IL DOPPIO ASSOLUTO Brano tratto dal romanzo L’uomo duplicato Josè Saramago
(…) Neppure lo stesso Tertuliano Máximo Afonso saprebbe dire se il sonno gli ha aperto di nuovo le braccia misericordiose dopo la tremebonda rivelazione che è stata per lui l’esistenza, forse proprio in questa città, di un uomo che, a giudicare dalla faccia e dall’aspetto in generale, è il suo ritratto vivente. Dopo aver confrontato lungamente la fotografia di cinque anni orsono con l’immagine in primo piano dell’impiegato della reception, dopo non aver trovato nessuna differenza fra questa e quella, per minima che fosse, almeno una leggerissima ruga che avesse l’uno e all’altro mancasse, Tertuliano Máximo Afonso si abbandonò sul divano, non sulla sedia, dove non ci sarebbe stato abbastanza spazio per sostenere il crollo fisico e morale del suo corpo, e lì, stringendosi il capo fra le mani, coi nervi esausti, lo stomaco in subbuglio, si sforzò di riordinare i pensieri, districandoli dal caos di emozioni che si erano accumulate dal momento in cui la memoria, vegliando dietro la cortina chiusa degli occhi senza che lui lo sospettasse, lo aveva fatto svegliare di soprassalto dal suo primo e unico sonno. Quel che più mi confonde, pensava laboriosamente, non è tanto il fatto che quel tipo mi assomigli, che sia una mia copia, diciamo, un duplicato, casi del genere non sono infrequenti, abbiamo i gemelli, abbiamo i sosia, le specie si ripetono, l’essere umano si ripete, la testa, il tronco, le braccia, le gambe, e potrebbe succedere, non ne ho alcuna certezza, è solo un’ipotesi, che un’alterazione fortuita in un determinato quadro genetico avesse l’effetto che un individuo sia simile a un altro generato in un quadro genetico con il quale non ha alcun rapporto, quel che mi confonde non è tanto questo, ma il sapere che cinque anni fa ero uguale a com’era lui a quell’epoca, perfino i baffi usavamo, e ancor di più la possibilità, che sto dicendo, la probabilità che trascorsi cinque anni, cioè oggi, proprio adesso, in queste prime ore dell’alba, l’uguaglianza persista, come se un cambiamento in me dovesse causare lo stesso cambiamento in lui, o, peggio, che uno cambi non perché l’altro è cambiato, ma perché il cambiamento è simultaneo, questo sì, sarebbe davvero da sbatterci la testa contro il muro, va bene, d’accordo, non devo farne una tragedia, tutto può succedere, sappiamo già che succederà, prima, è la casualità che ci ha resi uguali, poi, è la casualità di un film di cui non avevo mai sentito parlare, avrei potuto vivere il resto della vita senza neppure immaginare che un fenomeno del genere avrebbe scelto per manifestarsi un normale professore di Storia, proprio questo che poche ore fa stava ancora correggendo gli errori dei suoi allievi e ora non sa che fare con l’errore in cui, da un istante all’altro, si era visto egli stesso convertito. Sarò davvero un errore, si domandò, e supponendo che io lo sia effettivamente, quale significato, quali conseguenze avrà per un essere umano sapersi errato. Gli percorse la schiena una rapida sensazione di paura e pensò che certe cose è meglio lasciarle come stanno e che siano come sono, perché altrimenti c’è pericolo che gli altri percepiscano e, ciò che sarebbe anche peggio, che anche noi percepiamo attraverso i loro occhi, quell’occulta deviazione che ci ha stravolti tutti al momento della nascita e che aspetta, mordendosi le unghie impaziente, il giorno in cui possa mostrarsi e annunciarsi, Eccomi. Il peso eccessivo di una cogitazione tanto profonda, centrata per giunta sulla possibilità dell’esistenza di doppi assoluti, più intuita, però, in fugaci bagliori che verbalmente elaborata, gli fece inclinare lentamente il capo e il sonno, un sonno che, con i suoi propri mezzi, avrebbe proseguito il lavorio mentale fino a quel momento eseguito dalla veglia, si prese cura del corpo affaticato e lo aiutò a rannicchiarsi sui cuscini del divano. Non fu davvero un riposo che meritasse e giustificasse il suo dolce nome, trascorsi pochi minuti, aprendo gli occhi di colpo, Tertuliano Máximo Afonso, come un pupazzo parlante il cui meccanismo si fosse guastato, ripeté con altre parole la domanda di poco prima, Che cos’è essere un errore. Si strinse nelle spalle come se la faccenda, all’improvviso, avesse cessato di interessargli. Effetto comprensibile di una stanchezza giunta all’estremo, o, al contrario, conseguenza benefica del breve sonno, questa indifferenza è comunque sconcertante e inaccettabile, perché sappiamo benissimo, e lui meglio di chiunque altro, che il problema non si è risolto, è lì, intatto, nel videoregistratore, anch’esso in attesa, dopo essere stato esposto con parole che non si sono udite ma che soggiacevano al dialogo del copione, Uno di noi è un errore, ecco cosa di fatto ha detto l’impiegato della reception a Tertuliano Máximo Afonso quando, rivolgendosi all’attrice che interpretava Ines de Castro, l’ha informata che la stanza prenotata era la dodici-diciotto. A quante incognite è questa equazione, domandò il professore di Storia al professore di Matematica nel momento in cui oltrepassava di nuovo la soglia del sonno. Il collega dei numeri non rispose alla domanda, si limitò a fare un gesto di compatimento e disse, Poi parliamo, ora riposi, cerchi di dormire, ne ha davvero bisogno. Dormire, senza dubbio, era quello che Tertuliano Máximo Afonso avrebbe desiderato di più in questo momento, ma l’intenzione andò frustrata. Di lì a poco era di nuovo sveglio, ora animato da un’idea luminosa che all’improvviso gli era balenata, e cioè chiedere al collega di Matematica di spiegargli perché mai gli era venuto in mente di suggerirgli di vedere Chi cerca trova, quando si trattava di un film di scarso pregio e col peso di cinque anni di un’esistenza certamente tribolata. Il che, in una pellicola di produzione corrente, di basso costo, è motivo più che sicuro di pensionamento per incapacità, se non per una morte ingloriosa rimandata solo per un po’ di tempo grazie alla curiosità di una mezza dozzina di spettatori eccentrici che hanno sentito parlare di film di culto e hanno creduto che lo fosse. In questa aggrovigliata equazione, la prima incognita che avrebbe dovuto risolvere era se il collega di Matematica si fosse o meno accorto della somiglianza quando aveva visto il film, e, in caso affermativo, per quale ragione non lo aveva avvisato nel momento in cui glielo aveva suggerito, sia pure con qualche parola di ridanciana minaccia, come, Si prepari, che le verrà un colpo. Benché non creda nel Destino propriamente detto, quello, cioè, che si distingue da qualsiasi destino subalterno per l’iniziale maiuscola di rispetto, Tertuliano Máximo Afonso non riesce a sottrarsi all’idea che tante casualità e coincidenze insieme potrebbero benissimo corrispondere a un piano per il momento impenetrabile, ma il cui sviluppo ed epilogo certamente sono già determinati nelle tavole dove il suddetto Destino, supponendo che in fin dei conti esista e ci governi, ha indicato fin dall’inizio dei tempi, la data in cui cadrà il primo capello dalla testa e la data in cui si spegnerà l’ultimo sorriso dalla bocca. Tertuliano Máximo Afonso non è più abbandonato sul divano come un vestito sgualcito e senza un corpo dentro, si è appena alzato ben saldo sulle gambe per quanto gli è possibile dopo una notte che nella sua vita non ha pari quanto a violenza di emozioni, e, con la sensazione di avere la testa un po’ fuori posto, è andato a scrutare il cielo dai vetri della finestra. La notte era ancora lì aggrappata ai tetti della città, i lampioni della strada erano accesi, ma il primo e impercettibile acquerello del mattino aveva già cominciato a tingere di trasparenze l’atmosfera lassù. È così che ho avuto la certezza che il mondo non sarebbe finito oggi, che sarebbe stato uno spreco imperdonabile far sorgere il sole per niente, solo perché fosse presente al principio del nulla chi al tutto aveva dato inizio, e dunque, malgrado non fosse affatto chiaro, e tanto meno evidente , il collegamento che c’era fra una cosa e l’altra, il senso comune di Tertuliano Máximo Afonso è spuntato infine a dargli il consiglio di cui si notava sempre più la mancanza fin dalla comparsa dell’impiegato della reception nel televisore, e il consiglio è stato il seguente, Se pensi di dover chiedere una spiegazione al tuo collega, fallo senza indugio, sarà sempre meglio che starsene lì con interrogazioni e dubbi bloccati in gola, ti raccomando in ogni caso di non aprire troppo la bocca, di controllare le parole, hai tra le mani una patata bollente, se non ti vuoi bruciare mollala, restituisci oggi stesso la videocassetta al negozio, metti una pietra sopra all’argomento e piantala con questo mistero prima che cominci a vomitare cose che preferiresti non sapere, o vedere, o fare, e inoltre, supponendo che ci sia una persona che è una copia tua, o tu una copia sua, e a quanto pare c’è davvero, non sei affatto obbligato ad andarla a cercare, quel tipo esiste e tu non lo sapevi, non vi siete mai visti, non vi siete mai incrociati per la strada, la cosa migliore che devi fare è, E se uno di questi giorni lo incontro, se lo incrocio per la strada, lo ha interrotto Tertuliano Máximo Afonso, Gira la faccia dall’altro lato, ma chi ti conosce, E se lui mi rivolge la parola, Se avrà soltanto un briciolo di sensatezza farà lo stesso, Non si può pretendere che tutti siano sensati, Ecco perché il mondo sta come sta, Non hai risposto alla mia domanda, Quale, Che faccio se lui mi rivolge la parola, Gli dici che straordinaria coincidenza, fantastica, curiosa, quello che ti sembra più adatto, ma sempre coincidenza, e tronca la conversazione, Così, senza né a né ba, Così, senza né a né ba, Sarebbe una maleducazione, una sgarberia, A volte è l’unica maniera di evitare mali peggiori, non farlo e sai già cosa succederà, una parola tira l’altra, un primo incontro ne tira un secondo e un terzo, in quattro e quattr’otto ti ritroverai a raccontare la tua vita ad uno sconosciuto, hai già vissuto abbastanza per aver imparato che non gli sconosciuti e gli estranei la massima cautela è sempre poca quando si tratta di questioni personali, e, se vuoi che te lo dica, non riesco a immaginare niente di più personale, niente di più intimo del ginepraio in cui sembri sul punto di ficcarti, È difficile considerare estranea una persona che è uguale a me, Lascia che continui a essere quello che è stato fino a ora, uno sconosciuto, Sì, ma estraneo non potrà mai esserlo, Estranei siamo tutti, perfino noi che ci troviamo qui, A chi ti riferisci, A te e a me, al tuo senso comune a te stesso, ci incontriamo di rado per chiacchierare, qualche pomeriggio ogni tanto, e, se vogliamo essere sinceri, ben poche volte ne è valsa la pena, Per colpa mia, Anche per colpa mia, siamo costretti per natura o condizione a seguire cammini paralleli, ma la distanza che ci separa, o ci divide, è talmente grande che nella maggior parte dei casi non ci sentiamo neppure, Ora ti sto sentendo, Si tratta di un’emergenza, e le emergenze avvicinano, Ciò che dev’essere sarà, È una filosofia che conosco, solitamente la chiamano predestinazione, fatalismo, fato, ma in realtà significa che farai quello che ti andrà di fare, come sempre, Significa che farò ciò che dovrò fare, niente di meno, Ci sono persone per le quali ciò che hanno fatto e ciò che hanno pensato che avrebbero dovuto fare è lo stesso, Al contrario di quanto ritiene il senso comune, le cose della volontà non sono mai tanto semplici, semplice è piuttosto l’indecisione, l’incertezza, l’irresoluzione, Chi l’avrebbe detto, Non ti stupire, abbiamo sempre da imparare, La mia missione è finita, tu farai quello che credi, Infatti, Quindi, addio, alla prossima occasione, statti bene, Probabilmente alla prossima emergenza, Se riuscirò ad arrivare in tempo. I lampioni della strada si erano spenti, il traffico aumentava minuto dopo minuto, l’azzurro s’intensificava nel cielo. Sappiamo tutti che ogni giorno che nasce è il primo per alcuni e sarà l’ultimo per altri, e che, per la maggioranza, è solo un giorno in più. Per il professore di Storia Tertuliano Máximo Afonso, il giorno in cui ci troviamo o siamo, non essendoci alcun motivo per pensare che sarà l’ultimo, non sarà neppure, semplicemente, un giorno in più. Diciamo che si è presentato a questo mondo come la possibilità che sia un altro primo giorno, un altro inizio, che indica pertanto un altro destino (…) (Brano tratto dal romanzo L’uomo duplicato. Traduzione dal portoghese di Rita Desti – Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano – Prima edizione nell’Universale Economica aprile 2010.) Josè Saramago
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