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Sagarana UN INCONTRO CON SIDNEY POSSUELO


L’uomo che ha rivoluzionato le politiche di intervento nelle foreste: queste popolazioni possono sopravvivere soltanto lontane dai bianchi.


Alessandra Arachi


 

Sidney Possuelo ride: «Ho avuto quattro mogli, certo. Ogni volta che partivo stavo via così tanto tempo che al ritorno il mio letto era sempre occupato da un uomo. Guardavo la moglie di turno, impertinente: "Ma questo non sono io". E me ne andavo». Via, pronto a tornare in quella che, alla fine, è la sua vera casa: la foresta amazzonica. Ci ha passato quasi trenta dei suoi settant’anni dentro la foresta, Sidney Possuelo. Oltre tremila i chilometri battuti con le sue spedizioni in Amazzonia. La prima volta che ci ha messo piede aveva diciotto anni. Era il 1958 e nella Selva Xingu, praticamente il cuore del Brasile, Sidney cercava l’avventura. Ha trovato gli Indios. Gli hanno catturato l’anima, per sempre.
Difficile tradurre in italiano la parola sertanista. In questo unico termine i brasiliani riassumono il pioniere, l’etnografo, l’uomo d’avventura, l’attivista per i diritti degli Indios. Ovvero: Sidney Possuelo, universalmente noto come il protettore degli Indios. Anche oggi che il governo brasiliano lo ha messo in pensione e che nella foresta ci torna soltanto per ritrovare gli amici, gli Indios contattati, come spiega lui. Soprattutto oggi.
«Adesso è arrivato il momento di portare all’attenzione dei Paesi civilizzati i problemi degli Indios», spiega Sidney, come se ognuno degli Indios di cui parla fosse uno dei suoi sette figli. Indio contattato. Ma anche Indio «demarcato», non importa. È davvero una questione d’anima, per lui. Di pelle. Di cuore.
Bisogna avere molta pazienza per cercare di compenetrare la dinamica degli Indios dell’Amazzonia. Per capire che cosa abbia significato la grande battaglia di Sidney Possuelo che in due anni, dal 1990 al 1992, ha raddoppiato le terre demarcate degli Indios, portandole da 570 mila ad un milione e 80 mila chilometri quadrati.
Terre demarcate: ovvero i territori protetti dove gli Indios non entrano in contatto con l’uomo bianco. Dove l’uomo bianco non può permettersi di entrare. Una conquista tutta di Sidney Possuelo questa.
Sidney era presidente del Funai, l’ente del governo preposto alla protezione degli Indios, quando ha regalato loro quei chilometri di territori sterminati. E con quel gesto ha invertito in maniera letteralmente copernicana la politica di Cândido Mariano da Silva Rondon, generale dell’esercito brasiliano. Il fondatore del Funai.
«Il generale Rondon era convinto che gli Indios andassero tutti contattati per essere civilizzati, dunque salvati», dice Possuelo, e con foga spiega invece che il contatto tra un indio e l’uomo bianco è tutto tranne che una cosa positiva.
Prima di tutto il contatto è una questione di salute. Salute degli Indios, che inevitabilmente si ammalano con i germi sconosciuti portati dagli uomini bianchi. Loro, senza vestiti e senza difese, stanno bene se rimangono lontano dalla nostra cosiddetta civiltà. Questo il generale Rondon non lo aveva capito. Non poteva capirlo, all’epoca.
 
Per questo Sidney Possuelo non cela nella voce un briciolo di rimprovero quando racconta della politica del generale Rondon. Anzi.
Lui le avventure del generale Rondon le racconta come una favola bella. Ancora oggi gli occhi di Sidney si illuminano quando parla di questo leader dell’esercito brasiliano, un eroe nazionale nato da una mamma india e morto nel 1956, quando lui la foresta amazzonica non l’aveva ancora vista, ma già la desiderava e il desiderio lo sentiva crescere nelle viscere.
È stato il generale Rondon a coniare il motto che tutti i sertanistas portano nel cuore prima ancora che nel cervello: «Morire se è necessario. Uccidere mai». E Possuelo sa bene cosa vuol dire.
Sa che quando è dovuto entrare nei territori degli Indios per fare i contatti (li ha fatti anche Sidney Possuelo, ma si è limitato a sette soltanto), il rischio più grande è sempre stato quello di tenere a bada gli sbalzi emotivi degli uomini che insieme con lui si addentravano nella foresta.
Spiega adesso: «Avevo con me trenta-quaranta uomini ed erano tutti armati e non è facile impedire l’uso delle armi quando gli Indios sono in agguato e il loro agguato rappresenta un pericolo». Ma è riuscito Possuelo, in questa impresa come in tutte le altre che hanno accompagnato le sue avventure per i fiumi e dentro le selve dell’Amazzonia. Morire se necessario, uccidere mai.
Adesso che è in pensione Sidney gira molto il mondo, l’Europa in particolare. In Italia è arrivato invitato dai Verdi per un ciclo di conferenze dove non ha risparmiato il fiato a spiegare l’importanza della conservazione degli Indios ora che il governo del Brasile sta decidendo di smantellare pezzo a pezzo le sue terre demarcate, i suoi territori protetti. E ha trovato terreno fertile in questo 2010 che è l’anno della biodiversità.
Per questo Sidney è convinto: «Ora è il momento di far capire a voi quanto siano importanti i nostri Indios», dice e strizza gli occhi a fessura sopra la pelle cotta dal sole. I suoi settant’anni li porta a spasso con la lievità di un adolescente e il disincanto di chi ha passato quasi metà della sua vita in mezzo a uomini che non usano i vestiti.
Basta guardare i suoi bagagli per capire. Intanto bisogna usare il singolare: per stare via due settimane Sidney Possuelo si è portato dietro dal Brasile uno zainetto, appena. E immancabilmente dentro quello zainetto ha infilato una torcia, perché, garantisce «non riesco a muovermi senza la torcia e non mi importa se sto andando in una città come Roma o Parigi o anche Londra dove abita uno dei miei figli. Ho sempre paura di rimanere senza luce».
Sidney ha un figlio a Londra, mentre gli altri sei sono sparsi per tutto il Brasile: il più grande, Rodolfo, ha 35 anni e potrebbe essere lui il padre di Nicolas, due anni, l’ultimo figlio che ha una mamma di nome Soraya, l’ultima donna che accompagna questo suo squarcio di vita.
Nemmeno nelle sue parole si coglie la fatica di gestire una vita privata così articolata. Sarà sempre tutto più semplice di muoversi in mezzo ai fiumi delle foreste dell’Amazzonia ed entrare in contatto con gli Indios Matis o Korubo o Zo’è e quando nel 1974 si è trovato nella Valle di Javary, Sidney ha dovuto ripetersi come un mantra il motto del generale Rondon mentre gli Indios lo immobilizzavano, terrorizzati da lui.
Ma adesso anche i suoi racconti assomigliano alla favola del generale Rondon. Perché adesso gli Indios contattati non soltanto hanno conosciuto l’uomo bianco ma si stanno attrezzando per usarla la loro civiltà: è roba di questi giorni un ricorso al tribunale dell’Aja.
Sidney Possuelo lo racconta e di nuovo i suoi occhi tornano una fessura: «Nello Stato del Roraima, una terra demarcata, il tribunale supremo federale era stato chiamato a giudicare un contenzioso sui confini tra gli Indios e lo Stato. E ha tirato fuori una sentenza di 19 punti di restrizione dell’uso delle terre per gli Indios. Che non hanno esitato: hanno impugnato la sentenza e l’hanno portata davanti alla corte di Giustizia dell’Aja». Con la benedizione del generale Cândido Mariano da Silva Rondon.




(Tratto dal Corriere della Sera del 12 Settembre 2010.)





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