UNA DISCESA LENTA Brano del romanzo autobiografico Viaggio in requiem Francesca Caminoli
PRIMA
“C’é solo una cosa peggiore della morte di un figlio. Che voglia morire”
dal film Mare dentro di Alejandro Amenabar
3 marzo 2005
Oggi è il mio compleanno e Guido mi ha mandato un bel regalo: la neve. Nevica oggi a Lucca.
Domani è il suo compleanno, ma lui non ci sarà. Per questo mi ha mandato la neve. A lui piaceva molto la neve. Mamma senti, c’è odore di neve, a volte lo diceva già a ottobre. Mi ha mandato la neve perché non poteva portarmi un regalo. Lui è lontano, è andato via. Si è suicidato il 12 settembre dell’anno scorso, sei mesi fa. Si è buttato dai bastioni del castello di Otranto. All’ora del tramonto. Nel blu. Aveva il mare davanti, aveva il cielo davanti. Guido amava le cose belle.
Ho scritto che Guido si è suicidato. Adesso mi correggo. Si è sacrificato per fare stare meglio il mondo. Così diceva. I tecnici chiamavano questo delirio. Lui diceva che era l’unica strada che aveva: morire e andare a stare in altri mondi, da lì mandare a noi il bene. Morire e iniziare la sua vera vita. Forse era delirio. Ma era il suo pensiero.
Ho lottato perché compisse qui la sua missione, perché qui, tra di noi, trovasse una strada. Lui ha parlato con me, l’ ho ascoltato, dato ragione, contraddetto. Ci siamo abbracciati, abbiamo litigato. Ci siamo detti cose tremende, ci siamo detti cose bellissime.
Morire, diceva, era il suo grande atto di generosità. L’unico che gli era disponibile. Forse è così. Non lo so. So che la porta non si aprirà più, che il suo sorriso non mi scioglierà più il cuore, che il suo sguardo triste non mi farà triste più, che la sua rabbia non mi farà arrabbiare più, che la sua dolcezza non mi farà più intenerire, che non potrò più accarezzargli i capelli. Anche se non se li faceva accarezzare molto.
4 marzo
Tutti sono venuti alla festa del tuo compleanno. I tuoi quadri galleggiavano appesi dalle travi dell’Officina. Parlavano per te, parlavano di te.
Sono venuti in tanti, sono venuti tutti, si sono fermati in silenzio e con lo sguardo in alto ti hanno onorato.
Adesso sono sola a camminare nella notte con lo sguardo in alto. Ti vedo sdraiato sulla falce di luna come fosse un’amaca. Sei sdraiato e sorridi. Mi sorridi.
Non ti ho mai sognato. Non ti ho ancora sognato. Ma ti vedo. Mi appari. Ti sento. Parli con me. Non so se sono io che mi parlo a due voci. Perché la tua voce mi sembra la mia.
O la mia la tua, non so.
A volte però non ti trovo. Come ora. Ed è insopportabile. È tremendo.
Vorrei morire anche io nel giorno del tuo non ventisettesimo compleanno.
aprile, San Marcos, Nicaragua
Dove sei Guido adesso? Sei il falco che, prima di partire, mi è volato di fianco alla macchina nelle ultime curve prima del cimitero di Torre?
Ti piace stare lì a Torre e vedere le colline e i cipressi e i tramonti là in fondo, verso il mare, gli stessi che vedevi da bambino?
Sei nei quattro fratellini che ho incontrato nell’inferno della discarica di Managua e che hanno il tuo nome per cognome?
Sei nell’albero troncato del quadro che avevi fatto a Massaciuccoli e ho ritrovato identico qui, davanti alla casa di Carmen e l’anno scorso era ancora un enorme guanacaste frondoso e forte?
Dove sei Guido? Sei in un posto dove posso venire a trovarti qualche volta?
Vedo il tuo sorriso, calmina mamma. Cerco di esserlo Guido, per te, per rendere il tuo viaggio, la tua nuova vita, la tua latenza, come ha scritto un tuo amico in un biglietto che ti ha lasciato infilato nella lapide al cimitero, l’ hai letto vero?, il più facile e luminoso possibile.
Ma a volte è così difficile, Guido, a volte è impossibile e mi si strappa il cuore.
26 agosto
Ciao Guido,
in piedi ti scrivo queste righe. Sto studiando un percorso che mi porti verso Otranto. Voglio essere lì il 12 settembre, sui bastioni del castello, al tramonto, verso le cinque e mezzo, l’ora in cui un anno fa ti sei ucciso.
Voglio fare una discesa lenta, in quota, passando dai Monti Sibillini, dal Gran Sasso e dalla Maiella, così comincerò, lì in alto, ad esserti più vicina e poi è un percorso che ti sarebbe piaciuto. Forse mi fermerò anche un paio di giorni da qualche parte in un centro benessere.
Voglio essere bella quando arrivo da te.
Perché tu sarai lì ad aspettarmi, vero?
Lì è il posto dove saremo più vicini. Il posto dove forse verrò attraversata dalla tua nuova essenza. Brano del romanzo autobiografico Viaggio in requiem, Il Grandevetro / Jaca Book, Foligno, 2010.) Francesca Caminoli č nata a Lecco del 1948. Per molti anni giornalista a Milano, in quotidiani e periodici, si č poi trasferita a Lucca, dove ha fatto diversi lavori: traduzioni, uffici stampa, testi per depliant di aziende. Collabora con l’Associazione los Quinchos in Nicaragua, che si occupa di ragazzi di strada, e ha insegnato L’Etica della Letteratura al Master di Scrittura Creativa della Scuola Sagarana, di Lucca. Nel 1999 ha pubblicato Il giorno di Bajram, e nel 2003 La neve di Ahmed per la stessa casa editrice italiana Jaca Book. Il giorno di Bajram č stato tradotto in serbo-croato dalla casa editrice Feministicka di Belgrado.
|