,
sistemate in polverose valige guarnite d’oro.
Quando si mossero gli emigranti
dalla Bosnia, Croazia, dal Kosovo piatto…
ciascuno portò una zolla d’oro di argillacimiteriale
nel cuore.
Perchè adesso anche tu la solare Ellade avvolgi,
di Romolo la città eterna Montmartre e la mia testa
e dove sei diretto con una zolla di Europa,
Signore?
Pećina
Pećinu sam svoju opremio
tehničkim napravamaa
sve otvore zatvorio
da je ni kap rasplakanog neba ne snađe
ozvučio sam je stereo uređajima
udahnuo joj malo tužnog duha i prošlosti
još mi je preostalo
da u zidove po sjećanju uklešem
sjevernog jelena rogatog
i jednog mamuta po mogućnosti
pa da odselim u opštu istoriju
La caverna
La caverna mia ho dotato
di dispositivi tecnici
tutte le aperturre ho chiuso
che neppure una goccia del cielo in pianto la penetri
la ho sonorizzata con apparecchi stereo
le ho insufflato un po’ di trispe spirito e di passato
mi è rimasto solo
di incidere a memoria sulle pareti
un cornuto cervo settentrionale
e possibilmente un mammuth
e infine trasferirmi nella storia generale
Popis imovine
Ovo što ostavljam nisu ozloglašene metafore
samo riječi samo sadržaj zvuka
to je popis imovine:
nebo zalutalih ptica-snova
i dva groblja prijatelja
a tamo je rijeka koja teče
objašnjavajući nešto što shvatio nisam
a možda se to meni samo pričinjava
kao što se možda čini njoj
da ona stoji a da tečem ja
suza zaostala
na licu svijeta
Inventario dei beni
Ciò che lascio non sono malfamate metafore
solo parole solo contenuto di suono
questo è l’inventario dei beni:
un cielo di smarriti uccelli-sogni
e due cimiteri di amici
e là è il fiume che scorre
spiegando qualcosa che compreso non ho
o forse mi sembra solamente
come forse sembra a lui
di stare fermo mentre scorro io
una lacrima rimasta
sul volto del mondo
Letači
Doletjeli smo na riječima
i još se držimo za njih
lebdeći nad provalijom tišine
Trasvolatori
Arrivammo volando sulle parole
e ancora ci teniamo a loro
sospesi sull'abisso del silenzio
Preživjele riječi
Stigli ste u Vjekovo kud prolazi vrijeme
ne osvrćući se
Nose ga u kovčezima
na tabutima
pjevajući
niz rijeke uz rijeke
niz vjetar i protiv vjetra
tamo gdje su otplovili
jedrenjaci od novinskog papira
kroz palate-ruševine
putem zasutim nebom
polomljenih prozora i lica
pustom ulicom kojom su prolazile
lipe i samotni platani
poslije posljednjih veselih koraka
koji su otrčali kroz snove
To je grad gdje svak dočekuje sebe
čekajući one kojih nema
Tu nestaje vrijeme
odlažući teški prtljag preživjelih riječi
i pogrdnih i pogubnih
prepuštenih pljačkašima lopovima
i vodjama drumskim
što sad novim drumovima
ono staro blago traže
zakopano po noćima i sjenama
zgrušano u sjećanjima
Stigli ste u Vjekovo
gje čekaju vašu radost
dani koji nestaju
Stigli ste u Vjekovo
potrošači sreće široke potrošnje
gdje za svoju dušu još možete naći
jeftin suvenir sa ovoga svijeta
Parole sopravvissute
Siete giunti a Vjekovo dove il tempo scorre
senza voltarsi indietro
Lo portano in valigie
sulle bare
cantando
giù per i fiumi su per i fiumi
lungo il vento e contro vento
là dove hanno preso il largo
barche a vela di carta di giornale
attraverso palazzi-rovine
in un viaggio colmo di cielo
di finestre rotte e di volti
par la strada deserta per cui passavano
tigli e platani solitari
dopo gli ultimi allegri passi
che di corsa hanno attraversato i sogni
Questa è una città dove ognuno accoglie se stesso
aspettando coloro che non ci sono
Qui scompare il tempo
deponendo il pesante bagaglio di parole sopravvissute
eingiurioseedistruttive
abbandonate ai rapinatori ai ladri
e ai condottieri di strada
che ora per nuove strade
quel vecchio tesoro cercano
sepolto nelle notti e nelle ombre
raggrumato nei ricordi
Siete giunti a Vjekovo
dove aspettano la vostra gioia
i giorni che scompaiono
Siete giunti a Vjekovo
consumatori di felicità di largo consumo
dove per la vostra anima potete ancora trovare
a buon prezzo un souvenir di questo mondo
Skriven u svemiru
Vrijeme - konstanta
a ja varijanta sasvim prolazna
i evo prolazim
tiho tiho na prstima
da me ono ne osjeti
da me se ne dosjeti
da me konačno ne pronađe
da se i sam ne razbudim
tiho vrlo tiho da ne probudim
čudo koje me sanja
kako lutam i sam začuđen
medju brdima rijekama
munjama sjenama
i drugim svojim mislima šarenim
kako skriven u svemiru
brojim dane
kao pare i oblake
kako vrhove vremenske
označavam imenima
nekih prošlih prolaznika
da se u snu ne izgubim
Samo sanjaj
samo sanjaj
čudo moje neviđeno
dok još ovom velikom vremenu
šapućemo tužne pjesme
o njegovoj prolaznosti
Nascosto nell’universo
Tempo - constante
e io variante del tutto passeggera
ed ecco passo
pian piano in punta di piedi
che quello non mi percepisca
che quello non si accorga di me
che infine non mi trovi
e che io stesso non mi svegli
piano molto piano che non si svegli
il mostro che mi sogna
mentre vago e rimango attonito
fra monti fiumi
fulmini ombre
e altri miei pensieri colorati
mentre nascosto nell’universo
conto i giorni
come monete e nuvole
come vertici temporali
li indico con nomi
di altri passati passanti
per non perdermi nel sogno
Solo sogna
solo sogna
mostro mio non fatato
mentre ancora a questo grande tempo
sussurriamo tristi poesie
sulla sua transitorietà
Teutino blago
Ribari su svunoć mrežama izvlačili iz mora
potonuli mjesec
vjerujući da izvlače Teutino skriveno blago
koje je rasuto obalom
zora obasjala
pred njihovim zgaslim pogledima
Il tesoro di Teuta
Tutta notte i pescatori con le reti hanno estratto dal mare
la luna affondata
credendo di estrarre il tesoro nascosto di Teuta
che sparso sulla riva
l’alba illuminava
davanti ai loro sguardi spenti
INDICE
Božidar Stanišić, Invece di una prefazione, il rosso e il giallo
Pavle Stanišić,Granice poezije, adresa – izabrane poezije
I confini della poesia, indirizzo - poesie scelte
1. Granice poezije I confini della poesia
2. Iskušenje Tentazione
3. Uvid Accertamento
4. Put La strada
5. Adresa Indirizzo
6. Oblaci Mihaila Jurjeviča Le nubi di Mihail Jurjevič
7. Patriotska pjesma Poesia patriottica
8. Quo vadis Domine Quo vadis Domine
9. Pećina La caverna
10. Popis imovine Inventario dei beni
11. Letači Trasvolatori
12. Preživjele riječi Parole sopravvissute
13. Skriven u svemiru Nascosto nell’universo
14 Teutino blago Il tesoro di Teuta
[1] Brano di una celebre lettera che Tatiana scrive a Evgenij Onegin nell’omonimo poema di Aleksandr Puškin (1799-1837).
[2] Nuvolette celesti… dall’amato settentrione alla terra meridionale … Eterni pellegrini. Sono versi di una poesia del poeta Michail Jur’evič Lermontov (1814-1841).
Pavle Stanišić (1936, Crkvice, Bocche di Cattaro, dal 1947 vive a Doboj, Bosnia ed Erzegovina), prosatore, poeta, drammaturgo e scrittore di radio-drammi, saggista, giornalista, direttore di riviste letterarie e operatore culturale, vincitore di numerosi premi importanti per racconti brevi, saggi e poesie. Fra le opere pubblicate di Stanišić, per la loro specificitŕ si distinguono la raccolta di racconti brevi Pahuljice i ludaci (Fiocchi di neve e pazzi) e Plavi putevi (Le strade azzurre), il romanzo Vjekovo, grad u Dardaniji (Vjekovo, cittŕ della Dardania), il collage drammatico-narrativo Mladić sa Kaprija (Il giovane di Capri), il poema Pjesma o spasenju (Poesia sulla salvezza), nonchč le raccolte poetiche Večernja načela (Princěpi serali), Evropa za uspomenu (All’Europa per ricordo) e Teutino blago (Il tesoro di Teuta).
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